home

eli

index

Rubrica a cura di Paola Lerza, Lucia Maria Izzo e Liliana Manconi

Memorie di Giacomo Ferrera

Le cose narrate in questa sezione della rubrica sono tutte vere e hanno fatto la Storia. Si tratta di diari, resoconti, cronache e appunti relativi a momenti cruciali  della storia del Novecento, scritti da chi a quegli avvenimenti prese parte, a volte da spettatore, a volte da protagonista.

L'autore, Giacomo Ferrera, è nato a Genova nell'ormai lontano 1913 e, dopo gli studi all'Accademia militare di Modena, ha preso parte alla seconda guerra mondiale in qualità prima di Tenente e poi di Capitano. Catturato dagli inglesi nel 1943, ha trascorso due anni di prigionia in Africa e solo dopo la liberazione è potuto tornare a casa. Trasferito a Gorizia, sul confine jugoslavo, per motivi di servizio, negli anni successivi alla fine della guerra ha continuato a svolgere varie missioni militari in Italia e all'estero. Attualmente, in pensione con il grado di Generale di Corpo d'Armata, vive a Gorizia con Velia, la signora che ha sposato dopo la morte della prima moglie.

Giacomo Ferrera è mio zio, e ne sono orgogliosa; in questa rubrica egli è anche la testimonianza di un'epoca difficile e dolorosa della storia d'Italia e di quel "secolo breve", come lo definisce Hobsbawm, che pur nella sua brevità ha concentrato tanti eccessi e tanti rivolgimenti epocali.

Buona lettura.

Paola Lerza

NOTA: Giacomo Ferrera si è spento serenamente a Gorizia il 12 ottobre 2013, all'età di 100 anni.

 

 

 

 

 

 

Racconti di guerra - Altre testimonianze

Questa sezione della rubrica raccoglie le testimonianze di  chi prese parte all'ultimo conflitto mondiale, con riferimenti ad avvenimenti storici particolari, visti però con gli occhi di chi li visse in prima persona, pagando sulla propria pelle le conseguenze di una guerra disastrosa. Sono uomini che ancora oggi conservano intatte e indelebili le impressioni e le sensazioni di quei momenti terribili che hanno segnato la loro vita.

Riteniamo doveroso dedicare uno spazio a questi ultimi eroi del Novecento, dare voce ai loro ricordi nel tentativo di una ricostruzione storica non ufficiale ma più personale, intima ed altrettanto veritiera, da trasmettere alle nuove generazioni, perché "...se non ricordiamo non possiamo comprendere". (Edward Morgan Forster).

Liliana Manconi

Mettetevi comodi! E' la guerra!

La guerra è una cosa concreta, reale, tragica. Che spezza le vite e i sogni.
In Italia l’ultima è avvenuta appena settanta anni fa, entrando nelle case di ognuno. Eppure chi allora non c’era stenta a crederci veramente. Fa fatica ad immaginarla. Sa dei bombardamenti, ma non riesce a sentirne il frastuono, come chi invece vi si è trovato sotto. Sa della miseria, ma non riesce a sentire la stessa fame che si provava allora, quando pur di mettere qualcosa sotto i denti si finiva anche per mangiare i cani e i gatti, o peggio i cadaveri. Sa della distruzione, ma non riesce ad immaginare la propria casa rasa al suolo, con quell’odore pungente di calcinaccio e bruciato che si alzava dalle macerie, e sotto le macerie i resti dei propri cari. Sa della logica della sopravvivenza che portava anche ad ammazzare un tuo simile pur di non morire, ma non riesce a provare lo stesso brivido di terrore che attanagliava i soldati di fazioni diverse quando si incontravano sui monti o all’angolo di una strada ed erano costretti a spararsi contro. Senza conoscersi. Senza sapere chi fossero. Senza sapere perché dovessero uccidersi. Allora, questo ennesimo racconto – nato dalle chiacchierate fatte con le persone che hanno vissuto gli avvenimenti in prima persona - serva non per divagare, ma per ricordare ancora una volta a noi stessi qual è la lezione di vita più importante, su questa Terra: siamo liberi e, come tali, nella possibilità di scegliere chi e cosa vogliamo essere. E, fintanto che non procura danno agli altri, questo non ci renderà né migliori né peggiori degli altri; ma ciò che non possiamo fare è togliere la vita ad altri uomini. Perchè non ne abbiamo diritto. La vita è sacra! Non lo dimentichiamo. Abbiamone rispetto.
 

Daniela Pandolfo