Biagio e Agata

 

 
 

Luigi e Zina

 

 
 

Piazza Castello Ursino

 

 
 

Il tram

 

 
 

Piazza Duomo

 

 
 

Zina e Gino

 

 
 

Luigi e la Topolino

 

 
 

Mario detto Iuccio

 

 
 

Gino

 

 
 

Porta Garibaldi

 

 
 

Porta Garibaldi

 

 

 

 

Mettetevi comodi! E' la guerra!

Cap.I  I bombardamenti

Ottobre '42.

Le armate alleate del generale inglese Montgomery e di quello americano Eisenhower iniziano l'offensiva finale in Africa settentrionale contro le truppe nazi-fasciste comandate dal feldmaresciallo Rommel che, per le straordinarie capacità strategiche, è soprannominato "la volpe del deserto".

14 Gennaio '43.

In una conferenza tenutasi a Casablanca, i ministri alleati Roosevelt e Churchill pianificano che dopo l'intervento in Africa attaccheranno le potenze dell'Asse nel loro punto più debole, ovvero l'Italia, e che cominceranno con l'invadere la Sicilia. Il piano viene denominato "Operazione Husky" (robusta) e viene fissato per i primi di Luglio. Si decide anche che, in caso di vittoria, si chiederà all'Italia la resa incondizionata e la consegna delle tre Armi (Esercito, Marina, Aeronautica).

14 Febbraio'43.

Gli Alleati cominciano a bombardare le principali città italiane con selvagge incursioni aeree. Così spesso, specialmente fra le 10.00 e le 12.00, anche il centro di Catania viene bombardato dal cielo. La popolazione si barrica in casa.

16 Aprile '43.

Dopo avere atteso da sola alle faccende domestiche, poiché la giovane cameriera Lina è sfollata a Mascalucia già da un po' con la famiglia, Zina decide di buon’ora di andare dal parrucchiere. Abita in Via Mulino a Vento, una traversa di Via del Plebiscito, che insieme a Via Etnea, Via Garibaldi e Via Vittorio Emanuele è una delle strade più importanti della città, sede della nobiltà e della borghesia catanese. Zina ha 33 anni, è snella, di altezza media, castana con gli occhi grigi. Quella mattina, sopra il vestito, indossa un cappotto di pelliccia nero e un cappello grigio a falde larghe. Zina è sposata con Luigi e ha due figli: Iuccio di cinque anni e Gino di tre; il primo è castano con gli occhi blu, ha un carattere sensibile e riservato e sta frequentando la prima; il secondo è biondo con gli occhi grigi ed è sveglio e vivace. Con la sua andatura elegante, Zina percorre Via Angelo Custode e poi attraversa Piazza Federico II di Svevia, costeggiando il Castello Ursino, lo splendido maniero fatto edificare dall’imperatore tedesco tra il 1239 e il 1250 a prova della sua forza e del suo potere nei confronti dei catanesi testardi e ribelli, come dimostra simbolicamente l’aquila che tiene tra le grinfie una lepre posta all’interno di una nicchia sopra l’ingresso principale, nonché come elemento nevralgico di un sistema difensivo della Sicilia orientale. Il punto in cui sorge il castello era infatti all’epoca un imprendibile promontorio a strapiombo sul mare Jonio, collegato alla città solo attraverso un istmo (ecco perché il toponimo di “Castello Ursino” sembrerebbe proprio derivare da “Castrum Sinus”, ossia “castello sul golfo”). Dotata com’era di un profondo fossato e di un ponte levatoio, la fortezza era dunque davvero inespugnabile. L’eruzione dell’Etna del 1669 che raggiunse e distrusse in parte Catania investì il castello sul lato settentrionale e lo circondò quasi completamente, innalzando il livello del terreno circostante e allontanando la costa di centinaia di metri, mentre sul nuovo basamento lavico la città si estese pian piano, creando nuovi quartieri come quello su cui sorge appunto la Via Plebiscito bassa. In Via Garibaldi Zina prende un tram che la porta in Via Etnea. Il parrucchiere si trova in Piazza Università, accanto al Tabacchi, all’angolo opposto della storica gioielleria Avolio, ed è molto rinomato. Quel giorno viene preso d’assalto dalle clienti, così Zina deve aspettare un bel po' prima che arrivi il suo turno. Si fanno le 12.00.

"Avvertitemi se dovesse suonare la sirena, mi raccomando!" chiede al parrucchiere, quando questo le mette il casco per asciugarle i capelli. La paura dei bombardamenti non l'abbandona mai, soprattutto quando è lontana da casa.

Il tempo in quell'assenza di rumori sembra scorrere più lentamente e il pensiero della guerra sembra allontanarsi.

Ad un tratto Zina si accorge con terrore che fuori in strada c'è il fuggi fuggi!

"Ma che succede? C'è l'allarme?" domanda allora al parrucchiere, togliendosi il casco.

"Sì, voscienza."

"Da quanto tempo?"

"Saranno dieci minuti."

Zina si infuria.

"E perché non mi avete chiamato? Ve lo avevo espressamente chiesto!"

"L'ho dimenticato, scusatemi."

"Ma vi rendete conto? Potevamo morire e voi non avete fatto niente!"

"Ca quannu amu 'a moriri, muremu!" risponde l'altro fatalisticamente.

"Parlate per voi! Io voglio tentare di salvarmi!"

Zina paga in fretta il parrucchiere e senza neanche farsi togliere i bigodini dalla testa corre fuori. Trova la città in subbuglio! Tutti corrono in tutte le direzioni e urlano che si deve sfollare! L'allarme è assordante.

"Ai paisi! Ai paisi! Amuninni ‘ndei paisi!" urla un vecchietto, trascinando il suo carretto della frutta giù per Via Etnea.

Zina gli si avvicina.

"Vossia! Unni bummardanu?"

"Ai Quattro Canti, signura, supra ‘u Palazzo San Demetrio e anticchia cchiù supra dei Minoriti!"

"O mio Dio! Ma è terribile! E noi eravamo vicinissimi!... Basta! Io non ci resisto più! Me ne vado da Catania!" esclama Zina e fugge via.

"Bonu fati! ’Ndei paisi ni n’avemu 'a iri!" continua a gridarle dietro l'anziano.

Con le gambe tremanti e il cuore stretto dalla paura, Zina attraversa Piazza Duomo, poi sale per Via Vittorio Emanuele e svolta per via S. Anna. Attraversa Via Garibaldi, imbocca Via Castello Ursino e infine Via Alaimo.

"Non rimarrò a Catania un giorno di più! - pensa - Non voglio vedermi piombare una bomba in casa!"

In effetti Via Plebiscito è in pieno centro storico, nonché ad un passo dal porto, e corre dunque il serio pericolo di essere bombardata. Senza contare che il Gruppo Schmalz occupa la scuola elementare Cesare Battisti di Via Cordai, vicinissima a Via Mulino a Vento, che quindi potrebbe essere presa di mira!

In Via Reitano, Zina scorge dall'altra parte della strada suo marito Luigi che corre nella direzione opposta. Il giovane è alto e magro, ha i capelli biondi ondulati e gli occhi blu. In viso somiglia molto all’attore inglese David Niven, nato tra l’altro il suo stesso anno: il 1910. Adesso, come Zina, ha dunque 33 anni. Luigi è un tipo ironico e spiritoso, con la battuta sempre pronta. Oltre ad amare la campagna e i fiori, in particolare le rose, ha la passione per la fotografia, scattando continuamente istantanee a tutti i componenti della famiglia. Approfondendo col tempo il procedimento di sviluppo e stampa delle foto, ha finito per organizzare in casa una vera e propria camera oscura per svilupparle da solo. Da piccolo Luigi ha studiato presso il Seminario di Catania, ma non avendo la vocazione sacerdotale è rimasto vivace e impertinente e molto sensibile al fascino femminile. Pur non di meno, mantiene ancora ottimi rapporti con la chiesa locale, è amico del vescovo Ciancio, fa parte del Circolo di S. Agata e compie spesso opere di beneficenza. Qualche mese fa lo hanno chiamato in continente per arruolarlo, ma lui sì è fatto preventivamente cavare dei denti in modo da essere riformato. Una pazzia che gli ha rovinato il sorriso, ma che a tempu di guerra non è poi così folle! Nei giorni in cui è stato lontano, il piccolo Iuccio ha tenuto tutte le sue cartoline sotto il cuscino. È un bambino sensibilissimo e molto attaccato al padre.

"Luigi! Sono qui!" grida Zina fermandosi e facendogli segno con la mano.

Il ragazzo la raggiunge e la abbraccia.

"Zina! Stavo venendo a prenderti dal parrucchiere!...Tutto bene? Sei pallida! ...Riprendi fiato!"

"I picciriddi con chi sono?"

"Li ho lasciati da mia madre, non ti preoccupare."

"Luigi, io non ce la faccio più a vivere con quest'angoscia! Prepariamo i bagagli e andiamocene, ti prego!"

"Ma dove vorresti sfollare? A casa tua a S. Agata Li Battiati?"

"No, è troppo vicino. Andiamocene a Nicolosi, nella casa in affitto dei miei genitori." propone Zina.

"E come ci arriviamo? Non possiamo usare la macchina, lo sai!"

"Prenderemo un tassì!"

Luigi possiede una Topolino di colore verde scuro con gli interni di pelle nera, regalatagli da Zina. Ma dal '40 le automobili non possono più circolare perché la benzina deve servire solo ai mezzi militari. Per questa ragione sono state tutte requisite, ma Luigi ha nascosto la sua nel podere che suo padre possiede in Contrada S. Giorgio, sotto un cumulo di palme secche. Vedendola lì posteggiata da mesi, Iuccio dice che "la maca non può uscire perché è malata!". L’ultima uscita che la Topolino fece fu poco dopo la nascita del piccolo Gino (1940) per una gita a Messina a cui parteciparono Luigi, due sorelle di questo, Sarina e Tina, e un’amica comune di nome Rosina che abita nel loro stesso palazzo. Zina non andò appunto perché aveva Gino neonato. Da quella uscita Luigi le portò in dono una bella borsa di pelle bianca. 

La proprietà di Zina a S. Agata Li Battiati è composta da un caseggiato a due piani, che presenta al piano terra il palmento e la cantina con le botti e al secondo piano l’appartamento vero e proprio, e dalla casa del massaro. Tutto attorno alle due costruzioni c’è un grande vigneto e infine del terreno “sciaroso” (la “sciara” è il caratteristico suolo basaltico della zona etnea su cui cresce poca vegetazione spontanea, come la ginestra). Il fondo è grande in tutto 1 ettaro e 35 are e si trova in Via S. Michele Arcangelo. Era stato acquistato dai genitori di Zina, Biagio e Agata, nel lontano 1919 e poi a lei donato nel 1936 come dono di nozze.

Arrivata a casa, Zina telefona alla madre Agata, la quale abita all’interno del Palazzo Gravina Cruyllas che ha l’ingresso principale da Piazza S. Francesco d’Assisi e quello secondario da Via Vittorio Emanuele. Le svariate ale del palazzo di proprietà di Biagio e Agata si affacciano tutte su un grande terrazzo-giardino dove si possono ammirare tre palme, fiori di tutti i colori, gelsomino napoletano e persino un pergolato su cui si arrampica dell’uva scura. L’intero complesso edilizio sorge purtroppo sulle rovine del Teatro Greco ed è pertanto destinato ad essere prima o poi demolito, come avverrà sul finire degli anni ’50. I caseggiati nel 1925 risultavano poco più che ruderi e difatti è a tale titolo che Biagio li acquistò, per poi riattarli. Del prospetto su Via Vittorio Emanuele era stato allora anche preparato il progetto di una nuova facciata, che prevedeva l’innalzamento di un piano, ma la Sovrintendenza ai Beni Culturali di Catania naturalmente non permise di alterarlo, essendo soggetto a vincoli storico-artistici. L’edificio ha un ulteriore valore culturale in quanto al suo interno sorge l’appartamento in cui nacque e visse, fintanto che non lasciò la Sicilia prima per Napoli e poi per la Francia, il grande musicista Vincenzo Bellini, orgoglio dei catanesi.

Agata ha sessant'anni, è bassina, rotondetta, castana sia di capelli che di occhi, con un'espressione buona. È sempre molto elegante e impeccabile nelle acconciature, tant’è vero che ogni mattina si va venire in casa Giacinta ’a pilucchera affinché le sistemi i posticci nei capelli! Inoltre cucina egregiamente ed è talmente religiosa da andare a messa ogni pomeriggio nella chiesa di S. Francesco d’Assisi all’Immacolata di fronte casa, dove lo stesso Bellini era solito recarsi da bambino per suonare l’organo. I suoi genitori (Emanuele ed Irene) le hanno trasmesso la devozione per la Madonna delle anime del Purgatorio e così ogni tanto, quando può, lei va ad accenderle una candela nella Chiesa omonima in Piazza Palestro. Al centro della piazza si erge il monumentale arco trionfale bicromo bianco e nero voluto nel 1768 dagli illustri architetti Francesco Battaglia (siciliano) e Stefano Ittar (polacco) per onorare il matrimonio di Ferdinando I di Borbone, re delle Due Sicilie, con Maria Carolina d’Austria. A simboleggiare la imperitura capacità dei catanesi di rifiorire malgrado i continui terremoti e le continue eruzioni, i due architetti posero alla sommità dell’arco una fenice di marmo bianchissimo e l’iscrizione “risorgo dalle mie ceneri”. Da quando nel 1860 vi passò sotto Garibaldi coi suoi Mille per scacciare i Borboni e consegnare la Sicilia ai Savoia, l’edificio è soprannominato “Porta Garibaldi”. Il quartiere in cui sorgono l’arco e la chiesa della Madonna delle anime del purgatorio è detto do’ Furtinu poiché in esso si trovano appunto i resti di un antico fortino costruito dal duca di Ligne dopo l'eruzione lavica del 1669 che, come già detto, colpì la città su tutto il lato occidentale, annullandone le difese medievali. Dell'opera di fortificazione che sorgeva a sud di Piazza Palestro, rimane oggi solo una porta in Via Sacchero. Caratterialmente Agata è riservata, distaccata, poco espansiva nei gesti; ma capace di contrattare con muratori e operai meglio di un uomo. Ama infatti spesso commissionare nuovi mobili e apportare migliorie in casa, e segue personalmente i lavori. Zina è così legata a lei che passa a trovarla ogni giorno prima del pranzo.

"Mamma, io Luigi e i bambini ce ne saliamo a Nicolosi nella vostra casa in affitto. Perché non viene anche Vossia?"

"No, Zina! Io senza tuo padre non vaiu a nudda banna!"

"Ma lo sapete che vuole dirigere personalmente i contadini! E poi ha paura che i Tedeschi gli occupino la masseria, come hanno fatto con Mario! Non tornerà tanto presto dalla Piana!"

"E va bene! Ma almeno devo aspettare che torni mia sorella Santa!"

"Perché? È ancora lì con lui?"

"Sì. E comincio a preoccuparmi."

"Ma come mai non torna? Fino a che ci siamo stati noi l'altra volta i tedeschi non hanno fatto problemi."

"Forse adesso hanno messo un posto di blocco e non fanno più passare nessuno, o forse lei stessa vuole restare per dare una mano! Lo sai com'è fatta ! Non si scanta di nenti!"

"Allora, in un caso o nell'altro, è inutile aspettarla!"

"U sacciu. Ma non posso andarmene senza di lei! E poi, a dirti la verità, non voglio lasciare la casa incustodita! I ladri non aspettano altro! Portati tua sorella Irene invece."

"Ma, mamma, è pericoloso! Non avete saputo delle bombe di oggi?"

"Si, però non credo che la situazione sia cosi drammatica. E comunque non ti preoccupare! Non sono sola! C'è mia sorella Carmela qui con me."

"Va bene! Allora io mi porto Irene; voi ditelo ad Emanuele e a sua moglie. E a Pippo naturalmente! Se vogliono, possono raggiungermi a Nicolosi. Poi, se vi decidete, aspetto anche voi e la zia Carmela!"

"Non lo so. Vedremo."

 

 

 
 

testi e foto di Daniela Pandolfo;

grafica di Lucia M.Izzo e Teresa Ducci