Paternò - Chiesa Madre

 

 

 
 

Paternò

 

 

 
 

La zuppiera tedesca

 

 
 

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mettetevi comodi! E' la guerra!

Cap.VI   I Tedeschi si ritirano

All’improvviso, a Nicolosi arriva Nino, a cavalcioni di una bici.

"Che hai fatto? Hai disertato?" gli domandano tutti sorpresi.

"Certo! Dopo l'ultima terribile mitragliata americana, io e i miei compagni non ce l'abbiamo fatta più e siamo scappati! Per fortuna ho trovato questa bicicletta, altrimenti avrei dovuto farmela tutta a piedi!"

"E la tua motocicletta? Che fine ha fatto?" s’informa Emanuele.

"Non ho avuto il tempo di prenderla, ma domani torno a Macchia per recuperarla!"

"Sei impazzito? Ti vuoi trovare in mezzo ai combattimenti?" esclama la madre terrorizzata.

"Mamma! State tranquilla. A quest’ora gli alleati hanno già liberato tutta la zona! Tu, Arturo, vieni con me, vero?"

"Ma neanche per sogno! Dopo quello che ho visto per arrivare qui!" esclama quello sbalordito.

Ma si sa: i fratelli maggiori sanno essere molto persuasivi. Così l’indomani, Nino e Arturo partono a bordo di due biciclette. Arrivati alle porte di Macchia di Giarre, scoprono che il paese é ancora occupato dai tedeschi e gli anglo—americani lo tengono sotto assedio. Le due artiglierie "da campagna" si sparano l’una contro l’altra!

La zona é un campo minato! Gli artificieri lavorano ininterrottamente. Nino e Arturo cercano invano, e con grande pericolo, di entrare in paese, poi capiscono di stare rischiando troppo per una motocicletta e decidono di fare ritorno a Nicolosi. Il crepuscolo però sopraggiunge e i due sono costretti a passare la notte all’addiaccio in un vallone, ascoltando il sibilo dei bombardamenti "a tappeto" degli Alleati. Col nuovo sole, riprendono il cammino...

Non passa neanche un giorno che la famiglia a Nicolosi viene a sapere che tutti i contadini hanno abbandonato la Piana e Biagio é rimasto solo, proprio adesso che bisogna mietere i campi. È una tragedia! Dopo mesi di duro lavoro, l’intero raccolto rischia di perdersi! Allora Nino e Arturo decidono di raggiungere il padre per tentare l’impossibile! E raggiungono la masseria a bordo delle loro biciclette. Di giorno fa un caldo feroce, cosi i due sono costretti a lavorare di notte. Dopo aver mietuto il frumento con la mietitrice e averlo raggruppato in fascine, i due fanno con l’aratro e il trattore dei solchi larghi tre metri su tutta l’estensione dei campi prima in orizzontale e poi in verticale, creando dei quadrati di 50 metri per lato. Questo per ridurre i danni degli eventuali incendi provocati dalle bombe lanciate dagli Alleati, evitare che il fuoco si estenda su tutta la piantagione e poterlo più facilmente domare. Un lavoro che richiederebbe l’impiego di dieci uomini!

18 Luglio ’43.

A Sciacca sbarca un nuovo contingente anglo-americano e va a rafforzare quello di Patton sulla parte occidentale dell’isola.

22 luglio ’43.

La VII Armata americana occupa Palermo e Trapani.

Il 25 Luglio ’43 il Gran Consiglio del Fascismo fa destituire e arrestare il Duce. Tra i votanti contro anche Galeazzo Ciano, genero di Mussolini. L’Italia esulta festosa, credendo erroneamente che il Fascismo sia caduto e la pace vicina. Si forma un nuovo governo italiano, guidato dal generale Badoglio.

Primi di Agosto ’43.

La postazione tedesca sul Simeto cade. Gli inglesi di Montgomery marciano contro Catania, sempre contrastati dal gruppo Schalmz e dalla divisione Goring, che tentano di difenderla a tutti i costi in quanto punto focale della ritirata tedesca sull’isola.

Il 5 Agosto, alle 8.30 del mattino, gli Alleati entrano a Catania.

La mattina seguente, il 6 agosto, anche Paternò viene occupata. Il paese è stato per l’80% raso al suolo. I morti sono oltre 4.000. Non c’è famiglia che non abbia perso parte dei suoi componenti. I giorni più terribili sono stati il 23 e 24 Luglio. Si è salvato solo chi si è rifugiato nelle campagne fuori del paese.  La calma è arrivata il 3 agosto, ultimo giorno di bombardamenti. Ora i superstiti, stremati dai disastri e dalla perdite umane subite, accolgono festosamente i liberatori, più perché felici che la loro tragedia sia infine finita che per reale gioia. È strano come si possa abbracciare colui che appena prima ha causato morte! La guerra fa fare anche questo!

Quella stessa mattina Luigi si alza di buon’ora per scendere a San Giorgio, ma, sulla strada per Catania, la corriera trova un posto di blocco e dei soldati inglesi che la fanno tornare indietro. Qualche giorno dopo, il passaggio viene riaperto. Luigi scende e trova la villa piena di soldati americani. Uno di questi, nota la bella sciarpa di lana Angora color champagne che lui ha lasciato sulla credenza e se la mette al collo. Luigi fa per protestare, poi desiste. 

"No! Quella che ti ho regalato io?" chiede Zina dispiaciuta, quando lo viene a sapere.

"Zina! Che potevo dirgli?" si discolpa Luigi.

A Nicolosi, l’elegante Ofelia va dal fotografo e si fa scattare dei nuovi ritratti per inviarli al suo amato Giuseppe; ne metterà uno in ogni lettera.

Metà Agosto ’43.

Alcuni reparti alleati dilagano alla Piana e cominciano a mitragliare le masserie occupate dai tedeschi.

I tedeschi allora desistono e scappano via, dando però fuoco alle masserie. Mario e Sarina lottano un giorno intero per salvare la propria! Biagio, Santa, Nino, Arturo e Don Saro accorrono in loro aiuto. Di tutto quello che i tedeschi hanno abbandonato, Santa può recuperare solo una bellissima zuppiera bianca con i manici a forma di testa di leone e un astuccio porta-aghi da cucito, una ugghiera. L’indomani di questa terribile esperienza, Mario e Sarina lasciano la Piana e sfollano a San Giorgio, portando con sé tutti i cavalli e i muli.

Qui Mario fa costruire una scuderia accanto al palmento e vi sistema tutti gli animali (nelle stanze adiacenti ci abita il mezzadro Don Carmelo, con la moglie Giovannina e i quattro figli Pippo, Ciccio, Gianni e Turi; l’uomo ha anche due figli maggiori, avuti da un primo matrimonio, da cui è rimasto vedovo, i quali si chiamano Nino e Maria e sono già sposati).

Biagio, Santa, Nino e Arturo invece rimangono alla Piana. Nino e Arturo ultimano i lavori nei campi. Hanno lavorato tutte le notti per quasi un mese!

Gli Alleati entrano con i carri armati. Distruggono il grande Fascio di gesso posto sulla facciata, lasciando una vistosa impronta, si accampano con le tende nel loro cortile e la fanno da padroni. Stufi come sono di mangiare solo carne in scatola, prendono d’assalto il pollaio e cominciano a farne razzia, con grande dispiacere di Don Martino ‘u riatteri (cuoco) che va tanto fiero delle sue 400 galline! I galli li chiamano "i papà" e li indicano come i polli con la cresta.

All’improvviso Arturo si ritrova con la febbre alta. È la malaria, detta anche “terzana” poiché fa comparire la febbre ogni tre giorni! Evidentemente il protozoo lo ha attaccato perché in quel mese di duro lavoro il suo organismo si è molto debilitato. Così, mentre Nino fa ritorno a Nicolosi, lui è costretto a rimanere alla masseria.

Quando un soldato americano entra in casa e lo trova a letto tremante, gli regala una scatola di “Atebrin”, un medicinale in pasticche gialle più forte del chinino, che gli fa scendere la febbre. Dopo una settimana di cura, Arturo pensa quindi di essere sulla via della guarigione e decide di poter tornare a Nicolosi. Andare in bici però sarebbe troppo faticoso, e lui si sente ancora debole, così cerca un mezzo di fortuna! Lo trova ancora una volta negli Alleati che gli danno un passaggio su uno dei loro veicoli fino alla stazione di Catania. Qui Arturo prende una corriera e raggiunge Nicolosi.

Biagio e Santa rimangono nuovamente soli.

Di lì a poco, gli Alleati cominciano a bombardare l’aeroporto di Catania, che é ancora base tedesca. Ogni notte, dalla finestra della cucina a Nicolosi, che domina la vallata fino al mare, Zina e gli altri osservano la contraerea tedesca che segna il cielo di colori bellissimi, ma é anche simbolo di distruzione... E ogni notte, nella proprietà di San Giorgio, che è molto vicina all'aeroporto, Mario e Sarina stanno col cuore in gola dalla paura. Spesso escono di casa e si nascondono sotto gli alberi, con i cuscini sopra la testa.

 
 

testi e foto di Daniela Pandolfo;

grafica di Lucia M.Izzo e Teresa Ducci