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Luglio 2009
Ho
trascorso sette giorni in Basilicata. Purtroppo solo 7 giorni.
La mia intenzione era di scoprire una terra che non conoscevo.
Ho incominciato il mio viaggio ( dopo circa 1000 Km…) da
Melfi.
Appena arrivato ho parcheggiato proprio davanti al duomo e alla
meravigliosa torre normanna … solo quella avrebbe meritato foto e
appunti. Un caffè ristoratore al tavolino esterno di un bar; le
informazioni degli avventori che mi parlano del Vulture e dell’Aglianico:
vino generoso, lo conosco. Ma imparerò a conoscerlo meglio in questo
viaggio. La cosa che amo di più è sedermi ad un tavolino di un bar e
guardarmi intorno. Essere viaggiatore, non turista.
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Quindi alla Pro-loco. Spiego
che cosa mi ha portato lì il desiderio di vedere la chiesa rupestre di
Santa Margherita. Ne ero venuto a conoscenza attraverso Internet,
alla voce Federico II. Uomo illuminato e all’avanguardia per il suoi
tempi. Allevato dai Templari, cresciuto in una terra lontana, ma che
si è subito innamorato di questo nostro sud Italia, rendendolo, per
quei tempi, fucina di opere, menti, capolavori. Pochi altri
riusciranno a creare quell’armonia superando le barriere della razza
e della religione.
Alla Pro-loco trovo persone veramente disponibili: marito, moglie e
una ragazza. Mi aiutano nel cercare da dormire. La signora sale in
macchina con me e si va, subito, a vedere la chiesa di S.Margherita
che si trova appena fuori Melfi. |
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Ciò che mi si presenta ha dell’incredibile: il portone che viene
aperto è come il coperchio di un forziere che viene sollevato. Il
tesoro contenuto è eccezionale. La storia che viene raccontata parla
di tempi lontani: monaci basiliani, immagini bizantine, santi e
martiri, angeli e profeti. Tutti guardano il visitatore come
personaggi di un film muto. Attenti ed espressivi, comunicano
emozioni e sentimenti così forti, pur così semplici. Ed ecco, lì
nella prima cappella a sinistra entrando, proprio lui, Federico II,
inconfondibile, secondo me, con i suoi occhi magnetici, il suo pizzo
rosso, il suo falcone…e poi il figlio Corradino, anch’esso in abiti
da falconiere e l’ultima sua moglie (più alta di lui) Isabella
d’Inghilterra. Davanti a loro scheletri viventi gli ricordano che il
potere di oggi sarà polvere domani di fronte alla morte. Tutti
uguali di fronte ad essa.
La livella, direbbe Totò, che rende pari poveri e potenti. Molti
dovrebbero ricordarsene. Molti. |
Il mattino seguente direzione
Venosa: ss.Trinità e l’Incompiuta: E’
una chiesa molto particolare con le sante immagini bizantine che
sembrano fare capolino dai loro nascondigli tra i pilastri. E poi i
mosaici romani che parlano di vera fede, quando questa era negli
uomini e per gli uomini: pesci, fiori, il sigillo di Salomone. E lì
accanto la zona archeologica dove c’era l’antica città romana.
La visito sotto un sole cocente, caldo. Ma si sta bene. L’aria è
buona. Tonificante. Anche qui all’ingresso ci sono persone cortesi,
simpatiche con cui scambiare 4 chiacchiere. Qui mi lavo la faccia
con l’acqua fredda, che dà una sensazione di benessere. Il sito
archeologico, in verità, dà una sensazione di abbandono…come di un
lavoro non completato. Credo si potrebbero organizzare dei campi di
archeologia sperimentale che, sotto la conduzione di un archeologo
titolare e studenti capaci, potrebbero guidare molti giovani
desiderosi di imparare e così, a un costo irrisorio, si
completerebbero gli scavi della città che ora ha questa strana
sensazione di… incompiuta.
Lo stesso si può dire della chiesa. Una signora, una volontaria mi
dicono, la tiene aperta e spiega, all’ingresso, la sua storia. Poche
cartoline, poche le immagini disponibili. Pur riconoscendo a lei la
gratitudine dovuta, credo sarebbe più efficace se la visita fosse
regolata da orari, personale e guide.
Un gioiello nel gioiello. Non dimentico certo l’Incompiuta:
materiale di recupero dalla vicina città romana si unisce a simboli
e chiavi di lettura normanne, longobarde, ebraiche. La rosa celtica,
il candelabro ebraico, la croce cristiana. Capitelli di pietra che
parlano di evangelisti, di parabole, di racconti, di monaci, di
foglie d’acanto e altro ancora. E il portale…quel messaggio
misterioso. Un tesoro? Chissà…
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Riparto per
Avigliano. Mi faccio tentare da una pasticceria. Ahi,
ahi…
Faccio benzina e chiedo dove potrei dormire. Mi suggeriscono un
agriturismo: Borgo del Casato. Seguo le indicazioni e quando ormai
penso di essermi perso… ecco l’ingresso. Il complesso è allineato
sul versante di una montagna a 5 km da Lagopesole , piccola città,
anch’essa sormontata dall’immancabile castello Federiciano.
Si sviluppa per ¾ in “stecche” che sono le camere. Nel primo settore
c’è anche il ristorante. Mi accoglie il sorriso di una ragazza che
mi accompagna alla camera nella prima stecca più alta: bella,
pulita, ampia. Spalanco le persiane e mi si offre una visione che
leva il fiato: sono ormai le 20 e il sole sta tramontando.
Davanti a me si aprono a 360 gradi montagne e colline marroni,
gialle, verdi. Il rosso del tramonto dà un tocco di miele. Alla mia
sinistra Lagopesole con il suo castello, dietro di me la foresta. La
notte qualche ululato. Lupi?!
Resto seduto sui gradini, alla sera, a masticare lentamente una
fetta di pane.
Avete mai provato? Sì, ad essere in pace con voi stessi, nel
silenzio e nella bellezza del creato. Quando l’anima è in pace e mi
permette di trovare la quiete tanto desiderata.
Non penso a nulla: mi lascio prendere da tanta, infinita, splendida,
rassicurante bellezza.
E mastico piano questo pane, come se il tempo si fosse fermato…un
giovane lupacchiotto mi si avvicina ed io gli do un pezzo di pane.
Lui lo prende. Si allontana. Scava nel terreno e deposita il suo
pezzo di pane. Il naso rimuove la terra smossa sino a nasconderlo
completamente. Poi si fa di nuovo sotto: altro pane. Altro
nascondiglio. Osservo e imparo. Anch’io ho un cane. Un bell’incrocio
di boxer e spinone: simpatico e allegro, un vero caterpillar nel
dimostrare il suo affetto. Il suo cibo è sicuro. La sua vita è
tranquilla. L’istinto di sopravvivenza qui invece ricorda retaggi
antichi, saggezza a volte dimenticata, ma qui così presente. |
Al mattino successivo parto .
Non di buon’ora. Affatto. Parto verso le 10,30. Voglio andare ai
laghi vulcanici di
Monticchio. Chiedo informazioni. Poi è un su e
giù tra le montagne. Passo più volte ai piedi dei grandi “mulini” a
vento dell’Enel. Ti senti solo nella natura. Nient’altro che
montagne, alberi, campi coltivati, qualche sporadica casa. Cartelli?
Nessuno. Talvolta un’indicazione: RIONERO. Si dice che tutte le
strade portino a Roma. Qui questa affermazione è sfatata. RIONERO
CAPUT MUNDI. Tutto sta a scoprire dov’è. Su e giù, dentro e fuori:
Un po’ di “panico”: se mi si ferma l’automobile qui non mi trova
nessuno. Anche ammesso che il cellulare funzioni – di solito quando
serve è fuori uso per motivi misteriosi – cosa potrei dire “…sono
qui…non so dove…” Incontro di tanto in tanto, molto raramente, una
donna anziana che mi offre un bicchiere d’acqua e mi dà delle
indicazioni; tre ragazzi con macchine agricole; si ferma un’ape
vedendomi in difficoltà. Tutti sono cortesi, si rendono utili.
Ho visitato tante regioni, tanti luoghi, tante città. L’Italia è
così bella, così stupendamente completa: storia, arte, natura, mare,
cibo. Non esiste al mondo la perfezione così completa. Dal piccolo
paese alla grande città. Ma quello che ho trovato qui, in altri
luoghi non c’è. Addirittura mi sono trovato in regioni del sud
Italia dove monumenti e chiese d’importanza mondiale erano chiuse da
anni e nessuno sapeva niente, nessuno ti ascoltava, a nessuno
importava di te. Andava bene così. L’omertà dell’omertà. Meglio il
nulla. Io invece penso che amando la propria terra e possedendo il
dono dell’ospitalità come i Lucani si può far amare e conoscere
tesori che appartengono a tutti noi. Questo fanno i Lucani: sanno
ancora cosa sia l’ospitalità, quella vera però. Mi duole non ci sia
un aereoporto – per diminuire il tempo del viaggio – ma in fondo in
fondo penso sia un bene che il turismo qui non sia giunto. Qui si
viene solo se lo si vuole. |
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Infine
Acerenza
. Voglio visitarla per la sua cattedrale. L’immagine
che ho visto mi parla di un edificio romanico-normanno, possente,
grandioso, massiccio. Arrivo in un momento un po’ critico. Si sta
svolgendo un funerale e non voglio disturbare. Giro così intorno
all’edificio osservando le pietre antiche incastonate nei muri.
Parlano di culti più antichi e di religione pagana. Rimango stupito,
lo confesso, per le figure “…in atteggiamento osceno…” come le
definisce la guida presa alla Pro-loco. Chissà quale significato
avevano… Scopro anche qui la Pro-loco. Entro e comincia una
simpatica discussione. Il signore che qui incontro mi parla della
città. In un’ora conosco questa realtà. Scopro vecchi strumenti di
lavoro, le chiese che non ci sono più, chi era il podestà nel
ventennio e… quasi quasi, con l’arrivo della moglie, mi invitano a
pranzo. Vado invece, su loro consiglio, proprio lì vicino al
ristorante DUOMO. Salgo le scale, entro: l’ambiente è sobrio e
accogliente. Mi accoglie una ragazza, giovane, seria. Quello che
porterà, come in altri ristoranti, è genuino, buono, invitante:
dalla salsiccia piccante alla pasta fresca…come si può resistere? E’
così è stato anche al VECCHIO LUME di Possidente, o al BRIGANTE di
LAGOPESOLE, senza dimenticare il BORGO del CASATO, dove più volte ho
cenato, stanco delle giornate passate in giro tra colline e boschi.
Vino generoso…magari una sera ho esagerato. Confesso che sono andato
in camera con la testa che girava…ma stavo benissimo in quel momento
e ancor meglio la mattina successiva. |
Infine vedo Lagopesole: il suo castello, il suo mercato, la sua
immancabile Pro-loco. Anche qui una signorina gentile e cortese,
disponibile a spiegare e ad informare. Scopro che qui vicino ci sono
delle pitture rupestri. Mi sconsigliano di andare da solo. Ma se
voglio c’è la forestale che può accompagnarmi. Un altro mondo.
Un'altra realtà. Ma ora devo concludere e non posso farlo senza
parlare dello spettacolo “La Storia Bandita” nella Grancia, a
Brindisi Montagna. L’idea è geniale. Tutto è notevole. Per me che
amo la falconeria la cosa più emozionante è sicuramente vedere i
rapaci volare e scendere giù veloci dalla montagna: dimostrazione di
forza, bellezza e agilità. Anche tutto quello che viene mostrato e
presentato è originale, ma lo spettacolo…..quello è veramente
qualcosa di unico.
Io amo il teatro, non come un fanatico, ma come un appassionato. Mi
sono emozionato e fatto prendere da ciò che mi veniva presentato.
Grazie a questo ho potuto meglio comprendere il vero significato dei
Briganti. Di chi erano veramente il più delle volte. Non i “cattivi”
che spesso ci vengono presentati, ma uomini e, talvolta, donne che
si ribellarono per sopravvivere a condizioni di vita ingiuste . |
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"Questa, o lucani, è la bandiera della
LIBERTÀ': lo sfondo bianco rappresenta la nostra terra, la
LUCANIA,
e queste quattro strisce blu sono le vene entro cui scorre il sangue
che nutre il nostro popolo! Esse rappresentano il Bradano, il
Basento, l'Agri ed il Sinni, e d'ora in poi lotteremo per essa, per
la Libertà della nostra Lucania!" (da "Le Memorie di Zarafina")
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Grazie Lucania di avermi riempito l’anima.
…..un ultima cosa permettetemela. Io sono italiano. Amo l’Italia. Ma
la bandiera da sventolare alla conclusione non è quella nazionale:
ma quella bianca, attraversata da righe azzurre. Quella di
Spartaco…come si dice nel libro “ Storie di una brigantessa" |
Per chi vuole approfondire :
http://www.stupormundi.it/Default.htm |
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