home

Protezione, difesa, divisione

Fin da tempi antichissimi, da quando sono nate la proprietà privata e le prime forme di stato, l'uomo si è servito del muro come difesa: dal limes romano, alla grande muraglia cinese, alle mura medievali. La nascita di nuove forme di offesa, dalla polvere da sparo alla bomba atomica, ha reso progressivamente sempre meno utile la protezione del muro, che continua però ad assumere il significato simbolico di divisione ed esclusione.

I GRANDI MURI DI DIFESA: Le Lunghe Mura del Pireo, La Grande Muraglia Cinese e il Vallo di Adriano

            

LE LUNGHE MURA DEL PIREO

Le Lunghe Mura, che nel tratto più lungo collegavano Atene al porto del Pireo, furono volute e fatte costruire da Temistocle nel V secolo a. C. in funzione antispartana e costituirono un simbolo e un mezzo dell'imperialismo marittimo ateniese. Infatti durante la prima fase della guerra del Peloponneso (431- 421 a.C.) esse impedirono alle incursioni spartane l'accesso alla città, mentre consentirono l'approvvigionamento della popolazione e l'uso della aggressiva flotta ateniese. Non a caso, alla fine della guerra, nel 404 a. C., gli Spartani ne imposero la distruzione; furono poi fatte ricostruire da Conone una decina di anni dopo.

Costruita a partire dal III secolo a.C. per contenere le incursioni del Mongoli, la GRANDE MURAGLIA CINESE si estende per più di 6000 km ed è l'opera muraria più lunga del mondo. Separa la parte sedentaria e agricola della Cina da quella con più spiccate tradizioni nomadi.

Il VALLO DI ADRIANO fu fatto costruire dall'omonimo imperatore romano (II secolo d.C.) a delimitazione del confine tra l'Inghilterra romana e la Scozia barbarica, per prevenire le incursioni delle tribù dei Pitti. Era lunga circa 117 km da costa a costa e separava il mondo "civilizzato" romano da quello bellicoso e selvaggio delle popolazioni del nord. Oggi ne restano visibili lunghi tratti.

GIULIO CESARE (100-44 a.C.), B.G. VII 69, 72, 73, 74  passim. Ad Alesia,  città ben difesa  per la conformazione del territorio e per le sue mura, Cesare combatte la battaglia decisiva  della campagna contro i Galli (53-52 a. C.). Quando Vercingetorige, capo della coalizione gallica, si rifugia nella roccaforte,  Cesare, per impedire ai nemici sortite e approvvigionamenti,  erige intorno alle fortificazioni  di Alesia una linea di controvallazione con terrapieni, posti di guardia, merli e torri. Poi all’esterno fa costruire una seconda linea  fortificata di circonvallazione (che include la città e le opere d’assedio),  rivolta  non più contro Alesia, ma contro il nemico che può venire in aiuto agli assediati.

DANTE ALIGHIERI (1265-1321), Inferno, VIII, 67-93. Terminato il percorso attraverso i primi gironi dell'Inferno, Dante si trova di fronte alla città di Dite con le sue mura che paiono infuocate. A presidiarla, migliaia di diavoli che vorrebbero impedire l'accesso al poeta e a Virgilio. Di fronte al terzo "sbarramento" fisico dell'Inferno, dopo l'Acheronte e la palude dello Stige, i due poeti restano bloccati: solo l'intervento celeste di un angelo farà fuggire il presidio diabolico dalle mura e aprirà la strada verso la zona più profonda del regno dei dannati.

 69. La città di Alesia si trovava in cima a un colle […]. Da due parti due fiumi scorrevano ai piedi del colle. Davanti alla città si estendeva una pianura della lunghezza di circa tre miglia; da tutte le altre parti colli di uguale altezza, a poca distanza l’uno dall’altro,  circondavano la città.  Le truppe dei Galli  avevano riempito tutto lo spazio sotto le mura dalla parte del colle che era rivolto a est e avevano scavato un fossato e costruito un muro a secco alto sei piedi. Il perimetro della fortificazione che veniva costruita dai Romani misurava dieci miglia. Gli accampamenti – otto, che erano congiunti tra loro dalle fortificazioni-, erano collocati in posizioni opportune e su tutta questa  linea erano state costruite 23 piazzeforti in cui durante il giorno erano collocati picchetti allo scopo di prevenire improvvise sortite dalla città; di notte nelle stesse postazioni erano poste sentinelle e forti guarnigioni. […]

72. Cesare  fece scavare un fossato di venti piedi con le pareti verticali […] Arretrò tutte le fortificazioni a 400 passi da quel fossato, con lo scopo di  impedire che una moltitudine di nemici si avventasse improvvisamente di notte  contro le fortificazioni o  di giorno scagliasse giavellotti contro i nostri impegnati nel lavoro. Dietro questo spazio fece scavare due fossati […] e riempì quello interno […] con l’acqua del fiume. Dietro i fossati fece costruire un terrapieno e un bastione di dodici piedi. Vi fece aggiungere parapetto e merli con grandi pali sporgenti dalle giunture del terrapieno e delle pareti di difesa , per ostacolare la scalata dei nemici, e  fece circondare tutta la fortificazione  con torri […].

73. Cesare  ritenne di dover rafforzare ancora di più  le opere di difesa […]. Dopo aver tagliato tronchi d’albero e rami molto robusti, scortecciate e aguzzate le loro punte, furono scavate fosse […].  Da esse i tronchi, piantati e legati in basso in modo che non si potessero svellere,  sporgevano dalla parte dei rami […]; chi vi entrava si infilzava sulle  punte acuminate. […] Davanti, su linee trasversali […], furono scavate buche [...].  Vi furono piantati pali rotondi […] molto aguzzi e induriti dal fuoco […]. Davanti alle buche furono piantati in terra bastoncini  […] muniti all’estremità di uncini di ferro. […]

74. Quando questi lavori furono terminati […] fece costruire altrettante simili opere di difesa rivolte in direzione opposta, contro un nemico che giungesse dall’esterno, affinché nemmeno con una grande massa di nemici  la fortificazione di difesa potesse essere accerchiata…

Lo buon maestro disse: «Omai, figliuolo,
s’appressa la città c’ha nome Dite,
coi gravi cittadin, col grande stuolo».
  E io: «Maestro, già le sue meschite
là entro certe ne la valle cerno,
vermiglie come se di foco uscite
  fossero». Ed ei mi disse: «Il foco etterno
ch’entro l’affoca le dimostra rosse,
come tu vedi in questo basso inferno».
  Noi pur giugnemmo dentro a l’alte fosse
che vallan quella terra sconsolata:
le mura mi parean che ferro fosse.
  Non sanza prima far grande aggirata,
venimmo in parte dove il nocchier forte
«Usciteci», gridò: «qui è l’intrata».
  Io vidi più di mille in su le porte
da ciel piovuti, che stizzosamente
dicean: «Chi è costui che sanza morte
  va per lo regno de la morta gente?».
E ’l savio mio maestro fece segno
di voler lor parlar segretamente.
  Allor chiusero un poco il gran disdegno,
e disser: «Vien tu solo, e quei sen vada,
che sì ardito intrò per questo regno.
  Sol si ritorni per la folle strada:
pruovi, se sa; ché tu qui rimarrai
che li ha’ iscorta sì buia contrada».

 

 

Esempi di città fortificate: ALATRI - nota per la sua cinta di mura in opera poligonale, la più bella di quante si conoscano in Italia. Le mura circondano la città con sei porte di accesso e tre portelle, con restauri medioevali e l'aggiunta di torri. MONTERIGGIONI - la sua cerchia di mura a 15 torri, pressoché intatta, fu costruita nel XIII secolo dai Senesi per contrastare la potenza fiorentina. MONTAGNANA - antico comune guelfo annesso poi alla Repubblica di Venezia, conserva perfettamente la cinta muraria medievale con le sue 24 torri. LUCCA - glorioso comune toscano di parte guelfa, presenta una cinta muraria che subì vari rifacimenti. La struttura attuale risale al XVI-XVII secolo.

ALESSANDRO MANZONI (1785-1873), I Promessi Sposi, cap. XX. Un “castellaccio” minaccioso, arroccato su una cima inaccessibile, e una natura dirupata ed inquietante fanno da sfondo alla figura tragica dell’innominato, che dall’alto delle mura del suo “orribile domicilio” domina lo spazio circostante. All’interno di quelle poderose mura, nel silenzio e nella solitudine, il “selvaggio signore” prenderà coscienza della propria scelleratezza e da eroe del male  e della violenza si trasformerà in coadiutore della compassione e del bene.

ALATRI (FR) Mura ciclopiche - Porta maggiore

Il castello dell'innominato era a cavaliere a una valle angusta e uggiosa, sulla cima d'un poggio che sporge in fuori da un'aspra giogaia di monti, ed è, non si saprebbe dir bene, se congiunto ad essa o separatone, da un mucchio di massi e di dirupi, e da un andirivieni di tane e di precipizi, che si prolungano anche dalle due parti. Quella che guarda la valle è la sola praticabile; un pendìo piùttosto erto, ma uguale e continuato; a prati in alto; nelle falde a campi, sparsi qua e là di casucce. Il fondo è un letto di ciottoloni, dove scorre un rigagnolo o torrentaccio, secondo la stagione: allora serviva di confine ai due stati. I gioghi opposti, che formano, per dir così, l'altra parete della valle, hanno anch'essi un po' di falda coltivata; il resto è schegge e macigni, erte ripide, senza strada e nude, meno qualche cespuglio ne' fessi e sui ciglioni.
Dall'alto del castellaccio, come l'aquila dal suo nido insanguinato, il selvaggio signore dominava all'intorno tutto lo spazio dove piede d'uomo potesse posarsi, e non vedeva mai nessuno al di sopra di sé, né più in alto. Dando un'occhiata in giro, scorreva tutto quel recinto, i pendìi, il fondo, le strade praticate là dentro. Quella che, a gomiti e a giravolte, saliva al terribile domicilio, si spiegava davanti a chi guardasse di lassù, come un nastro serpeggiante: dalle finestre, dalle feritoie, poteva il signore contare a suo bell'agio i passi di chi veniva, e spianargli l'arme contro, cento volte. E anche d'una grossa compagnia, avrebbe potuto, con quella guarnigione di bravi che teneva lassù, stenderne sul sentiero, o farne ruzzolare al fondo parecchi, prima che uno arrivasse a toccar la cima. Del resto, non che lassù, ma neppure nella valle, e neppur di passaggio, non ardiva metter piede nessuno che non fosse ben visto dal padrone del castello. Il birro poi che vi si fosse lasciato vedere, sarebbe stato trattato come una spia nemica che venga colta in un accampamento. Si raccontavano le storie tragiche degli ultimi che avevano voluto tentar l'impresa; ma eran già storie antiche; e nessuno de' giovani si rammentava d'aver veduto nella valle uno di quella razza, né vivo, né morto.

 

 

MONTERIGGIONI (SI)

...però che come in su la cerchia tonda
Monteriggioni di torri si corona,
così ['n] la proda che 'l pozzo circonda
torreggiavan di mezza la persona
li orribili giganti, cui minaccia
Giove del cielo ancora quando tona
(Dante - Inferno XXXI, 40-45)

 

MONTAGNANA (PD)

LUCCA

CARCASSONNE

La cité médiévale de Carcassonne, classée au Patrimoine Mondial de l'Unesco depuis 1997, est la plus grande forteresse d'Europe: avec sa triple enceinte, ses 38 tours, deux ponts fortifiés et un château, au Moyen-Âge elle avait la réputation d'être imprenable. 

Alexandre Dumas (1802-1870), Le Comte de Monte-Cristo, VIII. Du bateau l'amenant au Château d'If, affreuse prison d'état, le héros du roman, Edmond Dantès, accusé à tort de bonapartisme, aperçoit tout à coup la silhouette sinistre de sa nouvelle demeure...

(...) Dantès se leva, jeta naturellement les yeux sur le point où paraissait se diriger le bateau, et à cent toises devant lui il vit s'élever la roche noire et ardue sur laquelle monte, comme une superfétation du silex, le sombre château d'If.
Cette forme étrange, cette prison autour de laquelle règne une si profonde terreur, cette forteresse qui fait vivre depuis trois cents ans Marseille de ses lugubres traditions, apparaissant ainsi tout à coup à Dantès qui ne songeait point à elle, lui fit l'effet que fait au condamné à mort l'aspect de l'échafaud.
«Ah! mon Dieu! s'écria-t-il, le château d'If! Et qu'allons-nous faire là?» (...)
 

GIOVANNI FATTORI (1825-1908), In vedetta, 1868-70.

DINO BUZZATI (1906-1972), Il deserto dei Tartari.

 

Tre soldati a cavallo montano la guardia lungo un muro, in uno spazio desolato e assolato, che pare senza confini. I colori sono pochi, secondo la tecnica dei macchiaioli: il bianco del muro, della pianura e di due cavalli, le macchie nere dei soldati, l'azzurro del cielo.

Il tutto dà un'impressione di immobilità, di tempo rallentato in un'eterna attesa. L'atmosfera è straordinariamente simile a quella del brano di Buzzati riportato qui accanto.

"(...) Ripreso il cammino, proprio dietro la gobba con una macchia di ghiaia, i due ufficiali sbucarono sul ciglione di un pianoro in leggera salita e la Fortezza comparve loro dinanzi, a poche centinaia di metri. Pareva davvero piccola in confronto alla visione della sera prima. Dal forte centrale, che in fondo assomigliava a una caserma con poche finestre, partivano due bassi muraglioni merlati che lo collegavano alle ridotte laterali, due per parte. I muri sbarravano così debolmente l'intero valico, largo circa cinquecento metri, chiuso ai fianchi da alte precipitose rupi. A destra, proprio sotto la parete della montagna, il pianoro si infossava in una specie di sella; là passava l'antica strada del valico, e terminava contro le mura. Il forte era silenzioso, immerso nel pieno sole meridiano, privo di ombre. I suoi muri (il fronte non si scorgeva essendo rivolto a settentrione) si stendevano nudi e giallastri. Un camino emetteva pallido fumo. Lungo tutto il ciglione dell'edificio centrale, delle mura e delle ridotte, si vedevano decine di sentinelle, col fucile in spalla, camminare su e giù metodiche, ciascuna per un piccolo tratto. Simili a moto pendolare, esse scandivano il cammino del tempo, senza rompere l'incanto di quella solitudine che risultava immensa.

UN MURO PER IL PC : IL FIREWALL

L'evoluzione della tecnologia ha sicuramente fornito, relativamente a molti aspetti, gli strumenti per il processo di globalizzazione col quale, consezienti o meno, nel bene e nel male, dobbiamo fare i conti sia collettivamente, sia individualmente. Uno degli strumenti più potenti di condivisione generalizzata delle informazioni è senza dubbio il web, la rete informatica che avvolge - immaterialmente ma di fatto - tutto il globo. Anche nel campo della comunicazione, come è accaduto in altri, la globalizzazione ha determinato l'abuso degli strumenti a disposizione: da una parte persone o enti che trovano nelle pieghe dell'evoluzione tecnologica lo spazio per "invadere" la libertà altrui e per approfittarne in funzione del proprio interesse individuale, dall'altra le fobie degli utenti della rete che ricorrono, per proteggersi, a strumenti sempre più sofisticati come i firewall (lett. "muro di fuoco"). Essi sono programmi informatici in grado di impedire l'intrusione, attraverso la rete, di agenti potenzialmente dannosi per i terminali degli utenti, ma risultano talvolta così ermetici da impedire all'utente un pieno utilizzo delle risorse della rete stessa.

 

disegno di Giancarla Boccitto

 

APPARATO DIDATTICO

  1. Analizzando le finalità per le quali furono costruiti le Lunghe Mura del Pireo, la Grande Muraglia Cinese e il Vallo di Adriano, cerca di rintracciare le analogie e le differenze tra questi tipi di fortificazioni.
  2. Ricostruire lo schema delle tre linee fortificate che cingono Alesia  e  spiegare la loro funzione
  3. Parafrasare il testo di Dante ed evidenziare le espressioni che alludono esplicitamente alla fortezza.
  4. Eseguire una breve ricerca storica su una delle città fortificate medievali presentate.
  5. Quali aspetti rendono particolarmente sinistro il castello dell'Innominato? Individuare sostantivi e aggettivi dai quali emerge la funzione concreta delle mura del castello.
  6. Dans l'extrait du "Comte de Monte-Cristo", repérez les noms et les adjectifs par lesquels l'auteur arrive à transmettre l'atmosphère effrayante du château d'If.
  7. Quelles sont les caractéristiques principales de la cité fortifiée de Carcassonne?
  8. Il dipinto di Fattori e il brano di Buzzati presentano caratteristiche estremamente simili, l'uno figurative, l'altro descrittive. Rintracciale.
  9. Cosa conosci degli strumenti di protezione informatica e quali sono le tue considerazioni in relazione alla sicurezza su Internet? Riesci a fare un parallelo con mezzi di protezione che sono stati sviluppati nei vari campi tecnologici, come la televisione, i mezzi di trasporto, gli strumenti che hanno consentito l'enorme incremento degli scambi economici fra diverse aree del mondo, etc.?
torna alla mappa
a cura di Monica Anelli, Lucia Bartoli, Alberto Brancatelli, Marisa Galiani, Paola Lerza, Elisabetta Rizzo,  Gemma Tardivelli