C’era una volta una
bambina di nome Flavia che viveva in un luogo fantastico, Castel Leone, un
paesino alle falde dell’Etna, il Vulcano più alto d’Europa detto anche
Mongibello.
Flavia era una bambina
dolcissima, sempre sorridente e tanto carina. Il suo viso, adornato da
riccioli scuri, ispirava tanta tenerezza ed il suo sorriso sprizzava una
raggiante allegria. Flavia era una bambina molto curiosa, amava stare
all’aria aperta e lasciarsi incantare dalle meraviglie
della natura. Era
attratta dai luoghi magici e affascinata dalle forze misteriose che
albergano dentro il vulcano. Spesso insieme al suo amico Piero, un bambino
suo vicino di casa, andavano a rifugiarsi negli antri scavati dalla lava
all’interno della roccia vulcanica per scoprirne i segreti nascosti. Durante
le eruzioni, insieme, stavano ore ad osservare la lenta discesa della lava
sui fianchi del vulcano, rimanendo catturati dai bagliori e dalle scie
luminose dei lapilli ma anche un po’ impauriti dai rumori cupi e dai tonfi
dei materiali caduti al suolo.
La loro era un’amicizia
davvero speciale, infatti non si stancavano mai di parlare e fantasticare
sul loro futuro. Un giorno Flavia disse a
Piero: - Da grande voglio fare
la vigilessa del fuoco, così potrò spegnere tutte le fiamme che divorano
betulle, platani, frassini e uccidono uccellini, farfalle e coccinelle.
- Io invece - disse Piero
- Vorrei fare il maestro d’asilo per stare con i bimbi piccoli, raccontar
loro tante favole e far giochi divertenti.
Flavia e Piero si
volevano così bene che appena diventarono grandi si sposarono.
Erano una coppia molto
unita e si aiutavano a vicenda, dividendosi i lavori di
casa; Piero ad esempio
lavava i piatti, passava l’aspirapolvere sui tappeti e cucinava mentre
Flavia stirava, spolverava mobili e spazzava pavimenti.
Un brutto giorno però
bussò alla porta una strega cattiva e quando Piero le aprì, lei gli disse: - Cercavo proprio te! Ti
ho visto sai mentre svolgevi le faccende domestiche che devono fare le
femmine! Sei il disonore del genere maschile! Ora ti farò una fattura
malefica, così la smetterai! Tiktrichì… Tiktricà... Piero i mestieri non più
farà!
E cosi da quel giorno
Piero si rifiutò di aiutare Flavia. Al ritorno dal lavoro, dopo una giornata
faticosa, le toccava svolgere tutte le faccende domestiche da sola mentre
Piero stava spalmato sul divano a guardare la tv. Iniziarono cosi a litigare
e stavano arrivando al punto di lasciarsi, ma Flavia era ancora innamorata e
voleva far di tutto per salvare la loro unione.
Una mattina, memore dei
luoghi frequentati da bambina, si recò lungo le sponde del vicino fiume
Alcantara là dove si formano le gurne, piccoli specchi d’acqua dal contorno
circolare circondati da boschetti di salice bianco e da eleganti piante di
papiro.
Vi era in quel luogo una
deliziosa chiesetta bizantina, detta “a cuba” per la sua forma, con la
cupola arrotondata e la facciata adornata da piccole finestre e bellissimi
portoni di legno traforato. Tutto intorno era un rigoglio di piante
odorose: oleandri, ginestre e tamerici creavano una splendida macchia di
colore. Nel piccolo laghetto il merlo acquaiolo catturava le sue prede sul
fondo sotto sassi e pietre che rovesciava con grande abilità. Flavia lo
osservava incuriosita quando, ad un tratto, sentì un lieve fruscio provenire
dal vicino boschetto, si girò e vide una figura di donna dalla carnagione
molto chiara, bella, alta con i capelli lunghi, ricci e biondi.
Era la Fata Acquazzurra
che, conoscendo le angustie che affliggevano il cuore di Flavia , le si
avvicinò e, rivelandosi, così le disse :
- So quanto l’incantesimo
della strega ti ha fatto star male e, poichè sei un animo sensibile, ho
deciso di darti una mano e di liberare Piero dall’incantesimo.Adesso
manderò merlo acquaiolo da lui e se egli supererà una prova a cui il merlo
lo sottoporrà verrà liberato dal sortilegio. E così avvenne.
Il merlo fu trasformato
in un guardiaparco che, una volta giunto da Piero, lo informò su quanto era
successo a Flavia, la quale (secondo il piano della fata) era stata rapita e
nascosta all’interno dei sotterranei della chiesetta dove anticamente erano
stati sepolti diversi monaci. Questi, con il passare dei secoli, ormai erano
diventati degli scheletri rinsecchiti e poichè Piero sapeva della grande
paura che Flavia provava per quegli orridi esseri, alla proposta del
guardaparco di realizzare un lenzuolo con bordura in pizzo di cantù,
preoccupato per la sorte di lei, accettò subito.
In men che non si dica
realizzò il manufatto che secondo le usanze di una volta era un lavoro
esclusivamente femminile.
A conclusione della
prova, brillantemente superata, il merlo riprese le sue vere sembianze, ritornò dalla Fata Acquazzurra e la informò dell’esito positivo.
Così l’incantesimo
svanì. Flavia ritornò a casa dove trovò
Piero intento a stirare i panni. Egli, nel vederla arrivare, sorridendo
esclamò:
- Ma chi l’ha detto che
stirare, spazzare, spolverare, cucire, lavare i pavimenti, cucinare son solo
lavori da femmine?
Il merlo acquaiolo, che
intanto passava di lì, ascoltando quelle parole disse tra sé e sé :
- Già! ma dove sta
scritto?
(Linda Foti) |