IL VECCHIO ORGANISTA

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Proposte didattiche: esercizi di riordino delle frasi

Non ricordava neppure da quanto tempo vivesse nel villaggio, gli anni erano trascorsi tranquillamente e gli sembrava di essere nato lì, tra quelle vecchie case di pietra, tra quei monti verdi in estate e bianchi in inverno. Indubbiamente tanti anni. Per tutti era “il maestro” e della sua gloriosa carriera di musicista restavano pochi sfumati ricordi e il suo vecchio, amato organo.
Il vecchio organista viveva nel paese tra l’affetto e l’amicizia di tutti. Era lui che insegnava le prime note ai bambini, era lui che metteva a disposizione la propria arte a chiunque ne facesse richiesta. Era lui soprattutto, che componeva, ogni anno, per la Messa della vigilia di Natale, le musiche più belle e commoventi che nel paese si fossero mai sentite. Ogni anno una Messa diversa.
Quell’anno, però, il maestro era stanco e malinconico. Sapeva che tutti, in paese, già si stavano chiedendo cosa lui stesse preparando, per la Messa del 24 dicembre. Le sue mani, però, non ce la facevano più, la sua mente era come spenta, il cuore triste, per il dispiacere di dover deludere i paesani.
Arrivò così la vigilia di Natale.
Nevicava e, come ogni anno, in ogni casa ci si preparava al cenone.Anche le famiglie più umili sapevano che quella sera non sarebbe stata uguale alle altre. Un pezzetto di baccalà, un pugno di noci, due mandarini e poi…E poi la Santa Messa, celebrata dal vecchio parroco, resa ancora più solenne dalle nuove musiche dell’organista.
E la curiosità era tanta. di Marisa Galiani
“Cosa suonerà, questa volta?”
“Come riuscirà ad emozionarci fino alle lacrime, al momento del Gloria? “
Solo in casa, il vecchio maestro stava seduto sulla sua poltrona vicino al camino, con le braccia abbandonate sulle ginocchia. Era triste e angosciato. Per la prima volta avrebbe deluso i suoi amati paesani.
Nulla, non aveva composto nulla. Le sue mani deformate dai reumatismi erano stanche e la sua mente vuota.
Il silenzio era interrotto solo dallo sfrigolare della legna nel camino.
La neve scendeva lenta e aveva già ammantato di bianco il paesino tra i monti.
Ad un tratto il vecchio maestro sussultò. Cos’era quel rumore? Sembrava che qualcuno bussasse alla sua porta. A quell’ora’? Con quel tempo? Forse in chiesa si erano stancati di aspettare e venivano a cercarlo. Possibile?
Il vecchio maestro si alzò e, lentamente, con fatica, andò ad aprire la porta.
Gli sembrò che non ci fosse nessuno, lì fuori, solo la neve che si infilava in casa spinta dal vento gelido. Stava già per chiudere la porta quando vide, accanto al muro, un bimbetto biondo di quattro o cinque anni, che lo guardava dal basso sorridendo. Ma…era quasi ignudo, vestito solo da una corta camicia bianca che gli arrivava sopra alle ginocchia. E i piedini, nudi, poggiavano sulla neve alta.
Il maestro abbracciò il bimbo, lo portò in casa e lo depose sulla sua poltrona. Prese una coperta e lo avvolse tutto, scaldando i piedini intirizziti con le sue mani. Il bimbo non si lamentava, non piangeva. Continuava a guardarlo sorridendo dolcemente.
L’organista non capiva…un bimbo così piccolo…al freddo…a quest’ora…ma chi può averlo abbandonato… Quando si accorse che il piccino si era riscaldato lo rifocillò con quella che doveva essere la sua cena: una scodella di latte e qualche fetta di pane.
Il bimbo sorrideva, grato e silenzioso.
“Chi sei?” chiedeva il maestro sgomento “chi ti ha abbandonato così, al freddo, senza niente per coprirti?” Il bimbo continuava a sorridere senza rispondere.
Il maestro si guardava intorno, cercando qualcosa per vestire il piccolo.
Lo avvolse alla meglio in una sua vecchia giacca di lana morbida, ricordo della sua passata vita sui di fama e di successi.
Guardava il bimbo con occhi lucidi e inteneriti. Sarebbe rimasto così per ore e ore, quando il bimbo parlò: “Sei stato così buono con me, stanotte. Ora vorrei essere io a fare qualcosa per te. Dimmi un desiderio che vorresti vedere esaudito.” “Piccolo mio - rispose l’organista – non ho più l’età per i desideri, sono tanto felice di averti qui, sai, chiunque tu sia. Ho, però, un sogno. Come tutti gli anni, gli abitanti di questo villaggio sono riuniti in chiesa ad aspettare la Messa di mezzanotte. Ogni anno ho composto le musiche per accogliere insieme la venuta di Gesù. Quest’anno, però, sono vecchio e stanco, non ho composto nulla e sono triste pensando alla delusione dei miei amici. Mi sarebbe piaciuto riuscire anche quest’anno a fargli il mio regalo ma ormai è tardi…”
di Teresa DucciIntanto, in chiesa, i buoni paesani aspettavano felici e pazienti l’arrivo del maestro. Si stava, però, facendo tardi e ogni tanto un mormorio si diffondeva tra le file dei banchi.
“Come mai non arriva?”…”Sarà malato?”…..”Non è mai mancato…”
A mezzanotte esatta, quando le speranze si stavano spegnendo, nel momento in cui il sacerdote depone il Bambinello nella mangiatoia, una musica celestiale si levò nell’aria.
Una musica sconosciuta, mai ascoltata da orecchie umane. Una musica incredibile, bellissima, che rapiva il cuore e la mente…
Tutti tacevano trattenendo il fiato. Mai si era udita una musica così. Il maestro non era arrivato in chiesa ma la musica proveniva dalla sua casa.
Alla fine della celebrazione, tutto il paese si fermò sul sagrato. Bisognava andare dal vecchio maestro, ringraziarlo, complimentarsi con lui, fargli gli auguri…
Con il cuore colmo di gioia, gli abitanti del villaggio si avvicinarono alla casa dell’organista. Le finestre erano illuminate, dunque era ancora sveglio.
Bussarono ma la porta era aperta. Entrarono, allora, chiamandolo affettuosamente. Ma quale fu il loro stupore nel vedere il vecchio maestro addormentato, con il capo poggiato sulle braccia, piegate sulla tastiera dell’organo. Il suo viso era sereno, l’espressione sorridente. Lo chiamarono ma egli non rispose.
Era andato via, con il Bimbo biondo con la camiciola bianca che lo teneva per mano.
 

(Maria Cristina Rosa)