|
I disegni che si trovano in questa pagina sono stati eseguiti dall'autore del testo e rielaborati da Liliana Manconi
|
.... dove l'umano spirito si purga
Da Caporetto saliamo Dresenza; qui, alla sera, ci distribuiscono carne guasta da consumare con stile e con dignità. Trascorriamo parte della notte accantonati nel paese. Prima dell'alba, partiamo per raggiungere la cima di Monte Nero che è lassù, alta alta in mezzo alle stelle. Sali, sali, sali...... albeggia e fa fresco. Ma come è lungo il sentiero della gloria! Il Gallinaccio procede in testa e dall'alto domina la lunga fila degli "aglieve" che si snoda lungo i tornanti dell'unica mulattiera. Abbiamo già previsto che è materialmente impossibile che egli possa sbagliare strada, perché la montagna presenta enormi precipizi a destra e a sinistra. Ma la nostra tranquillità dura ben poco, perché all'improvviso insorge un inconveniente gravissimo: il primo plotone ha il torcibudella e suda veleno, il secondo è bianco, il terzo è giallo, il quarto è verde. La razione viveri della sera prima fa sentire i suoi effetti tremendi. Già qualcuno tenta di staccarsi dalla fila per motivi urgenti e strettamente personali, ma viene bruscamente richiamato nei ranghi dal Gallinaccio che proprio ora è favorito da un'ottima visibilità. - Lèie, aglieve, dovo vuola andaro? Torni indietro al suo poste! Finalmente arriva un provvidenziale alt orario, accompagnato da un ancor più provvidenziale banco di nebbia che ci avvolge di ovatta: visibilità metri due. Ma noi abbiamo già visto un lungo gradino di roccia che costeggia lo mulattiera e lo occupiamo di slancio, allineandoci per uno di fronte, a leggero contatto di gomito. È la tipica roccia calcarea grigia scura che costituisce la fascia interna delle Prealpi Giul...... dietro-front! Via zaini, giberne, cinturoni eccetera! Giù tutto, mentre lo spasimo non concede ormai neppure il margine di un secondo...... - Aaaahhhhhhhh! Ma una folata di vento disperde di colpo la nebbia e rivela il Gallinaccio era più invereconda delle visioni: la compagnia "e tutte quante" appare sì perfettamente allineata sull'orlo del gradino, ma anziché presentare le armi esibisce una riga bianca di sottoschiena, funzionanti fragorosamente e a pieno ritmo. Le parti in mostra non hanno né fisionomia né espressione: come si fa a riconoscere e a richiamare "ogniedune aglieve"? Fra tutti, fa eccezione Gilli per questioni di massa e di volume; il Gallinaccio lo riconosce e subito si dirige proprio verso di lui gridando: - Lèie coso fate? Tenente Amate, Amate, Amate! La compagnie e tutte quante è uno sc-chife! Ma il tenente Amato sarà in qualche anfratto, forse alle prese con il nostro stesso problema. Gilli intanto prosegue nell'azione e mantiene dietro di sé una ragguardevole distanza di rispetto; difatti, mentre gli altri funzionano a ventaglio o a mitragliera, egli è peggio di un lanciafiamme. Il Gallinaccio deve retrocedere per non essere investito in pieno dai ganci nutriti. Sente quindi bisogno di bere qualcosa e chiama il suo trombettiere che, nello zaino, reca un thermos di caffè caldo. Udiamo il fatidico grido: - Trombe! Tèrmose! E tutto finisce così. Proseguiamo purificati, alleggeriti in un ambiente che ormai diventa suggestivo. Oggi, senza retorica e senza discorsi tonanti e roboanti, abbiamo imparato una cosa: i sentieri della gloria non sono cosparsi di fiori.
|