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Accademia di Fanteria e Cavalleria di Modena e Parma
Scuola di Applicazione  - Diario 1934-1937 - di Giacomo Ferrera

 

I disegni che si trovano

in questa pagina sono stati

eseguiti dall'autore del testo

e rielaborati da Lucia Izzo,

Liliana Manconi, Teresa Ducci

e Maria Concetta Pasquale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo IX - Campo estivo 1936 in Val Venosta

13 luglio
Modena. Preparativi per la partenza e marcia veloce a San Cataldo. Per fare che cosa? Per...... allenamento, con il Gallinaccio in testa. Alla sera, partenza. Da notare il canto prima di partire: ne fosse andato uno a tempo! Limone non è contento della collettività. Il treno parte.

14 luglio
San Valentino in Val Venosta. Arriviamo in qualche modo a San Valentino. Qui si dimostra come le vie maestre siano più convenienti e più comode delle scorciatoie, alla faccia del Gallinaccio. Qui come posto non c'è male. Ma per il resto, come si starà?

15 luglio
San Valentino. Rifare le tende perché come fatto ieri non va bene. Disfarle e rifarle ancora. Disfarle un'altra volta e ricominciare daccapo. Non va ancora bene. Date lire quattro a un alpino di passaggio perché facesse la mia. Adesso va bene. Prima marcia. Discorso del Gallinaccio.

16 luglio
San Valentino. Ci fermiamo in pianta stabile. Il Gallinaccio ce la mette tutta per farci stare allegri, anche se non abbiamo motivo di esserlo.

Infermeria al campo
una cosa da quest'oggi ci rattrista
e rende tutti quanti d'umor nero;
difatti, stamattina abbiamo vista
l'infermeria vicino al cimitero.
Certo, sarà più rapida e più piana
l'opera di chi assiste e di chi sana.....

17 luglio
Il Gallinaccio continuò a farci ridere, ma non lo sa. Non sa di compensare i guai combinati dal Pinguino, foriere di alloggiamento; parla soddisfatto di se stesso e di noi e ignora i motivi della nostra estrema attenzione.

18 luglio
Marcia con il Gallinaccio in testa: ha preso la rincorsa, e via! Dove? mah! Cammina, cammina, cammina; sali, sali, sali... non arriviamo mai. E l'esercitazione dov'è andata a finire? il comandante di battaglione chiama il Gallinaccio in disparte e gliene dice quattro, con grande sollazzo di noi malvagi. Il Gallinaccio torna e dice che bisogna essere calmi, specialmente dopo una fatica. Mi scaturiscono rime ornate, ispirate alla circostanza.

Ora incominciano
novelli guai;
si sale sempre,
si scende mai.

Nessuna tregua
a noi concede
la capo-arma
ed il treppiede.

e qualche marcia
riesce funesta
col Gallinaccio
che è sempre in testa,

che arranca e strepita,
che corre via,
dietro lasciandosi
la compagnia.

Tra loro si ferma
guardando intorno
mentre lo illumina
l'astro del giorno,

ed ansimando
rosso paonazzo
urla e gesticola
siccome un pazzo;

dopo innalzati
cotanti strilli,
ci raccomanda
di star tranquilli.

"Frasi irascibili
mai non si dica
sotto gli stimoli
della fatica".

O Gallinaccio
codesto gioco
a quanto pare
durerà poco.

Quando finiscono
questi tormenti,
ti lasceremo
lieti e contenti.

22 luglio.
Piove e non si va all'istruzione. Il Gallinaccio ci raduna e parla. Riesce a dire cose sublimi. Ci raccomanda di essere "sempre apposte e in ordine e tutte quante colla uniforme", e non si accorge di indossare la bustina con il fregio di dietro.

23 luglio
Marcia tranquillissima, a cagione di tre superiori corpulenti detti i tre ciccioni volanti i quali si sono messi in testa. L'esperimento è riuscito molto bene. Si prevede che i ciccioni faranno parte della compagnia comando di battaglione e che saranno ad essa organicamente assegnati.

24 luglio
Il lavoro nobilita la bestia, perché la rende simile all'allievo. Il Gallinaccio si dirige di corsa verso i lavandini del campo dove alcuni stanno gridando "Acqua! Acqua!" In questo momento grida, urla come un ossesso e continua a urlare. Sembra Napoleone che legge il proclama alle truppe. Il Pinguino, responsabile del disservizio, se ne frega.

25 luglio
Il Gallinaccio continua a parlare, con nostro sollazzo. Egli, da solo, è uno spettacolo di varietà.

27 luglio
Fatto il percorso di guerra e di campagna, geniale e prelibata invenzione di Limone. Molti ostacoli sono stati superati brillantemente con manovra di aggiramento. Il Gallinaccio chiama l'allievo Rossi. Si presenta il solito alpino di passaggio che, caso strano, ha lo stesso cognome. "Ie voglio Rossi aglieve e tu sei Rossi alpine!"

28 luglio
Marcia in Vallelunga, fino in fondo. Come è lunga! Da molto tempo è scomparso alla vista di tutti un certo "comannànne" non emglio identificato; egli aveva asserito che avrebbe diviso con noi fatiche e disagi. E chi l'ha più visto? Diceva che avrebbe fatto tutto "cantanno e ridenno". E chi l'ha mai sentito? aveva detto che sarebbe stato sempre in testa. A proposito: testa di che cosa?

29 luglio
Anche il tempo è contro di noi. Di notte piove; al segnale di sveglia e di adunata viene il sole e il cielo si rasserena. Durante il riposo pomeridiano ancora piove. Durante le marce o le istruzioni, giù rovesci d'acqua! Quando torniamo all'accampamento cessa di piovere: il sole tramonta e ci fa un magnifico sberleffo. Sarà per noi o per il Gallinaccio che è rientrato bagnato fino all'osso?

30 luglio
Oggi il Generale Bobbio è venuto a farci visita, accompagnato da Limone. Riferiamo qualche brano del dialogo che si è svolto tra i due. Il Generale chiede informazioni sul nostro tenore di vita e Limone risponde con la cortesia che lo distingue.
- Bene, come mangiano gli allievi?
- Oh, con molto appetito, eccellenza, dato che facciamo di tutto per migliorare la dieta, anche a costo di ridurre le razioni.
- Chi mai ha scelto questo accampamento?
- È quello che mi chiedo anch'io, eccellenza!
- Come se la passano gli allievi?
- Benissimo, eccellenza! Sa, il proverbio dice canta di chi passa... e noi li facciamo sempre cantare.
- Qui però mancheranno i divertimenti e i ritrovi.
- Sbaglia, eccellenza! Abbiamo il Gallinaccio!
- Dove fanno il bagno agli allievi?
- All'aperto, tutti giorni; infatti, qui piove sempre. Qualcuno lo fa anche di notte sotto la tenda.
- E lo spirito, come va?
- 50 centesimi un grappino da Lupi, eccellenza, un po' caro......
- E la salute, come va?
- Pochi ricoverati, eccellenza, dato che non ci sono posti. Quindi, gli allievi devono stare bene per forza. E poi, abbiamo messo l'infermeria vicino al camposanto......

31 luglio
Esercitazione in zona boscosa. Il Gallinaccio urla. Sembrata Tarzan nella foresta. Torniamo all'accampamento. Arriva Bazèn e grida: guardare sotto i pagliericci! Non capisco la ragione di quest'ordine. È forse arrivata la Befana?

1 agosto
Fervono i preparativi per le grandi manovre, alle quali dobbiamo partecipare suddivisi in reparti mitraglieri, in plotone comando eccetera. Saremo i figli di nessuno. Almeno adesso abbiamo il Gallinaccio, che presto dovremo lasciare.

2 agosto
Limone, al solo sentir nominare il Generale Baistrocchi, viene preso da fifa porca e fa suonare l'allarme. Ci abbiamo fatto il callo. Però a nessuno sfugge che l'ordine sia ispirato a motivi poco nobili. Durante l'inutile adunata, lo stesso Limone con aria ineffabile ci viene a dire che ha fatto suonare l'allarme per addestrarci... sorrisi di compatimento e mugolii. Oggi è festa. Perciò tutta la giornata trascorre nel versare o distribuire materiale di cui siamo fin troppo riccamente dotati. Così trascorre la domenica... e poi le sacre scritture narrano che il Padreterno il settimo giorno si riposò. Si vede che non aveva da fare con Limone.

3 agosto
Abbiamo assistito ai tiri di artiglieria, accompagnati da Limone e da Von Moltke. Ci hanno fatto cantare davanti ai pezzi: non capisco perché gli artiglieri non ci abbiano sparato addosso con tutte le loro munizioni. Limone, data la presenza di un ufficiale a lui superiore, non ha fatto nessuna osservazione: si è limitato a ripetere come un pappagallo ciò che sentiva dire. Non solo, ma ha suonato il violino per tutto il tempo. Fra le altre cose ha proposto problemi di topografia e di fisica, la cui soluzione secondo lui forse era questa o poteva essere quella... caro Limone, una cosa è o non è, si sa o non si sa. E se non si sa, si sta zitti come fa il sottoscritto.

4 agosto
Passo di Rèsia. Attraverso sentieri impervi e mulattiere impossibili arriviamo al passo. Colazione sotto scrosci d'acqua. Ritorno con il Gallinaccio in testa, il quale è in forma come nei bei tempi d'oro. La marcia si trasforma in una corsa pazza. Perché?

5 agosto
San Valentino. Un accorrere confuso e disordinato, un pietoso ansimare accompagnato da imprecazioni, il levarsi improvviso di una voce che domina tutte le altre... è forse un quadro dell'inferno dantesco? No. È il Gallinaccio che ritorna con la sua compagnia.

6 agosto
Le vacche al pascolo circolano liberamente per l'accampamento. Fallisce il tentativo di chiudere un bovino nella tenda del Gallinaccio. E' sera. Manca l'acqua e non ci si può lavare.... guardiamo le montagne dalle quali scendono ruscelli d'argento. Il Pinguino, responsabile del guaio, fa il villeggiante e se ne frega, come faceva lo scorso anno il Giovin Signore, mentre i nostri "protestanti" sono severamente redarguiti. Bel sistema! L'ambiente si anima: occorrono subito rime di circostanza; eccole:

Scenette vespertine al campo

Ritorniamo alle tende verso sera
e il fiero Gallinaccio ci accompagna,
il quale corre sempre a gran carriera
senza curar sé alcuni di noi si lagna.
Torna ciascuno nelle proprie tane:
pace e riposo sono parole vane.

C'è chi rimette a posto il materiale
e c'è chi fa cagnara nello spaccio.
Urla, grida, starnazza e batte l'ale
là nella propria tenda il Gallinaccio,
e nel sentire tutto quel baccano
ognuno cerca di girar lontano.

Ed una turba polverosa e stanca
ricerca invano un po' di refrigerio,
ma non si può lavar, che l'acqua manca;
quindi manda a Limone vituperio,
e mentre innalza doloroso accento
passa una vacca per l'accampamento.

Squilli di tromba, correre e di gente,
cambia la guardia, smonta l'ispezione......
qui regna confusione permanente,
e chi si ferma perde la ragione.
Quindi mi siedo qui sul pagliericcio,
guardo la scena e poi me ne stropiccio. 

7 agosto
Al poligono. Grande rastrellamento, tenendoci per mano come fidanzati. Abbiamo trovato qualche fragola e molti funghi. Lontani ricordi d'infanzia sono improvvisamente riaffiorati.

8 agosto
Disfiamo l'accampamento per trasferirci a valle. All'ammainabandiera una fanciulla ha pianto, non già per vedere calare per l'ultima volta l'amato vessillo, ma per aver notato i nostri pesantissimi affardellamenti. Arriviamo a Malles per forza di gravità, dato che la strada è in discesa. L'accelerazione sarebbe di metri 9,8 al secondo nel vuoto; però, bisogna tener conto degli attriti. All'accantonamento manca l'acqua, mentre vicino scroscia quella purissima dell'Adige; come compenso, c'è una festa da ballo. Alcuni ci vanno in autocarro, accompagnati da Pappenheim. Altri dormono e se ne infischiano, fra i quali io. Riporto lo stralcio degli ordini e emanati da Limone per i trasporti.
- La massima parte dei materiali: someggiata, sugli allievi; La minima parte: spalleggiata, sui quadrupedi.
- Affardellamento degli zaini. Internamente, nella tasca anteriore: un copertone di autocarro con rimorchio; un pagliericcio, con paglia; due mutandoni, con staffe; due stoviglie, avvolte nei mutandoni; un paio di scarponi; posate (negli scarponi); una palandrana. Internamente, nella tasca posteriore: due tabarri, un giustacuore, un corsetto, un tricorno, due calzerotti, tre cappe, un passamontagna, un colabrodo, un saltapasti. Esternamente, nelle tasche laterali: una scatola di conserva di pomodoro, viveri di riserva per 10 minuti; esternamente, avvolti nel telo mimetico: pali telegrafici per la rete collegamenti, sbarre d'acciaio di tubazioni per acquedotti, un pastrano, accuratamente spiegazzato, una coperta di lana, ben bagnata, una branda pieghevole. Sopra allo zaino: bandiere al campo di colore e apparati ottici, gavetta con gavettino e posate, avvolte nei calzettoni.

9 agosto
Marcia dietro-front con organetto in Val Monastero.

10 agosto
Prato dello Stelvio. Strana giornata di riposo quasi al completo, concesso ad arte, allo scopo di preparare l'ambiente favorevole per l'arrivo dei cappelloni (1), da accogliere al canto di inni guerrieri. Il Gallinaccio ci raduna e dice:
- Noi cantereme queste canzona... sì, quella che dice: siamo fiaccole di vino...
Ecco arrivare l'Innominato in testa alla colonna: scongiuri rapidissimi e furtivi da parte di tutti. Al pomeriggio partita a bocce con i sassi.

_________________________________
(1) sono gli allievi del primo anno di Accademia

11 agosto
Arrivano anche Limone e Balanzone: così, il terzetto è completo. Ne risentono anche i muli, che sono irrequieti e che tirano calci come dannati. A mezzanotte inizia la marcia notturna verso il passo dello Stelvio. Siamo in manovra.

12 agosto
La marcia procede inesorabile sotto un uragano, da tutti considerato come grazioso omaggio dei Tre Moschettieri della Scalogna. Gli zaini sono inzuppati di acqua e pesano il doppio... le giacche a vento, per ordine di Limone, sono state lasciate a Modena... arriviamo a Trafoi: prima ci sbattono nel corridoio di una locanda, bagnati fradici, poi si va al Grande Albergo, che è bruciato, distrutto e sforacchiato. Accendiamo fuochi per asciugarci. Sul più bello ordini molto opportuni ci costringono ad allontanarci da quei bracieri, che per noi sono la vita, e a rizzare le tende. Ci mettiamo all'opera con tutta la buona volontà: arriva l'ordine di interrompere l'operazione e di cercare rifugio nei ruderi dell'albergo. Mi trovo giusto adesso qui dentro: abbiamo sistemato alla meglio le nostre cose. L'ordine la tranquillità che regnano attorno mi fanno pensare con nostalgia a una bolgia infernale. Le porte mancano, il soffitto presenta ampie aperture nelle quali si vede il cielo solcato dai bagliori, i finestroni non hanno vetri. Greco, libeccio, scirocco, maestro, bora, mistral e tramontana si sono dati convegno fra questi ruderi; mancando le dame, hanno danzato con le nostre coperte. Molti stanno male. Ho la febbre.

13 agosto
Da Trafoi a Bormio. Partenza per il Passo dello Stelvio. Influenzati, raffreddati, affetti da broncopolmonite e febbricitanti saliamo lentamente la rotabile e disegniamo una fila lunga e nera che segue l'andamento dei tornanti. Nessuno di noi chiede visita medica, altrimenti il dottor Balanzone ci cura. Chi sta male aiuta chi sta peggio e si sovraccarica di armi, di munizioni e di impedimenti. Io mi prendo una cassetta di munizioni piena e me la sistemo sopra lo zaino. Cammina, cammina, cammina... sali, sali, sali... il ghiacciaio dell'Ortles scarica una valanga colossale, con il fragore di mille tuoni. Distribuzione di un po' di brodo, con un certo ordine e con una certa tranquillità: qualche contuso, nessun morto. Valichiamo il passo e ci buttiamo in discesa. Il Gallinaccio ha trovato una buona scorciatoia, la prima dopo due anni, solo perché  è incanalato tra due alte pareti montane. E cammina, cammina, cammina... il nemico dov'è? Non c'è verso di sparare e di alleggerirmi di tutte queste munizioni. Arriviamo a Bormio: accampamento? Accantonamento? Addiaccio? Mistero e fame nera. Arriva qualcosa di immangiabile che nessuno prende. Elettricità nell'aria. Sappiamo che la coda la colonna si è strappata, che alcuni di noi hanno preso l'iniziativa di raccogliere ed inquadrare i molti dispersi, mettendo ordine e ricomponendo drappelli... che un alto papavero li ha fermati, e li ha interrogati per conoscere e per sapere... che ha apprezzato l'iniziativa e che ha mosso pesanti critiche dirette non certo a noi... che è ripartito infuriato. Le notizie volano. Difatti, ecco apparire per incanto Panzales e Limone che devono aver avuto la sveglia da qualcuno. Ci abbiamo piacere! Pare che Limone debba fare fagotto perché l'hanno fatto saltare... La cosa ci infonde nuova energia: cantando canzoni ribalde e allusive attraversiamo Bormio e continuiamo a camminare. Il coro dei battellieri del Volga invoca l'acqua da bere che manca da ieri. Raggiungiamo la zona più scomoda e più ripida dei dintorni di Bormio. Fare le tende! La gente crolla o rotola. Io, Gilli e Giudici ci mettiamo all'opera e rizziamo una tenda al buio; scendiamo in paese e ci carichiamo di balle di paglia. Mentre arranco in salita, vedo un'ombra davanti a me e con espressioni pittoresche la invito a togliersi dai piedi. Il Gallinaccio si scosta senza dire parola. Ci stravacchiamo in tenda; gli altri continuano a urlare tutta la notte sotto le stelle. Per quanto sembri strano, non piove. È stata una giornata ricca di esperienze negative. Percorsi 45 km a piedi senza cibo e senza bere, con un peso variante da 30 a 50 chili; valicato il paese più alto, 2757 m, coscienti di una forza e di una resistenza da esploratori polari; constatato il fallimento di un'organizzazione che tale non è.

14 agosto
Bormio. Rapida occhiata all'accampamento: il disordine è indescrivibile. Molti "dispersi" sono arrivati a notte fonda o all'alba. Mi incarico di andare a prendere la colazione, ammesso che trovi qualcosa, e mi dirigo verso la casa delle Donne Racchie che si trova lungo la strada. Qui abitano alcune villeggianti che si sono già rivelate superiori a ogni tentazione. Due o tre ufficiali accorrono verso di me e mi fanno allontanare. Che zelo, oggi! Temono forse che io comprometta l'onestà di quei ruderi? Fra i villeggianti si sparge la voce dell'arrivo della Regia Accademia, e tutti accorrono per vederci... ci vedono, alla distribuzione del rancio, il primo da lunga epoca, e assistono a una specie di pasto delle belve. Arriva anche fresco fresco e generale Bacucco, mai conosciuto né visto, uno di quelli che passano nelle vicinanze e che si fanno un dovere di romperci le scatole. Il poco illustre personaggio annusa alquante volte le nostre tende e se ne va accompagnato dai nostri auguri più fervidi. Ci ripuliamo alla meglio e andiamo al cinematografo. Oh, La voce della civiltà!

15 agosto
Ferragosto Bormio. Solita festa: sistemazione delle tende, pulizia alle armi, controllo dei materiali... sempre pronti a rendere gli onori al primo fesso di passaggio. Arrivasse una buona volta un collegio femminile per visitare i nostri accampamenti... che presentat-arm, ragazzi!

16 agosto
Bormio. Sveglia! Secondo le tradizioni dell'esercito sardo, ci alziamo con due ore di anticipo per certi preparativi che richiedono pochi minuti. Nell'attesa lunga e tradizionale, stiamo a guardare il Gallinaccio che fa "orientamente" ai resti di quella che fu la sua compagnia. Che spasso! Arrivano alcuni buoni sacerdoti durante la distribuzione del rancio, forse per prestare pia assistenza ai feriti o moribondi. Però non c'è neppure un contuso.

17 agosto
Primo giorno di manovra. Noi, colpevoli di essere allievi dell'Accademia, dobbiamo essere pronti a fare da alpini, da bersaglieri, da palombari... a intervenire in cielo, in terra e in ogni luogo. Sono cominciate le manovre intensive con gli affardellamenti e con i rotoli, la cui foggia varia con il mutare delle esigenze. Esistono infatti i seguenti tipi di rotolo:
- a ciambella, per avere qualcosa di commestibile quando il rancio non arriva
- a materasso, per dormire all'addiaccio
- a salvagente, onde evitare morte sicura per annegamento durante i diluvi che si scatenano quando l'Accademia è in manovra;
- a ferro di cavallo, quando arriva qualcuno dei nostri iettatori.
Oggi marcia sotto l'acqua fino a Le Prese in Valtellina, con i rotoli a salvagente.

18 agosto
Corsa al fiume per le pulizie. A causa nostra, l'Adda trascina con sé bitumi, asfalti e catrame. Nel 1600 tutti i reggimenti del reame di Francia avevano un buffone che aveva l'incarico di allietare con i suoi lazzi i soldati durante le marce faticose. Anche noi abbiamo qualche cosa di simile. Ecco! Arriva il Gallinaccio a cavallo!

19 agosto
Le grandi manovre sono il termometro che misura la capacità del comandante. Perché termometro? Perché fa caldo, per misurare la temperatura, diamine! Ieri il Gallinaccio ha avuto il compito di schierare la sua compagnia sulla nostra sinistra: nessuno l'ha visto. Sappiamo, però, che è partito. Adesso lo cercano invano i porta ordini, le staffette, gli esploratori, gli aerei da ricognizione. Si dice che egli sia partito di gran corsa, che abbia seminato dietro di sé nei crepacci nei burroni gran parte del personale e che si sia cacciato chissà dove, defilato alla vista di amici e nemici. Si prevede che il Ministero della Guerra adotterà questi procedimenti nuovi e che tutta la nostra dottrina tattica e strategica sarà rinnovata. Le manovre con i rotoli continuano; li  facciamo a materasso e partiamo in autocarro per Sernio, stracarichi di armi e di materiali. Siamo stanchi, ci becchiamo fra di noi come polli nella stia. Arriva la posta di 10 giorni prima.

20 agosto
Sernio. Ci è affidata un'azione notturna; perciò oggi riposiamo alla maniera solita: tende da rizzare, armi da ripulire, riviste eccetera. Cala la sera e suona il silenzio. Ma non siamo in operazione? Il nemico dorme? Prepariamoci subito perché fra cinque ore partiamo, ordina Limone! Il quale manda proprio la mia squadra mitraglieri sulla linea di sicurezza, con la consegna di morire sul posto. Nessuno è più qualificato di lui per dare ordini simili. Noi però abbiamo già deciso di dormire sul posto, vigilando a turno. Affido l'arma a Gentile, che è svelto come un gatto e che farebbe funzionare anche un catenaccio, e procedo con la squadra seguendo i tratti defilati. Attraversato un campo di granoturco, ci fermiamo sul margine. Ci siamo: si apre davanti a noi un ottimo campo di vista e di tiro. Prendiamo posizione e siamo subito pronti. Silenzio. Un giudice di campo indugia nei pressi con aria indifferente. Il nemico si rivela degno di Limone. Ecco arrivare trotterellando un plotone di esploratori a cavallo. Lasciamoci di avvicinare... zitti... tutti pronti... fuoco! Gentile fa cantare l'arma a piena voce e prende di fianco cavalli e cavalieri, i quali cercano invano di saltabeccare oltre le siepi e al di là dei muretti. Ecco all'improvviso davanti a noi un plotone di fucilieri: Gentile sveltissimo volta l'arma e li fulmina con raffiche nutrite. Adesso spariamo tutti, con grande fragore. Il giudice di campo esce dalla sua apparente indifferenza e dichiara defunti tutti i nostri nemici: con i suoi gesti pare che dia loro il viatico estremo. Ma si sveglia l'artiglieria nemica, che spara proprio a noi; si sveglia la nostra, che risponde; spuntano reparti ovunque e ci attaccano. Ripieghiamo rapidi e in posizione arretrata attraversando il campo di granoturco. Mentre ferve la mischia, Limone passa e ripassa più volte in automobile: audace! Temerario! Il suo autista lancia moccoli. Noi anche.

21 agosto
Da Sèrnio a Tirano. La guerra continua, il rancio non arriva, il nemico attacca. Ecco i plotoni che avanzano contro di noi al comando degli eruditissimi aspiranti, i quali hanno disposto i soldati in fila come se facessero una passeggiata scolastica e non un attacco in forze. Noi siamo quattro gatti, che diamo terreno metro per metro facendo fuoco sempre e dovunque, ma quei candidati al cimitero non capiscono niente e non aprono neppure le formazioni. Qualcuno sospende questa manovra, che è uno strazio dell'anima. Scendiamo oltre Tirano e ci accampiamo in un deserto. Tutti invocano acqua. Riesco a trovare un ruscelletto in alto e passo la voce. Oh, le chiare fresche e dolci acque! Giunge il fischio di una locomotiva lontana: oh, la voce della civiltà! Alla sera senza il Gallinaccio, improvvisamente riapparso, ci dice:
- La mia parrocchie è la sesta compagnie: lì ci sono le anime che devo curare. Con gli altri, non ho nulla da fare!
Io ne ho sempre pensate di tutti i colori, ma non sono mai arrivato immaginare un Don Gallinaccio o un Gallinaccio arciprete.

22 agosto
Da Tirano a San Giacomo. Forse è festa. Ci mandano messa muniti di buste con carte topografiche. Non capisco. Forse lo scopo è quello di essere sempre orientati: se così è, con questo sistema nessuna anima cristiana andrà mai in perdizione. Questo provvedimento sarà certamente adottato dalla Santa Sede e dalle autorità ecclesiastiche; vedremo che cosa dirà in proposito papa Pio Nono Massimo che il Gallinaccio definì !il temporeggiatore". Dobbiamo andare al passo dell'Aprica. Secondo le belle tradizioni dell'esercito piemontese, l'adunata viene fatta con uno scandaloso anticipo, tanto che faccio a tempo a scrivere diverse lettere e a prendere diversi appunti. Partiamo e lasciamo l'accampamento, dove tubi d'acqua secernono un umore caldissimo ma in quantità scarsa. Peccato! Si potrebbero cuocere fagioli. Il Gallinaccio, che non riesce a star zitto, dice:
- L'acqua manca e voie avete un aspette poco belle. Vuol dire che supplirete a questa mancanze con degli scatti e con dei movimente energici!
Cambio di programma: non andiamo al passo dell'Aprica ma a San Giacomo. Questo non muta di molto la sostanza delle cose.

23 agosto
San Giacomo. Come si passa bene un pezzetto di domenica sistemati a difesa in un bel fienile! Limone trascorre il suo tempo organizzando con criteri nuovi una posizione difensiva. Lo schieramento delle unità, secondo lui, deve essere fatto in zona di sicurezza: fucilieri a cavallo, cavalieri a piedi, artiglieri in avanscoperta, posti munizioni senza cassette, cucine spente, guardafili di apparati ottici, conducenti muniti di radio, telefonisti addetti alle salmerie, generi privi di attrezzi... tutto proiettato in avanti! I rincalzi, i secondi scaglioni e le riserve non hanno ragion d'essere. Ecco: e par di vedere fucilieri che si dispongono per tre di fronte, accanto a un artigliere caduto che tiene la gambetta sopra il pezzo smantellato, come nelle vecchie oleografie... prima riga, a terra! Seconda riga, in ginocchio! Terza riga, in piedi! Ci sono già, ma l'ordine impartito così fa sempre un certo effetto. Appare Limone a cavallo con la spada balenante e ordina: "Crociatèt! Caricàt! Punt! Fuoco!" Ecco levarsi le nuvolette della fucileria come a Waterloo secondo le descrizioni di Stendhal. Non siamo ancora giunti a questo punto, ma poco ci manca. Perché bisogna sapere che Limone disprezza tutto quel che è moderno all'infuori dell'automobile, perché questa gli fa proprio comodo...

24 agosto
A San Giacomo e al passo dell'Aprica. Trascorriamo la notte appostati in una segheria: il nemico dovrebbe attaccare... e ci attacca a mezzogiorno, durante la distribuzione del rancio. Sono i bersaglieri, piombati all'improvviso. Segue il caos, come a Gravelotte durante la guerra franco prussiana del 1870... insomma, ci volete lasciar fare la guerra in santa pace e per conto nostro senza adunate inutili e senza esporci al ridicolo? ce la sappiamo cavare da soli senza Limonie  senza Gallinacci, lo abbiamo dimostrato. Ripieghiamo senza gloria e raggiungiamo in autocarro il passo dell'Aprica. Inizia una marcia notturna, senza meta. Riposiamo all'addiaccio in un prato irriguo e nessuno lo sa. Il Gallinaccio anche oggi ha fatto "orientamente" e ha detto:
- Vedono quel paese? Si chiama Pratile. Infatti, là c'è un prato. Però, se non ci fosse, sarebbe lo stesso. Quel costone impedisce di vedere un paese che è di dietro. Ma se Vasile viene con me vi faccio vedere il didietro.

25 agosto
Dal passo dell'Aprica a Tirano. Ci svegliamo immersi in uno specchio d'acqua che riflette in mille colori i raggi del sole nascente... questa notte hanno irrigato il prato e noi non ce ne siamo neppure accorti. La giornata è tragica perché Limone riesce a disorganizzare tutto. Mattino: manovre. Pomeriggio: rivista e partenza per Tirano. La rivista dimostra come ci si riduca dopo tante notti di veglia o di addiaccio e dopo tanti giorni di strapazzi inutili. Passa il duca di Bergamo, mentre nel quadrato dell'Accademia gli allievi svengono a gruppi e cadono irrigiditi sul presentat-arm. L'arrivo a Tirano è semplicemente pietoso: anche i nostri migliori atleti crollano nella polvere o sui margini delle strade, sfiniti per la mancanza di cibo, di acqua e di riposo, tutto "a vantaggio dell'aglieve"... abbiamo toccato il punto più basso. Bella esperienza anche questa!

26 agosto
Finalmente, è finita!


Giacomo Ferrera