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Prigionia in Africa (1943-1945) - di Giacomo Ferrera

 

 I disegni che si trovano

in questa pagina sono stati

eseguiti dall'autore del testo

e rielaborati da Teresa Ducci

e da Lucia Maria Izzo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo XI: Ritorno in Italia

...e quindi uscimmo a rivedere le stelle
(Dante, Inf. XXXIV, 139)

Un tenente colonnello inglese convocò per appello un certo numero di noi, fra i quali ero pure io, che chiamò ad uno ad uno e a ciascuno disse di essere venuto per incarico del governo italiano; chiese quindi se si voleva far parte dei gruppi italiani di combattimento. A ogni ufficiale pose una serie di domande riguardanti i suoi trascorsi, ma si aveva la sensazione che egli già conoscesse le risposte.

In quei giorni la guerra infuriava sulla linea gotica; nostre unità dell'esercito del sud erano già seriamente impegnate. Quindi il nostro rimpatrio poteva essere probabile, ma non sicuro.

Al termine del colloquio, rientrai in tenda insieme a un tenente carrista al quale domandai che cosa gli fosse stato chiesto.
- Voleva sapere dove avessi combattuto prima. Risposi: Spagna, con Franco. Domandò dove. Glielo dissi. Chi avevo di fronte. La brigata inglese Lister. Mi guardò fisso concluse: io ero con la brigata Lister. Si accomodi pure. Figuriamoci se quello adesso mi chiama! (1).

Io, poco convinto del buon esito della faccenda, ripresi il mio lavoro. Disegnavo la carta d'Africa, scala 1/30.000.000, cimelio che ancora conservo.

Intanto, si era sparsa la voce di questo probabile rimpatrio. Molti si diedero da fare, anche in modo sciocco, e indecoroso e maldestro, per offrire la loro pronta disponibilità a dare una mano a Sua maestà britannica per vincere la guerra in corso io continuavo a disegnare l'Africa, Golfo di Guinea. A sud del tropico del capricorno, in pieno Atlantico, c'è una e a annotazione: lavoro lasciato incompiuto il 5 aprile del 1945 causa comunicazione partenza. Purtroppo partivo soltanto io; i miei compagni di tenda restavano. Il distacco fu doloroso e commovente. Avevo salvato un'uniforme sahariana in ottime condizioni: la indossai, alzai gli stivali di pelle gialla, cinsi il cinturone di cuoio e finalmente attraversai una volta per tutte il cancello del recinto. Libero!

Fuori, i partenti erano già riuniti. Eravamo 35: paracadutisti della folgore, arditi della Spezia, i soliti guastatori giovani spericolati, quelli del battaglione San Marco... erano stati scelti soldati e non servi sciocchi per quanto riguardava me, forse sulla scelta influì anche quel capitano dell'intelligence di due anni prima, perché questi tipi hanno una memoria da elefante. Fummo trattati molto bene. Salimmo in treno alla stazione più vicina e via!

Durante una sosta alla periferia del Cairo vidi morire proprio davanti a me un soldato sudafricano. Era in un convoglio fermo accanto al nostro, si accorse che un bambino giocava sotto il vagone di un treno merci in movimento e si precipitò per salvarlo ci riuscii, ma fu preso dai respingenti di due vagoni e fece una morte orrenda per schiacciamento del torace. Venne quindi trascinato dai vagoni manovrati a spinta, nonostante i fischi e gli sbandiera menti di un segnalatore disperato e cercava di estrarlo da quella stretta mortale era un bel ragazzone e apparteneva a un reparto di boeri diretto in Europa. Ricorderò sempre il suo gesto generoso e la sua testa bionda ormai reclinata nella morte.

Il 15 aprile 1945 fummo imbarcati ad Alessandria, in seconda classe La nave era occupata da un gran numero di ausiliarie dell'esercito inglese dirette in Italia come noi per quanto sembri strano, il nostro contegno nei riguardi di tante fanciulle fu correttissimo: dovevamo dimostrare che meritavamo la fiducia riposta in noi, e lo facemmo.

Il 20 aprile 1945 si profilò davanti a noi il primo lembo di terra italiana su cui spiccava il bianco faro di galli poli. Mi stavano attaccati tre o quattro soldati rimpatriati con noi: erano muti, come impietriti, mentre grosse lacrime le rigavano i loro volti bruciati dal sole africano. Rivedevano la patria. Arrivammo subito a Taranto: ecco alcune delle nostre navi da guerra, le nostre bandiere, i nostri marinai che salutano sempre il giorno 20 aprile 1945 fummo trasferiti al centro alloggio numero due di Lecce. La Puglia ci accolse stendendo davanti a noi tappeti dei suoi verdi campi di grano e spargendo al vento i petali rosati dei mandorli in fiore. Come ci parve bella l'Italia! Ma lo era davvero.

da Lecce a Bari. Da Bari, su camionette, di gran carriera a Roma passando per l'Irpinia. Giunti nella capitale, alt: non occorreva più proseguire verso la linea gotica, che era crollata... La guerra era finita su tutti i fronti. Ma nel settentrione d'Italia la guerra continuava: ogni giorno giungevano notizie di ruberie, di saccheggi, di esecuzioni sommarie, di episodi di ferocia in a. Le brigate comuniste dei vari Audisio e Morandino, lungi dal disarmare, spadroneggiavano. La mossa era evidente: installare anche da noi lo stesso regime imposto con la nota tecnica alle nazioni dell'est europeo a Roma erano poi arrivati politici, molti dei quali lavoravano in tal senso colà ebbi occasione di vederne alcuni, piuttosto male in arnese; ma anni dopo già disponevano di residenze signorili e di ville ai monti e al mare. Ciò significa che servire il paese in politica rende molto, me ma servire la patria in armi un po' meno.

Gli anglo americani, allarmati per quello che accadeva nell'Italia settentrionale, sollecitarono l'invio di reparti italiani verso i grandi centri industriali del nord, e non ci lesinavano i mezzi. Autocolonne lunghe e ordinate, con traini di artiglieria, come munizioni, carburanti e servizi al seguito, si mossero e giunsero là dove si riteneva che l'esercito italiano fosse ormai inesistenti, con disappunto di chi aveva fatto la resistenza nelle formazioni rosse.

Si erano mosse le nostre unità di pronto impiego: le divisioni Legnano, Mantova, Friuli, Cremona, Garibaldi e reparti speciali come i battaglione San Marco, i reparti del genio pontieri e dei guastatori e altri ancora. A ciascuno di noi, giunti dall'Africa, fu dato l'ordine di raggiungere una di quelle unità

- Lei è assegnato alla divisione Mantova: parta subito!
- Signorsì!

 

Giacomo Ferrera