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Un cantante americano - di Giacomo Ferrera
I disegni che si trovano in questa pagina sono stati eseguiti dall'autore del testo e rielaborati da Lucia Maria Izzo.
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L'anno 1945 segnò la fine della guerra e indicò pure il punto di massimo degrado del popolo italiano: d'accordo, c'erano miseria, fame, lutti e rovine, ma tutto questo giustificava quell'andazzo solo in parte mentre c'era chi continuava una guerra personale per conto suo o per odio di parte o per regolare vecchi conti, altri cercavano di risolvere come potevano il problema di vita quotidiano, altri infine si scatenavano in canti, danze e manifestazioni di giubilo. Questi erano i molti e andavano in estasi per tutto quello che era americano: canti, musiche, ballo, moda, comportamento, linguaggio, costume. Proprio come facevano i loro padri, quando imitavano come scimmie i Francesi e ne prendevano a modello il sistema di vita. Vulgus vult decipi, ergo decipiatur (il volgo vuol essere ingannato, quindi lo sia!) così sentenziò un professore che era con noi, congedato dal servizio militare e in attesa di riprendere l'insegnamento con di altri suoi amici,a spasso come lui, trovò una soluzione temporanea, ma redditizia ed efficace: organizzare un'orchestrina con tanto di cantante americano, e come tale fu accuratamente scelto uno del gruppo, giovane e bello, con i capelli biondo oro, una rarità, il quale però cominciò a protestare. - Ma io non
conosco la lingua, so cantare, ma non come loro. Occorre una
preparazione che io non ho È così fu fatto. Organizzata alla meglio un'orchestrina, presero i dovuti accordi con le balere di diversi paesi o piccoli centri e dopo presentarono il cantante americano. Il successo fu strepitoso, tutti volevano conoscere da vicino quell'artista. Ma, finito lo spettacolo, subito via verso le località successive, e là il bimbo doveva riposare e non poteva rilasciare interviste. Proprio così: gli ammiratori, e le ammiratrici in modo particolare, seguivano questa orchestrina ambulante da un posto a un altro, anche se lontano, e un bel giorno bisognò porre fine al gioco affinché nessuno si accorgesse del trucco grossolano. Vulgus vult decipi... La gente vuole essere ingannata... ma non è del tutto scema. Gli autori della beffa,zitti zitti, tornarono alle loro normali attività o ne cominciarono di nuove, perché ci sapevano fare, in tutto. Ma la gente, da allora, è migliorata? Ne dubito.
Giacomo Ferrera
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