|
Missione negli Stati Uniti (agosto 1958 - giugno 1959) - di Giacomo Ferrera
I disegni che si trovano in questa pagina sono stati eseguiti dall'autore del testo e rielaborati da Adele Chiappisi, Maria Pompea Coluzzi, Teresa Ducci e Lucia Maria Izzo
|
Capitolo III: A Nuova Orleans Vacanza di alcuni giorni per la festa del Ringraziamento, molto sentita dagli americani. La scuola chiude, tutto si ferma. Che si fa? L'inglese, l'austriaco e io ci mettiamo d'accordo: ci dividiamo le spese e andiamo a Nuova Orleans, a folleggiare. Noi tre siamo sempre insieme, siamo soprannominati "i tre moschettieri"e potremmo fondare già fin d'ora l'Unione Europea. Le premesse ci sono tutte. Infatti il padre dell'austriaco fu fatto prigioniero sul carro suo dalle unità italiane in cui militava mio padre, nell'inferno di Doberdò; l'inglese, in Africa settentrionale, si beccò una pallottola in pancia da un mitragliere italiano e io poi fui catturato da quegli stessi inglesi, così si chiude il ciclo delle premesse storiche. Partenza in auto con abiti civili verso l'Alabama. L'inglese si mette a cantare "la marcia in Georgia" (1), famoso inno dei nordisti vittoriosi in marcia verso sud. Per fortuna, nessuno ci sente, perché qui i risentimenti sono ancora fortissimi, anche se la guerra civile è finita da ormai cent'anni di fatti, vediamo ovunque le bandiere della Confederazione degli Stati del sud, quella non a "stars and stripes" (a stelle e a strisce), ma a "stars and bars" (a stelle e a barre). La guerra civile si spense praticamente qui, gli ultimi scontri avvennero proprio a Columbus, in Georgia, dove un tempo gli indiani Creek vivevano tranquilli e in piena armonia con la natura. Anche nei piccoli centri abitati vediamo il monumento del soldato del sud: semplice, e re topo, cappello a larghe tese, arma al piede, pieno di dignità. Di tanto in tanto appaiono i ruderi delle residenze dei grandi piantatori di cotone, date sistematicamente alle fiamme durante la guerra di secessione. I camini sono rimasti dritti e, ancora affumicati, e si levano dalle macerie come piccole torri. Attorno, querce giganti dai cui rami pendono fiocchi biancastri di "Spanish moss", il muschio spagnolo, strano e pittoresco parassita di quelle piante. Presso le residenze bruciate, enormi magnolie i cui rami, toccando terra, hanno generato altre piante: su quei tronchi leggermente inclinati si potrebbe camminare in fila per uno. Sotto alle piante e lungo le strade crescono spontanee le azalee in cespugli enormi. Attraversiamo il fiume Chattahookee (nome indiano), La città di Phoenix, squallida e di cattiva fama perché il luogo di pesanti svaghi della guarnigione di Fort Benning. Siamo in Alabama: le tracce della guerra civile paiono scomparse. Montgomery,La capitale dello Stato, è tutta un giardino in fiore; le abitazioni sono linde e ornate di ferri battuti davvero a proseguire verso lo Stato del Mississippi. Verso sera ci fermiamo in un motel sull'autostrada. Ceniamo con una gagliarda bistecca, ci mettiamo come coperchio una bella bevuta di Bourbon e andiamo a dormire sbronzi, tanto per cominciare. L'indomani mattina, freschi come rose, entriamo nella Louisiana e ci sistemiamo nel soggiorno militare e che fu indicato alla periferia di Nuova Orleans. Da questo momento, riesce difficile seguire una cronologia dei fatti, perché si fa vita notturna e di giorno si va a mangiare, o a dormire qualche ora nei cinema. Anziché andare a far visita al padre gesuita,vado con i cattivi compagni in Bourbon Street, famoso per i locali notturni: là c'è da bere, da mangiare (volendo... meglio però andare altrove), ma un bel letto per riposare non c'è proprio. Invece, ci si può rischiarare la vista con audaci spogliarelli e dilettare l'orecchio con musiche e canzoni. Un marinaio, vecchio e ancora arzillo, si alza dal suo tavolo, si avvicina in estasi a una spogliarellista intenta a esibirsi, posò il bicchiere davanti a sé sul palchetto, ci si appoggia con i gomiti (si intende sul palchetto, non sul bicchiere), sta lì in adorazione e sogna beato paradisi terrestri. Tutto il cantiere vediamo "Volare", uno degli ultimi successi del festival di Sanremo; da un locale, una bella voce femminile canta: noun demintecàr chi t'ho voulutou tantou bini! Entriamo nella taverna del pirata Lafitte, ero e nazionale perché, durante la guerra d'indipendenza, difesa della città contro un attacco della flotta britannica inteso a riprendere possesso delle ricche colonie americane. L'astuto pirata assunse il comando dei difensori che gli organizzò noi sulla riva, ma fuori della portata delle artiglierie navali; cosicché, quando il corpo di spedizione fu sbarcato in bell'ordine, venne fatto a pezzi dai difensori (i "ragged continentals", i continentali straccioni)che combattevano protetti da balle di cotone. La vittoria fu ancora più fulgida di quella riportata a Sartoga nel 1777. Ma... Washington non lo seppe, data la distanza della lentezza delle comunicazioni. Comunque, la pace fu conclusa lo stesso. L'ambiente è molto animato. Un bel momento, qualcuno comincia a intonare "Dixie", l'inno nazionale dei sudisti. Tutti si alzano, si ricompongono e levano al cielo un coro possente cui subito si unisce l'orchestra. Al coro si oppongono protestando due marinai della flotta, evidentemente di sentimenti nordisti, ma vengono alzati di peso e scagliati in strada: me li vedo volare davanti! Due poliziotti giganteschi, che pattugliano la zona, si vedono piovere ai piedi i due marinai: li scavalcano e proseguono imperterriti, mentre il coro continua il suo canto fragoroso. Questa è Bourbon Street, famosa per i suoi ritrovi notturni. Oltre alla taverna del pirata, c'è il Gunga Den, il Saint Louis, il Dream room, il Sho' Bar, il 500 Club, dove si esibisce Lilly Christine, la donna gatto... e numerosi altri locali in cui dimenticare gli affanni quotidiani e rischiararsi la vita. In Saint peter Street, il gestore del bar Pat o' Brien regala il calice a chi riesce a bere tutto un cocktail denominato "uragano". Noi tre usciamo barcollando con in mano il recipiente, e ancora me lo conservo. Singolari spiritose certe incisioni sui bicchieri! Uno reca due tacche indicanti i livelli:
Trattasi di un nome assai spregevole dato agli avventurieri del Nord calati nel Sud durante il dopo guerra civile per comprare beni a prezzi fallimentari speculando sulla miseria. Di solito usavano un tappeto (carpet) avvolto per contenere le loro cose e lo usavano come valigia (bag). Da qui il nome, divenuto un vero e proprio insulto. Dopo una notte di bagordi sentiamo un certo languore e andiamo a mangiare qualcosa. Entriamo in un locale squallido deserto, data l'ora (è mattino presto), e mangiamo uova strapazzata nel lardo, ottime per chi è di salute cagionevole. Entra un gruppo di negri, suonatori ambulanti, e chiede se vogliamo musica. E come no! Dai, che ce la facciamo tonda questa baldoria! Porgiamo una manciatina di dollari. I suonatori, che non si aspettavano tanto, partono scatenati e improvvisano: uno spettacolo! Mai sentito nulla di simile: questo è il vero jazz! Sono in cinque, ma suonano come se fossero 50. La musica li eccita: cominciano a ballare, scavalcare con un balzo ogni ostacolo, a marciare in fila saltando da un tavolo all'altro, da una sedia all'altra, a girare attorno a noi, sempre suonando sempre pieno ritmo. Bravissimi! La musica è la colazione hanno fatto venire un po' di sete: che dite se andassimo... andiamo in centro, in un bar: vino bianco e ostriche. E poi a spasso per la città. A mezzogiorno, pranzo al famoso ristorante Kolb's. Conservato come monumento nazionale con gli stessi arredi del secolo scorso. Ci servono tacchino, piatto tradizionale della festa del Ringraziamento.il volatile, prima della cottura nel forno, viene farcito con un ripieno di cui gli americani sono voraci. Assaggio: sapore e aspetto sono di segatura di abete. Che delusione! Pomeriggio a dormire in un cinema, in una poltrona. Sera: di bel nuovo tuffo nella vita notturna di Bourbon Street. Ma un bel momento bisogna tornare alla scuola! Ripercorriamo la stessa via, domani si ricomincia. La bella vacanza è finita. Giacomo Ferrera
|