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Missione in Germania (1955) - di Giacomo Ferrera

 

 I disegni che si trovano

in questa pagina sono

tratti da stampe dell'epoca

e rielaborati da 

e Lucia Maria Izzo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo II - Partenza per la Germania

Arriva un dispaccio del Ministero: devo andare a Fuerth, in Baviera, presso un reggimento americano, ma non so perché. Ma dov' è precisamente Fuerth? E' una cittadina vicinissima a Norimberga, città che io ricordo come il Paese dei Balocchi attraverso un racconto a puntate apparso nel Corriere dei Piccoli quando ero bambino. Mica male come cultura!

Mi è compagno di missione un maggiore paracadutista che arriva da Roma, sosia di Clark Gable, il famoso attore americano visto in "Accadde una notte" e in "Via col vento"... ma c'è una lieve differenza: il nostro è leggermente più alto, più robusto; insomma, una bella copia rispetto all'originale. Parla italiano e francese, così nel totale abbiamo in comune quattro o cinque lingue. Viaggiamo insieme e giungiamo in treno fino al passo del Brennero.

Per attraversare l'Austria neutrale, facciamo sparire i berretti militari e ci copriamo le uniformi con gli impermeabili. Breve fermata a Kufstein. Vediamo la stazione animata da gente allegra, estroversa, che saluta, che sorride, che chiacchiera allegramente sotto le pensiline, mentre da noi le stazioni sono popolate da gente chiusa in se stessa, musona, frettolosa è scorretta.

Arriviamo a Norimberga e quindi a Fuerth. A noi si aggiungono due capitani olandesi, con i quali andiamo a cenare al circolo ufficiali. La lista delle vivande dice: cena olandese, a lume di candela, cioè alla luce incerta di qualche moccolo gocciolante infilato nel collo di una bottiglia di rum. Gli olandesi osservano tutto con aria smarrita. Il paracadutista, a quel punto, chiede con discrezione se in Olanda si ceni sempre così. Un gagliardo "no!" a due voci fa rintronare la sala.

Capitolo III - Con gli Americani

Adesso tocca a me essere accompagnato, una volta tanto! Posso così visitare guarnigioni, reparti in addestramento e seguirne l'attività diurna e notturna. Un bel momento, dopo un lungo percorso verso il confine cecoslovacco, sono introdotto in un bunker costruito a suo tempo dai tedeschi e colà vengo a conoscere i motivi per i quali sono venuto. Di solito sono con il paracadutista. Assieme, notiamo che, in qualunque circostanza e in qualunque ambiente, sia di giorno sia di notte, sia in guarnigione e sia nei boschi più sperduti, quando è una data ora, arriva da mangiare e da bere in quantità. Ben memori delle ristrettezze imposte da una guerra ancora recente e abituati a vivere con frugalità, ci serviamo di quanto ci basta; ma gli americani non fanno che masticare come tanti ruminanti. Tutti i loro alimenti arrivano da oltre oceano: montagne di scatolette, carne dal Montana, patate dall'Idaho, latte dal Maine, frutta e verdura dalla California e dalla Florida, perfino la lattuga, che giunge per via aerea. È noto che l'Europa non produce lattughe... l'insalata viene condita con una specie di schiuma da barba davvero poco appetibile; ma gli americani mangiano tutto.

Come loro festeggiamo la ricorrenza di non so quale solennità nazionale militare e, durante la mensa, al paracadutista scappa di dire:
- un bel momento, questi qui danno da mangiare anche alla bandiera!
Detto fatto! Per incanto, si apre la porta ed entra la bandiera di reggimento con alfiere e scorta d'onore: tutti si alzano in piedi e noi con loro, cercando di rimanere seri.

Tutto sommato, con gli americani si sta benissimo; ci troviamo in mezzo a gente cordiale, aperta ed espansiva. Il personale di servizio alle mense, agli alloggi e ai circoli non è militare, ma civile, tedesco e del posto: compie il suo lavoro con precisione, con diligenza e con zelo, ma con un senso di distacco che gli americani non avvertono.

Vengo accompagnato a visitare, dal di fuori, il cupo fabbricato in cui si svolse il famoso processo di Norimberga per i criminali di guerra. Ho l'impressione che per qualche imputato abbia pesato non un crimine forse mai commesso, mai il vae victis. Allo stadio di Norimberga c'è una grande rivista militare americana, con tutti i reparti schierati, ma è ben altra cosa rispetto a quel che ricordo di un film luce di parecchi anni fa, con quel mare di elmi perfettamente allineati e coperti, con tutte quelle bandiere al vento, con quegli "Heil" che arrivavano fino al cielo, con quei cori possenti che reco ancora impressi nella mente:

Die Strasse frei den grauen Battaillonen,
die Strasse frei dem Sturmabteilungsmann
(fate largo ai grigi battaglioni,
fate largo all'uomo dei reparti d'assalto!)

Quel grande stadio serve oggi come piazza d'armi, appare trascurato, qua e là spuntano erbacce; vi giungono in carrozzella alcuni tedeschi, mutilati di guerra. Sostano pensosi e osservano con occhi esperti le forze di azione. È facile immaginare cosa passi per la loro mente.

Torniamo alla sede, dove abbiamo gli alloggiamenti qui era una bella caserma della Luftwaffe. Sulla facciata c'è ancora una grande croce uncinata, costruita con mattoni a sbalzo; sul retro si distende un vasto campo d'aviazione dedicato all'asso tedesco Manfred von Richthofen, il famoso barone rosso. Davanti alla caserma si ferma il tram che porta alla stazione ferroviaria di Norimberga: buono a sapersi. Il paracadutista mi chiede:
- Come si dice "la stazione"?
- Si dice "der Bahnhof".
- Bene. Andiamo alla stazione. Davanti c'è una birreria, dove si può cenare un po' meglio che dagli americani.
In quel momento arriva il tram. Il paracadutista, seguito da me, sale, caccia la mano in tasca, ne cava una manciata di spiccioli, la porge al bigliettario, dice "Bahnhof!" e segna due con le dita. Il bigliettario prende con delicatezza i soldi occorrenti e consegna i biglietti. L'amico soddisfatto dice:
- Hai visto che ce la faccio da solo? Ma per tornare, come si dice "la caserma"?
- "Die Kaserne". Con due parole magiche come Bahnhof e Kaserne sei a posto per andata e ritorno.

 

 

Giacomo Ferrera