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Brutti tempi in vista (1939) - di Giacomo Ferrera
Le immagini che si trovano in questa pagina sono di Adele Chiappisi, Teresa Ducci e Liliana Manconi,
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L'anno 1939 non si era annunciato mica tanto tranquillo. Ero tenente e comandavo un Gruppo Caposaldi della Guardia alla Frontiera, forte di oltre trecento uomini. L'incarico sarebbe stato per un capitano; invece qui, come in altre situazioni analoghe, occorrevano ufficiali giovani, sportivi, sciatori, rocciatori, e non "addomi prominenti e facce badiali". Si cominciò con una prova di copertura della frontiera, su allarme, e ci fu un caduto: il caporale comandante del centro di fuoco più elevato, quello del Monte Gelas, oltre 3000 m, precipitato. Intanto, il nostro Capo del governo, nel 1939, pensò bene di occupare l'Albania, credendo di fare chissà quale acquisto. Nell'operazione cadde un tenente dei bersaglieri, mio compagno di corso a Modena, in Accademia. A sua volta Hitler, nel settembre del 1939, pensò bene di invadere la Polonia, e allora Francia e Inghilterra si dichiararono in stato di guerra con la Germania e le prime truppe inglesi sbarcarono in Francia. Per non perdere tempo, Hitler occupò Norvegia, Stati baltici, Slovacchia e tutto ciò che poté. A me giunse un messaggio alquanto strano, ma estremamente indicatore: dare i tempi di percorrenza per raggiungere i valichi alpini nei due sensi, dall'Italia e dalla Francia, il che, in questa stagione, può essere calcolato solo andando sul posto. Le Alpi Marittime, nel tratto a me affidato, corrono da est a ovest: verso la Francia si respira già aria di primavera, da noi invece è pieno inverno. Possediamo tre valichi alpini: Passo Pagarì, metri 2819, Colle delle Finestre, metri 2471, Passo delle Rovine, mentre 2775, quest'ultimo irraggiungibile nella brutta stagione. Occorre andare di persona, accertarsi e informare, e naturalmente al più presto; quindi, decisi di partire io con tre soldati di provata capacità, ognuno di noi con sci, racchette, ramponi, piccozza, viveri per due giorni, per controllare i tre valichi, cominciando dal Pagarì. Partimmo di sera, senza carichi, preceduti dai portatori i quali trasportavano ogni nostra cosa, mentre noi seguivamo alleggeriti; attraversammo il fondovalle, attaccammo il fianco della montagna, e poi su, fino al muraglione, primo ostacolo naturale. Colà, alt e ricambio dei carichi. Il Muraiòn è un passaggio a mezza costa sotto l'erta che sale al Pagarì, e si presentava chiuso e bloccato da enormi cumuli di neve farinosa. Aprii il passo buttando gran bracciate di neve nell'abisso laterale verso il fondovalle, passai dall'altra parte camminando cautamente sul ghiaccio, feci passare il primo soldato, poi il secondo, infine il terzo. Feci segno al mio vice, che mi aveva seguito, e ai portatori, di scendere e noi cominciammo a salire. Notte calma, luna splendente. Salimmo non in fila, ma affiancati e intervallati, in silenzio, lavorando di ramponi e piccozze, un passo alla volta, piano piano. La notte è lunga ed alquanto sicura perché non cadono di solito le valanghe. Dal fondovalle c'era chi si ci seguiva con l'occhio e con trepidazione: qui chi scivola finisce segato e infilzato sulle lame di ghiaccio che punteggiano l'enorme parete ghiacciata che stavamo risalendo; i tre soldati erano meravigliosi; procedevano lenti, calmi e cauti. Prima di perdere di vista il fondovalle, una ultima segnalazione con la torcia elettrica e l'ultimo saluto. Un ultimo sforzo ed eccoci in cima, sul passo. Spuntava l'alba e poi l'aurora, come calcolato. Eravamo a posto con i tempi di marcia. Il primo raggio di sole investì la parete della Maledìa, la montagna che affianca il Pagarì: una gigantesca fetta di roccia si staccò da quella parete e si ficcò dritta in verticale nel ghiacciaio, con un rombo del tuono e una gran nuvola farinosa, tutto sotto i nostri occhi. Facemmo una piccola sosta: cioccolata, zucchero e un sorso di cognac; poi giù per la Val Gordolasca! Eravamo sul versante sud, dove era già arrivato il primo tepore di primavera. Qui, sosta per un breve spuntino; poi salita, verso Nord aggirando tutto il massiccio del Monte Gelas, passando per il santuario di Madonna delle Finestre. Qui sosta per un breve spuntino. Poi cominciammo a salire verso il crinale alpino, oltre il quale avremmo ritrovato l'inverno più crudo. Salimmo, la neve riapparve e salendo il suo spessore gradualmente aumentò, facendoci rilevare piccole valanghe locali. Raggiungemmo il passo del Ladro, dove sostammo. Si aprì davanti a noi la vasta conca del Boreone, bianca di neve, e su in alto, sul crinale alpino, si intravedeva il Passo delle Rovine, sul quale infuriava il biancore della tormenta. Mentre stavo osservando l'ambiente, mi sfuggì uno sci e andò dritto per la china, piantandosi làggiù, a circa trecento metri da noi. E chi ce la fa a tornare senza sci? Scesi io a riprendere l'arnese, ma fu dura la risalita! Così, imparai a stare più attento in montagna. Un ultimo sforzo e superammo il Colle delle Finestre; subito al di là c'è il rifugio. Era quasi sera, accendemmo il fornelletto all'alcol, sciogliemmo un po' di neve nella gavetta per farci un brodo caldo, demmo fondo tutte le nostre provviste, cognac compreso, e a letto vestiti e calzati. Il rifugio era immerso nella neve, la sua temperatura interna era quella di un frigorifero: ma dentro c'era un cumulo di coperte e alcune brande. Al mattino, masticammo cioccolata e subito via, verso la nostra sede làggiù, in mezzo alle montagne. Poco dopo una sosta e un colpo di fucile per far cadere una valanga del Lombard; il rumore provocò la caduta di altre intorno a noi. Terminata la musica, proseguimmo fino alla zona di caduta della valanga del Monte Finestrelle: qui altro colpo di fucile e altra musica che fece rimbombare la vallata. Oramai eravamo fuori pericolo, e allora via, giù per l'infinita discesa volando sugli sci. Ecco la nostra casermetta! Già arrivati? Ma come avete fatto? Un telefono, subito! Chiesi collegamento per l'Ente che mi aveva domandato quei dati, l'ottenni subito come "operativo urgente", mi qualificai e dissi: - Ecco pronti i dati richiesti! Tempi di percorrenza dei terminali delle rotabili al crinale alpino: dal versante francese, solo parzialmente innevato, se ore; dal versante italiano, tutto innevato, due giorni. Valicabili solo il Passo del Pagarì e il Colle delle Finestre per unità alpine attrezzate a livello di compagnia, senza quadrupedi. Passo delle Rovine transitabile solo da pattuglie altamente specializzate per montagna. Dal telefono uno strano ronzio: mi avevano registrato! Gli eventi seguirono e si accavallarono. La Germania aggirò dal Belgio le poderose difese francesi della linea Maginot, attaccò la Francia con l'impeto delle sue unità corazzate, gli inglesi dopo una lunga ritirata rovinosa tornano a casa loro, i tedeschi il 14 giugno entrarono a Parigi in trionfo. E l'Italia? Il 10 giugno accorse in aiuto del vincitore. Giacomo Ferrera, 2005 |