|
Missione negli Stati Uniti (agosto 1958 - giugno 1959) - di Giacomo Ferrera
I disegni che si trovano in questa pagina sono stati eseguiti dall'autore e rielaborati da Lucia Maria Izzo e Gisella Malagodi
|
Capitolo VI: Il patto atlantico Qui sono l'unico italiano: perciò devo andare a Huntsville, nell'Alabama del Nord, al confine con il Tennessee, a rappresentare l'Italia nella ricorrenza della firma del patto Atlantico. Mi accompagna un ufficiale norvegese balbuziente, che a sua volta rappresenta come può la Norvegia. Arriviamo a Huntsville con un volo locale, ma non troviamo taxi. Un impiegato dell'aeroporto ci dice di prendere la sua vettura, tanto egli abita lì e non l'adopera per tutta la giornata. Grazie e via. Il norvegese è tecnico automobilista; quindi si mette alla guida. Lungo la via, notiamo due persone ferme in evidente difficoltà perché hanno il cofano del motore alzato e stanno armeggiando col motore. Il norvegese dice che quello è affar suo. Si ferma e domanda cosa ci sia che non va. Comprendiamo a stento quel che dicono i due, che poi sono marito e moglie, tanto che ci scappa detto: ma come parlano male, tutti questi americani! Guasto riparato: era un filo dell'accensione staccato. I due non finiscono di ringraziare, e si scopre che... sono norvegesi, che vanno a trascorrere un mese di vacanza in California dove hanno una casa... se vogliamo andare con loro... e magari! Andiamo invece alla base di Huntsville: missili da tutte le parti. Ho modo di studiarmi bene un "Saturno", uno di quelli che poi andranno sulla luna. quel bestione giace coricato, chiuso fra enormi muraglie di sacchetti di sabbia per timore di deflagrazioni. Sul più bello, una spia rossa si accende sul fianco di uno stadio. "Pink, stink!" (Rosso, puzzo! Cioè: pericolo), grida un americano. Arrivano i tecnici noi ci allontaniamo. L'indomani mattina, cerimonia. Ogni Stato che fa parte del patto Atlantico è rappresentato, oltre che da noi, da una leggiadra fanciulla di reclutamento locale che indossa una sciarpa con scritto il nome della nazione. Io, come Italia, mi trovo veramente bene: bellissima ragazza, la cui sciarpa scende dalla spalla destra al fianco sinistro, ondeggiando armoniosamente, capelli bruni con riflessi ramati, carnagione rosea e dorata. Non potevano scegliere meglio! A fine cerimonia mi rivolgo a un giornalista conosciuto nella circostanza del leone. Come potrei fare per rendere all' Italia l'omaggio di un mazzo di fiori? Il giornalista tutto premuroso si informa, torna e mi dice: si potrebbe benissimo, perché più tardi c'è un rinfresco, ma l'Italia è l'unica che manca. È già partita perché leggermente indisposta, qui non abbiamo l'indirizzo di casa. Al giornalista, che mi sta sempre accanto, chiedo notizie della famiglia della compianta Margaret Mitchell, mancata nel 1949, la famosa autrice di Via col vento. Egli mi dice di averla conosciuta e di essere molto amico del marito che vive solo, che abita proprio lì vicino ma che in questi giorni è fuori città Nel vicino Tennessee vive Stan Laurel, il famoso Stanlio, che con Oliver Hardi tenne allegre due o tre generazioni di spettatori; ma non c'è tempo per gli incontri! A mezzogiorno un capitano invita me e il norvegese a casa sua per il pranzo. Lo preghiamo di non disturbarsi, non vorremmo mettere la signora nell'imbarazzo... nessun disturbo! La signora apre il frigorifero e ci mette davanti due panini e una lattina di coca cola. Torno con il solito volo locale, prendo posto vicino ad un'ala e ammiro il panorama: colline di terra rossa ricoperta da boschi di pino. L'ala dell'aereo vibra, il ridetto di una lamiera si schioda, vedo saltare un secondo ridetto, senza aumentare le vibrazioni perché la lamiera si mette a un nulla. Qui finiamo per perdere un pezzo di ala... ma arriviamo a destinazione senza danni. Sono ripreso dal vortice dell'addestramento scolastico. Giacomo Ferrera
|