Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato
(Eugenio Montale, Spesso il male di vivere ho incontrato, in
Ossi di seppia)
Ci hanno chiesto quale modello seguiamo. Quale
modello pedagogico, formativo, operativo… quale tra i vari modelli che sono
stati e che sono oggetto di studio di tanti guru e mostri sacri della
comunicazione a distanza. Mi è venuto da dire che non seguiamo nessun
modello, che ce ne costruiamo uno giorno per giorno e sempre diverso, ogni
volta che ci incontriamo, ci parliamo al telefono, nel forum o sulla chat,
ogni volta che ci scriviamo una mail o che inventiamo una pagina web.
Modello “genio e sregolatezza”, se proprio vogliamo dargli un nome. Ma forse
è un po’ pretenzioso… caliamo.
Possiamo dire che il nostro è stato comunque un iter di formazione molto
atipico, molto sui generis. Sono i termini più scientifici e comprensibili
che mi vengono in questo momento. Se dovessi dire invece quello che mi viene
dal quore (e con sua buona pace anche mamma Ortografia può andarsene al
diavolo), ripeterei una frase fatta e scontatissima, operando una lieve
correzione. La frase dice: “facciamo il possibile… per i miracoli ci stiamo
attrezzando”. Ebbene, noi ci siamo attrezzati, ed ecco la correzione: il
miracolo lo abbiamo fatto. Sì, signori, perché la forza (in termini dotti mi
pare si chiami sinergia) che esce dal nostro gruppo è un miracolo. In quale
modello socio-inter-psico-peda- si collochi tutto questo, francamente non lo
so. Preferisco pensare che abbiamo scombinato i pedagogismi da manuale,
destrutturato il sistema decimale, destabilizzato l’atomo, sforato lo schema
metrico. Un po’ come il falco alto levato di Montale: la coda assurda – ma
assolutamente geniale – di un verso straordinario, un verso che “buca” la
gabbia dell’endecasillabo per volare, per volare alto. Il falco alto levato.
La voglia di volare, il piacere di volerlo fare insieme, il miracolo di
riuscire a farlo. Il propellente non è quello solito, però, non è quello
convenzionale: niente idrocarburi… inquinano, lo sappiamo tutti. E’ un mix
di entusiasmo, amicizia, affetto, professionalità, ma soprattutto di tanto,
tanto quore. E se qualcuno si azzarda a correggere, sappia che dovrà
sorbirsi dalla sottoscritta una lezione interminabile sulle potenzialità
intensive delle labiovelari. Quindi non lo faccia: ne andrebbe della sua
salute mentale.
Siamo un gruppo di insegnanti, è vero. Ma prima che insegnanti siamo
persone, siamo esseri umani, siamo amici. Normalmente, quando sei a scuola,
te ne importa abbastanza poco del collega della porta accanto. Del collega
online, poi, non te ne frega proprio niente, manco lo conosci. Noi ci
conosciamo, invece, e soprattutto ci vogliamo bene. Ed è molto, molto
diverso. E’ un rovesciamento di prospettiva, direi. Noi mettiamo sul tavolo
innanzi tutto la nostra voglia di comunicare, di stare insieme, di
divertirci e di cazzeggiare. Oopss… pardon. Nemmeno questo è un termine
adatto. Ok, ok, si chiama l’aspetto ludico, correggiamo. Il lavoro viene da
sé… non c’è bisogno di chiedere o di programmare, di stabilire obiettivi,
destinatari, risorse o tempi. Anche perché non si tratta quasi mai di
“lavoro” e basta. In genere sono idee, il che è un’altra cosa. Il lavoro è
indotto, è programmabile, quantificabile, ha un prezzo. Le idee, invece,
sono qualcosa di molto simile ai sentimenti… penso che ci siamo capiti. In
termini più consoni e conformi (a cosa, poi?), dovrei dire che la fase
operativa è il derivato naturale di una particolare attività creativa, che
costituisce la piattaforma di lancio del gruppo. Anche se nessuno di noi è
un genio. La genialità, se c’è, è un prodotto collettivo, un mosaico che si
compone con le tessere di tutti. Avere la consapevolezza di questo suscita
un sentimento che ritengo molto simile a quello che gli uomini – scienziati
e non – definiscono felicità.
In quale tipo di casistica questo rientri, lo ripeto, onestamente non lo so.
Forse, più che in una casistica, rientra in una casinistica. Se qualcuno
vuole prendersi la briga di studiarsela, faccia pure. Noi lo guardiamo
volentieri, ma – senza superbia, beninteso – dall’alto, come il falco. Il
falco alto levato.
POSTILLA: UNA LETTURA ARBITRARIA E ALLEGORICA DEL TESTO DI MONTALE
Leggetevi i versi di Montale… un poeta genovese, guarda caso…. Leggeteli
bene, meditateli, misurateli. Pensate al significato che normalmente viene
loro attribuito dalle antologie scolastiche, e che cerco di parafrasare a
modo mio: in questo schifo di mondo non ho mai conosciuto altro bene al di
fuori della divina Indifferenza, che è un prodigio, un miracolo, una
condizione tanto ottimale quanto difficile da raggiungere. E’ il distacco
nella consapevolezza, la capacità di non farsi travolgere dagli eventi e di
mantenere il proprio equilibrio e la propria indipendenza intellettuale. E
chi ce l’ha, questa divina Indifferenza, tanto divina da meritare
addirittura l’iniziale maiuscola? Ce l’hanno esseri lontani e non terrestri,
evanescenti e labili, come una nuvola, oppure oggetti statici, inanimati,
inattivi e muti come una statua che dorme sotto il sole. Ma ce l’ha anche il
falco, perché sa che può levarsi, andare in alto, andare lontano. E il falco
è vivo, è una creatura animata, dotata di moto proprio e di libero arbitrio;
proprio per questo “buca” lo schema fisso dell’endecasillabo e spicca il suo
volo oltre le barriere dei canoni formali. Fin qui ci siamo, mi pare: sono
cose già dette, già viste, già scritte.
Ora, però, provate a pensare al mondo della scuola, al nostro piccolo mondo.
Anche qui, raggiungere la divina Indifferenza è un prodigio non da poco.
Qualcuno ce la fa, però, e anche senza troppa fatica. Ce la fa il collega
che si isola nella sua torre d’avorio e che vive in una dimensione lontana,
tutta sua, come la nuvola; ce la fa il collega che subisce passivamente
perché non gliene può fregare di meno o perché non vuole fastidi, come la
statua. E ce la fa il falco. Ma qui le conclusioni le tirate voi, e magari
chissà… un giorno la letteratura socio-inter-psico-peda ve ne renderà
merito.
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