L'Epifania del Sole

 


APPARATO DIDATTICO

Di cosa si lamentava la Befana, in quel lontano gennaio?

Di cosa l'avverte il gatto?

E' vero il detto popolare: Santa Lucia , un passo da gallina? Perchè?

Cosa decise di fare, la Befana, quando si accorse che già si era fatta notte?

Chi incontrò durante il viaggio?

Cerca il significato delle parole: snob e zoticona.

Dove era intrappolato il sole?

Cosa vide, la Befana, nel fondo del mare?

Chi incontrò nel castello di ghiaccio?

Dove trovò il sole imprigionato?

Come lo liberò?

Dove lo lasciò?

Cosa pensò il gatto, al ritorno della Befana?

Cosa avrebbe ricevuto?

In quale dialetto, l'autrice, sente la Befana parlare?

Sottolinea le similitudini.

Descrivi la stanza della Befana e il palazzo del Re inverno

Trova il significato delle seguenti parole: bofonchiare, solstizio, costellazione, planetario, pagaiare, stalattiti, stalagmiti, coltri, ubbie.

“Mannaggia che freddo!!” bofonchiava la vecchia Befana curva sull’enorme sacco di giocattoli.
La grande antenata degli uomini era sì abituata al freddo, ma quel gennaio di tanti anni fa proprio non riusciva a smettere di battere i denti e dai e dai si stringeva nell’enorme sciarpone di lana, riattizzava il braciere colmo di carbone, ma nulla le dava tepore.
“Maramaooooooooooo!!! Maramaoooooo?! Maramàààààà!! Maàààààààà!!” miagolava il gattone assiepato sul vecchio e tarlato canterano della cucina della Befana… il paiolo bolliva, la polenta traboccava, la ballerina del carillon mandata a riparare dagli gnomi di Babbo Natale (riciclare!) si mise a ballare come se i miagolii l’avessero destata dal suo eterno sorriso (un po’ stolido, a dire il vero), il cucù stridette le ore, la Befana urlò:
“E che vuoiiiii!!!??? Maramao maramè, ma tu cche vuò a’me!?”
E già, perché la Befana parla tutte le lingue, ognuno la capisce nella sua, io oggi la sento in napoletano. Il gatto miagolando le segnalò con la zampetta la finestra, la Befana si affacciò da dietro i vetri ricamati di brina, si girò verso il cucù e capì l’arcano!!
“Ahhhh, Marameo maramèèèèè, cchesto vulive dicere a mme?! Già si è fatta notte, che strano segno è questo?”…ogni tanto la sento in italiano, la Befana!
Voi sapete, bambini e grandi, che quando arriva la Befana già le giornate si sono allungate un pezzettino (“un passo da gallina”, diceva nonno mio), ma quell’anno remoto no, quell’anno sembrava che tutto fosse fermo e che Santa Lucia (mi si perdoni il detto!) si fosse davvero rubata la luce del sole!
“Ecco il freddo, ecco perché la ballerina sembra più addormentata del solito, ecco perché i cavallucci della giostra sembrano nu’ poco sturduluti e ‘sti travoni (“questi carboni”: traduco nella vostra lingua, grandi e bambini!) sembrano spenti tanto son freddi!”.
Non era poi vero che i carboni erano freddi, ma alla Befana piace esagerare. La Befana rimuginò ma solo per un attimo, poi via di corsa, a cavallo della scopa più vecchia che voi abbiate mai visto, mentre tramontana e gelo facevano dello scialle di lana una vela tesa verso le stelle.
“Ti vengo a cercare io, sole del solstizio, o’ sole miooooooo!” urlava la Befana, mentre le parole ghiacciando appena uscite dalla bocca apparivano come un festone in cielo.
La luna, che birichina si affacciava dal tendone nero del cielo, afferrò un pezzetto di parola, la “o” del sole, se proprio siete curiosi di saperlo, la usò come timone e corse dalla Befana (e quel giorno, è bene dirlo, il cielo sembrava strano, le stelle brillavano di tramontana, la via lattea sembrava un enorme gelato alla vaniglia, tanto era fredda, ma il colmo della stranezza fu quando la luna si mise a correre dietro la Befana: il cielo si smosse tutto, qua buio là luminoso, una danza pazza!).
“Vecchia Befana, dove voli urlando?!Attenta, la polvere della tua scopa sta creando un’altra costellazione non autorizzata, bisognerà ridisegnare il planetario!”.
La luna, lo avrete capito, era un po’ snob, la Befana invece no e bofonchiando le disse:
“Signora tumistufi, iiiihhhh! E cche vulite?! Cerco il sole! Devo chiedere il permesso vostro?!”.
“Ah, ma allora potevate dirlo: il sole è intrappolato in fondo al mare!” e la luna tirò in su il nasetto dispettoso fermamente intenzionata a non aggiungere parola: già si pentiva di avere aiutato quella vecchia zoticona.
FFFffffffrrrrrrrrrrrrrrrr ssssbuunnnnnnnn sbemmmmmmm!! La scopa già virava in basso, a capofitto la Befana arpionava con le vecchie scarpe spaiate l’aria nera, glub glub glub…
“Ah, com’è fffrrrrredddo il mar!” canticchiava sull’aria di una vecchia canzone… beh, per la canzone il mare è “profondo”, ma a gennaio e di notte pare più freddo che profondo.
La Befana precipitò negli abissi, la scopa pagaiava nella notte eterna del mare, quando ad un tratto una luce abbagliò scopa, Befana e sacco di carbone. Un enorme palazzo di ghiaccio si stagliava davanti ai suoi occhi, sirene e tritoni facevano da corona ed una schiera di cavallucci marini guardava un po’ altezzosa la vecchia scopa, veicolo ignoto nel mare.
“Faciteme trasì!” urlò la Befana e a forza di scopa entrò nel maniero… barbagli di luce, diamanti di ghiaccio, perle di brina, fiocchi di neve a festone. Uno splendore! Perfino la Befana, che di solito bada al concreto e poco si cura dell’arte, girava ammirata gli occhi da ogni lato, mentre il nasone bitorzoluto, come vivesse di vita propria, ammiccava.
Quando fu al cospetto del Re Inverno la Befana si riscosse dall’ammirazione:
“Ahhh, accà ‘sta o’ Re!! E faciteme sapè, fatemi sapere signor re, o’ ssole addò sta?! Il sole dov’è?!”, era la solita Befana, ardita e per nulla in soggezione.
Quando aprì bocca per parlare, Re Inverno ghiacciò tutto:
“Vecchia! Il Sole è qui e qui resterà, gli abissi hanno freddo e sono stanchi di buio!”.
Il tono era di quelli che non ammettono replica, le parole del re, ghiacciate appena uscite dalla bocca, formavano per aria una specie di sentinella armata: le T, le I avevano tutte spuntoni di ghiaccio, stalattiti e stalagmiti nate dalla bocca del Re! Ma altro ci voleva, per scoraggiare la Befana. Scosse il ghiaccio che l’alito del Re le aveva buttato addosso, saltò sulla scopa e cominciò a svolazzare nel palazzo, senza che alcuno potesse fermarla. In una stanza nascosta da coltri di alghe, dopo lunga ricerca, la Befana, ormai stanca, vide decine di elfi che gettavano palate di ghiaccio verso le pareti, come per rafforzarle. Le ci volle poco per capire:
“IL SOLEEE!!!”.
Era proprio il sole che, imprigionato in una splendida stanza cercava con i suoi raggi di sciogliere la prigione.
“Arrivo!” urlò la Befana. Rovesciò il sacco pieno di carboni che nemmeno gli abissi e il ghiaccio erano riusciti a spegnere, perché sono pieni dei desideri dei bambini e quelli, si sa, sono sempre ardenti.
Il ghiaccio si liquefece in un attimo, il sole scivolò flessuoso come un nastro d’oro nel sacco, la Befana colse al volo l’attimo di smarrimento degli elfi e con un balzo potente, spinta dalla magica polvere del sole, fu fuori degli abissi.
“O sole mio” borbottava di nuovo scontrosa “m’avete fatto piglià a’ freve, la febbre, non capite?! Tanto è il freddo che m’aggio pigliata peì vve venì a piglià”.
“Signora, vi prego” disse il sole “potrebbe essere disdicevole per me apparire da un sacco…E poi è notte, se apparissi ora la gente si spaventerebbe: lasciatemi qui su questa nuvola, domani apparirò e sarà festa per tutti. Grazie a voi, che tutti chiameranno EPIFANIA”.
“Ma qua’ Epifania” borbottò la Befana “sono e resto la Befana per grandi e ppe’ ccriature!”.
Capì, però, le esigenze del sole e del resto neppure a lei, da sempre signorina, piaceva farsi vedere con un uomo. Scaricò il sole dal sacco dietro una nuvola fosca, la notte stese il mantello nero e …sbunnnnn sbbbemmmmmmmmm, pufff! La Befana ripiombò dalla cappa del camino nella cucina di casa sua.
“Marameooooooooo maramèèèèèèè”, si spaventò il gatto destandosi davanti al focolare.
“E taci! E mo’ rimettiamoci ad acconciare i giocattoli rotti! Domani è il 5 gennaio e so io che nottata mi tocca, la scopa s’è pure rotta…”.
Il gatto sorrise al fuoco, abituato alle ubbie della Befana borbottona; egli ben sapeva che, la notte del 5, tutto sarebbe stato al suo posto: scopa, giocattoli, carbone e, per lui, una bella coppia di alici salate.

 


a cura di Marisa Galiani e Paola Lerza