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Ci troviamo nel laboratorio di
informatica. I bambini a gruppi di tre si dispongono nelle postazioni,
aggregandosi spontaneamente. Dopo un po’ di tempo, in un gruppo si
levano discussioni accese. Mi avvicino per conoscerne la causa. Una
bambina polemizza con gli altri componenti che, a suo dire, non la fanno
lavorare a sufficienza. Gli altri due compagni lamentano, con
atteggiamento scocciato, il fatto che la bambina è dispersiva e, con
le sue continue interruzioni, non permette di portare avanti il lavoro
deciso insieme.
Questa situazione si è verificata in una classe quinta qualche tempo fa.
La mia reazione , secondo Gordon, ha impoverito la mia comunicazione con
questa bambina. Ho cercato di “persuaderla con argomentazioni
logiche”; le ho detto, infatti:” Se tu interrompi continuamente il
lavoro, rischiate davvero di non ultimarlo. I tuoi compagni sono
preoccupati per questo motivo”. Questo messaggio ha offeso la bambina
che, forse, si è sentita responsabile della poca ‘produttività’ del
gruppo.
Sono continui i momenti in cui noi insegnanti ci troviamo di fronte a
situazioni diverse che hanno come protagonisti bambini distratti, poco
motivati, polemici; bambini che non partecipano in maniera costruttiva a
discussioni, attività scolastiche, anche di gioco.
Quali che siano siano i motivi alla base di questi problemi, Gordon suggerisce
l’ascolto attivo, che egli chiama tecnica di aiuto. Già,
l’ascolto attivo. Al contrario, capita spesso che quando un bambino ha
un problema (o almeno a noi sembra così) ci viene spontaneo di
parlargli, piuttosto che ascoltarlo. E spesso, parlandogli, esprimiamo –
anche in buona
fede – giudizi di valore sul suo comportamento, che possono
compromettere la nostra comunicazione con l’altro.
Gordon individua dodici errori, da lui chiamati “ostacoli” alla
comunicazione.
Ostacoli in cui ognuno di noi, come insegnante e non solo, può
incorrere:
-
ordinare
-
avvertire, minacciare
-
esortare, moraleggiare
-
consigliare, suggerire soluzioni
-
persuadere con argomentazioni logiche
-
giudicare, criticare, biasimare
-
complimentare, approvare
-
umiliare, ridicolizzare
-
interpretare, analizzare
-
rassicurare, simpatizzare
-
informarsi, interrogare
-
schivare, deviare, beffarsi
Gordon precisa inoltre che
questi errori di comunicazione sono da considerarsi tali solo nel caso
in cui noi insegnanti pensiamo che il problema appartenga solo al
bambino. Nel caso contrario, se la relazione interpersonale è già
positiva, consigliare, scherzare , … non influiscono
negativamente nei rapporti.
I dodici errori sono tali proprio perché veicolano messaggi di
non-accettazione, e come tali possono essere intesi da un bambino
particolarmente sensibile, che vive situazioni, anche momentanee, di
disagio o di difficoltà.
‘Saper ascoltare’, dunque, prima ancora che ‘saper parlare’ è un ottimo
mezzo per entrare in empatia con l’altro, quasi una spersonalizzazione,
per capire un ‘altro’ punto di vista. E si tratta evidentemente anche di
percepire il ‘non detto’, che viene trasmesso con il comportamento, con
i gesti, con lo stile proprio della persona altra.
Ritornando all’esempio iniziale, se io stessa avessi usato l’ascolto
attivo, forse quella situazione avrebbe avuto un altro finale.
Voglio proprio pensare a una diversa conclusione!
Maestra: “Che cosa succede?”
Bambina: “Non mi fanno lavorare. Stanno usando sempre loro due il
computer.”
Maestra: ” Ti ascolto. Vuoi dire altro?”
Bambina: “Non accettano, poi, i miei suggerimenti sul lavoro che stiamo
facendo.”
Maestra: “E questo ti dispiace?”
Bambina:”Sì, perché mi piace molto questo lavoro.”
Maestra: “Che cosa vorresti fare?”
Bambina: “Potrei disegnare una sequenza del fumetto. Posso anche cercare
di non criticare sempre le proposte dei compagni”
Maestra:” OK! Hai trovato una buona soluzione”
In questo modo, la comunicazione appare facilitata. Nessun autoritarismo
o permissivismo; nessun rapporto di forza. La bambina non si sente
incompresa, né colpevolizzata; anzi, ha trovato una soluzione personale
al suo problema.
Sì, per quanto faticoso, esercitare l’ascolto attivo può davvero
favorire un processo relazionale efficace e, al tempo stesso, accrescere
le proprie potenzialità comunicative e la propria abilità nel risolvere
situazioni problematiche.
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