COmunicazione per
immagini
La nostra vita
quotidiana è intrisa di immagini, la rappresentazione visiva delle cose,
infatti, è il tramite tra noi ed il mondo che ci circonda: un flusso
continuo di immagini ci investe costantemente nel nostro quotidiano.
Quindi visto che la virtualità, il multimediale fanno ormai parte del
nostro quotidiano, anche nella
comunicazione virtuale spesso si ricorre alle immagini per rendere più
immediato un concetto scritto, che altrimenti, senza intonazione vocale
potrebbe essere facilmente frainteso..
Il potere
dell’immagine è superiore al linguaggio scritto e parlato, perché offre
dei messaggi tra emittente e destinatario che vanno al di là della
condivisione di regole sintattiche. L’immagine può essere utilizzata
per ottenere una maggiore efficacia comunicativa e, in ogni caso, la
sua interpretazione è sempre possibile, la sua percezione è diretta,
anche se potrebbe non avere un significato univoco: ogni immagine, oltre
a descrivere un elemento della realtà, è essa stessa un elemento della
realtà, ma rappresenta anche qualcosa di diverso, i cui significati
dipendono dallo spazio, dal tempo e dalle situazioni.
Le immagini comunicano, sempre e comunque, hanno il dono della
comprensione immediata e sono in grado di suscitare emozioni in chi le
osserva. Con ogni immagine abbiamo un rapporto dialettico che stimola
le nostre interpretazioni: l’immagine è sia una pura espressione
artistica, ricreativa, sia il veicolo per influenzare le nostre scelte o
per attirare la nostra attenzione.
Un messaggio visivo può associare più immagini
contemporaneamente, fornendo la sintesi immediata di un avvenimento,
oppure può stupire coinvolgendo emotivamente chi lo riceve.
Queste caratteristiche contribuiscono a definire l’efficacia della
comunicazione. L’incisività del messaggio visivo viene spesso utilizzata
per convincere le persone e per condizionarne il pensiero. Per questo
motivo le immagini non devono essere assorbite passivamente, ma devono
essere sempre sottoposte a un controllo critico da parte di chi le
riceve. Una possibile guida di orientamento potrebbe basarsi su questi
punti:
-
domandarsi da chi
le immagini sono proposte (inviate, trasmesse) e a quale scopo;
-
confrontarle con
altre sullo stesso tema;
-
assicurarsi che
corrispondano alla realtà e non siano state manipolate;
-
valutare quanta
parte di realtà e quanta parte di immaginazione contengano.
Come realizzare
un’immagine che produca determinati effetti? Tutto sta
nell’individuare la natura della comunicazione che si vuole affidare
all’immagine, perché trasmettere un’emozione è diverso
dall’informazione che si dà sull’ identità dell’ oggetto
raffigurato.
A questo punto, nella creazione di un’immagine, potrebbero
intervenire l’applicazione delle teorie sul colore e delle tecniche
di rappresentazione, come disegno, fotografia, pittura….
indispensabili, inoltre, le teorie sulla percezione ed i meccanismi
con cui il nostro cervello, fisiologicamente e meccanicamente,
percepisce il mondo e lo interpreta. Tra queste, sono fondamentali
la teoria della Gestalt (*) e lo studio degli effetti
ottici(**). Ma considerando queste teorie si va poi oltre
quello che è una semplice immagine creata o prelevata da un archivio
che viene inserita alla fine o al posto di un testo che aiuti a
comunicare meglio un concetto solo scritto.
(*) La
psicologia della Gestalt (dove la parola tedesca Gestalt
significa forma), detta anche psicologia della forma,
è una corrente psicologica che nacque e si sviluppò agli inizi del XX
secolo in Germania (nel periodo tra gli anni '10 e gli anni '30),
per poi proseguire la sua articolazione negli USA, dove i suoi
principali esponenti si erano trasferiti nel periodo delle
persecuzioni naziste (Wikipedia)
http://it.wikipedia.org/wiki/Psicologia_della_Gestalt
(**)Un
fenomeno ottico é un evento visibile che risulta
dall'interazione di luce e materia
Una
illusione ottica è una qualsiasi illusione che inganna
l'apparato visivo umano, facendogli percepire qualcosa che non è
presente o facendogli percepire in modo scorretto qualcosa che è
presente. Le illusioni ottiche possono manifestarsi naturalmente o
essere dimostrate da specifici trucchi visuali che mostrano
particolari assunzioni del sistema percettivo umano (Wikipedia)
http://it.wikipedia.org/wiki/Fenomeno_ottico
http://it.wikipedia.org/wiki/Illusioni_ottiche
i
Uso delle emoticon
Non poter accompagnare le parole
con le inflessioni della voce e le espressioni del viso, può portare
ad una certa ambiguità, e spesso è difficile capire se il nostro
interlocutore sta scherzando o meno, così come percepire l’intensità
di un concetto. Capita che una semplice osservazione si trasformi in
un severo rimprovero, una battuta di spirito in un’odiosa
sottolineatura di una nostra mancanza, e così via.
Per ovviare a questa carenza espressiva della comunicazione scritta,
sono nate le emoticon, ovvero le “faccine” che
compaiono praticamente in ogni comunicazione mobile che
scriviamo.
La forma di paralinguaggio che chiamiamo emoticon
(dall’unione delle parole emotion e icon) altro non è
che una sequenza di caratteri, come :) o :-), volta a rappresentare
un’espressione facciale e/o a trasmettere un’emozione.
Un po' di storia
Pare che la prima emoticon sia nata il 12 aprile 1979 in
una e-mail di Kevin MacKenzie inviata agli iscritti di MsgGroup (una
delle prime BBS via Internet) in cui suggeriva di introdurre un po'
di sentimento nei freddi testi dei messaggi, ma la sua proposta non
venne presa in considerazione, anzi fu molto criticata.
Secondo una ricerca di Mike Jonesun della Carnegie Mellon School of
Computer Science del febbraio 2002, la prima emoticon sarebbe stata
utilizzata invece il 19 settembre 1982 in un messaggio
apparso in una BBS della Carnegie Mellon University da Scott E.
Fahlman per sottolineare l'ironia di una sua frase, poiché spesso un
commento umoristico non veniva preso per tale e dava adito a
interminabili discussioni. Questa volta la proposta ebbe successo.
Secondo altri, l'emoticon non sarebbe altro che una stilizzazione
dello smiley realizzato da Harvey R. Ball e molto di moda
negli anni 70 e 80.
Quale che sia l'origine delle emoticon, sono entrate ormai nella
consuetudine della comunicazione scritta, contribuendo ad arricchire
e, perché no, a portare un po’ di calore nei messaggi
elettronici, aiutandoci a ricordare che dietro quelle stringhe
generate da sequenze di 0 e 1 ci sono pur sempre due esseri umani
che comunicano.
Il fenomeno
degli emoticons è, probabilmente, uno degli aspetti più curiosi e
simpatici che ha rivoluzionato il modo attuale di comunicare on-line
semplicemente cercando un
mezzo giocoso
per
risolvere problemi di comunicazione tra persone. Spesso, infatti, in
questo genere di scambi, esistono concrete difficoltà nell'esprimere
con efficacia uno stato d'animo tra due o più persone.
In effetti le emoticon sarebbero delle reinterpretazioni stilizzate
dello smiley di Harvey R. Ball. Harvey aveva creato lo "smile"
(una palla gialla con disegnato due occhietti, ed una bocca
sorridente) nel 1963, su commissione di due aziende del
mondo delle assicurazioni, per risollevare il morale dei dipendenti
dopo la loro fusione (che creò la Allamerica Life Insurance
Company).
Questa piccola controversia sulla reale paternità della prima
emoticon, conferma quanto la nascita degli smiley abbia una propria
lunga storia alle spalle.
È fuori discussione comunque, che oggi le emoticon siano uno
strumento valido ed utile per comunicare e relazionarsi on-line,
l'uso che ne viene fatto è estremamente ampio in tutte le parti del
mondo.
Una curiosità: i giapponesi, noti per avere dei caratteri somatici
particolari, hanno cercato di re-interpretare alcuni di essi, per
avvicinarsi maggiormente al loro modo di comunicare.
(tratto da
Wikipedia e Microsoft.Italia.telefonia)