Comunicazione del senso, senso della comunicazione

 (di Sonia Solomonidis)

 
 

Un esperimento sulla visione binoculare è stato condotto su due gruppi di culture differenti: “Quando a dei latinoamericani e a dei nordamericani vengono mostrate due immagini simultanee di una corrida e di una partita di baseball, i latinoamericani tendono di più a vedere la corrida mentre i nordamericani vedono soprattutto i giocatori di baseball. In un esperimento parallelo alcuni soggetti sono esposti a delle immagini simultanee di una donna nuda e di una vestita: pochissimi vedono la donna vestita.” (da R. I. Haley, Segmentazioni per vantaggi).
Risulta, dunque, da prove effettuate, che la nostra mente “seleziona” dalla realtà solo le informazioni che corrispondono al suo schema di riferimento pre-esistente.
Un problema nella comunicazione nasce quando è sempre lo stesso “frame” (modello) a decidere quando e cosa cancellare, e vengono eliminate quelle informazioni che, sebbene indispensabili, sarebbero destabilizzanti di quel frame.
Accade, perciò, che in un dialogo, quando non ascoltiamo attivamente l’interlocutore per comprenderne il punto di vista, cerchiamo nelle sue parole spunti di conferma al nostro e non trovandolo…
Ė, dunque, partendo da questa osservazione che, come già altrimenti detto, è fondamentale avviare un buon percorso di conoscenza di se stessi.
Partiamo da noi per esprimerci, e partiamo dal nostro interlocutore  per “comprendere”. Quando, infatti, i nostri atteggiamenti ci paiono clamorosamente fraintesi, si creano notevoli interferenze nel processo comunicativo. Dovremmo, perciò, aver sempre presente che la comunicazione è l’ingenerarsi di un binario/strada tra due poli, e che tale binario deve poter essere percorso in entrambi i sensi di marcia, sgombro dagli ostacoli di una qualsivoglia pre-supposizione, di un qualunque pre-giudizio. In caso contrario, per dirla col mio professore di Matematica delle medie, tenteremmo una somma tra patate e cipolle, che anche sommate, continuerebbero ad essere tot patate e tot cipolle, e continueremmo a interrogarci sul significato di somma, se essa rappresenti o meno la “composizione” degli elementi, la loro “risultante”.
Altrettanto importante è l’attenzione che dovremmo porre a quanto scriviamo e leggiamo, a quanto diciamo ed ascoltiamo, per superare, per quanto sia possibile, e spesso non è facile, le pre-istanze di cui sopra. L’estrema difficoltà dell’operazione può essere affrontata costruendo uno “schedario di rappresentazioni prefabbricate” in volontà comune, perché un riferimento comunicativo faccia capo ad un codice volontariamente condiviso.
Mente sgombra ed animo sereno, feedback costante ed “enciclopedia” comune, sono elementi imprescindibili per la ricerca del “senso” che dobbiamo mettere in essere spontaneamente quando decidiamo di comunicare. Già, “decidiamo”, perché l’operazione a monte dovrebbe essere proprio la decisione di immergersi nel processo, non guardarlo dall’esterno per valutare, ma muoversi al suo interno con le dovute cautele e consapevolezze.
Jacobson nei Saggi di linguistica generale ha scritto che egli ritiene particolarmente rilevante la stretta correlazione di due princípi, dell’autonomia e dell’interdipendenza. Limitandoci all’osservazione del primo, rischieremmo l’isolazionismo, concentrandoci solo sul secondo, misconosceremmo l’autonomia di un campo determinato a vantaggio di norme volte a dimostrare la sua dipendenza unilaterale da un altro campo. Il dualismo dei poli, dunque, si ripropone qui drammaticamente.
La riflessione è complessa e difficilmente riuscirei, riusciremmo, a raggiungere un solo risultato/risposta, pragmaticamente. Queste poche righe, dunque, meglio sarà portarle in conclusione con una raffinata composizione di Franco Fortini, non peregrina se vogliamo ben guardare, che scrittore e lettore sono due dei possibili poli di cui prima dicevo. La lascio, dunque, all’attenzione di ciascuno, perché si continui a pensare, o si cominci, quale straordinaria ricchezza sia intendere insieme il cerchio e la  fiamma, secondo lo straordinario linguaggio di Hauser, il segno conchiuso e la retta, per essere meno poetici.

 Reversibilità

Anassagora giunse ad Atene
che aveva da poco passati i trent'anni.
Era amico d'Euripide e Pericle.
Parlava di meteore e arcobaleni.
Ne resta memoria nei libri.

Si ascolti però quel che ora va detto.
Anche la grandissima Unione Sovietica e la Cina
esistono, o l'Africa; e le radio
ogni notte ne parlano. Ma per noi, per
noi che poco da vivere ci resta,
che cosa sono l'Asia immensa, il tuono
dei popoli e i meravigliosi nomi
degli eventi, se non figure, simboli
dei desideri immutabili, dolorosi? Eppure
- si ascolti ancora - i desideri immutabili
dolorosi che mordono il cuore nei sonni
e del poco da vivere che resta
fanno strazio felice, che cosa sono
se non figure, simboli, voci,
dei popoli che mutano e si inseguono,
degli uomini che furono e che in noi
son fin d'ora? E così vive ancora,

parlando con Euripide e con Pericle
di arcobaleni e meteore, il filosofo
sparito e una sera d'estate
ansioso fra capre e capanne di schiavi
entra ad Atene Anassagora.

(da Franco Fortini, Reversibilità, in Poesie inedite, a cura di P. V. Mengaldo, Einaudi 1997, p. 27)

 

                                                                                                                                                                         

 

                                                                                                   
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