Un esperimento
sulla visione binoculare è stato condotto su due gruppi di culture
differenti: “Quando a dei latinoamericani e a dei nordamericani
vengono mostrate due immagini simultanee di una corrida e di una
partita di baseball, i latinoamericani tendono di più a vedere la
corrida mentre i nordamericani vedono soprattutto i giocatori di
baseball. In un esperimento parallelo alcuni soggetti sono esposti a
delle immagini simultanee di una donna nuda e di una vestita:
pochissimi vedono la donna vestita.” (da R. I. Haley, Segmentazioni
per vantaggi).
Risulta, dunque, da prove effettuate, che la nostra mente
“seleziona” dalla realtà solo le informazioni che corrispondono al
suo schema di riferimento pre-esistente.
Un problema nella comunicazione nasce quando è sempre lo stesso
“frame” (modello) a decidere quando e cosa cancellare, e vengono
eliminate quelle informazioni che, sebbene indispensabili, sarebbero
destabilizzanti di quel frame.
Accade, perciò, che in un dialogo, quando non ascoltiamo attivamente
l’interlocutore per comprenderne il punto di vista, cerchiamo nelle
sue parole spunti di conferma al nostro e non trovandolo…
Ė, dunque, partendo da questa osservazione che, come già altrimenti
detto, è fondamentale avviare un buon percorso di conoscenza di se
stessi.
Partiamo da noi per esprimerci, e partiamo dal nostro interlocutore
per “comprendere”. Quando, infatti, i nostri atteggiamenti ci paiono
clamorosamente fraintesi, si creano notevoli interferenze nel
processo comunicativo. Dovremmo, perciò, aver sempre presente che la
comunicazione è l’ingenerarsi di un binario/strada tra due poli, e
che tale binario deve poter essere percorso in entrambi i sensi di
marcia, sgombro dagli ostacoli di una qualsivoglia pre-supposizione,
di un qualunque pre-giudizio. In caso contrario, per dirla col mio
professore di Matematica delle medie, tenteremmo una somma tra
patate e cipolle, che anche sommate, continuerebbero ad essere tot
patate e tot cipolle, e continueremmo a interrogarci sul significato
di somma, se essa rappresenti o meno la “composizione” degli
elementi, la loro “risultante”.
Altrettanto importante è l’attenzione che dovremmo porre a quanto
scriviamo e leggiamo, a quanto diciamo ed ascoltiamo, per superare,
per quanto sia possibile, e spesso non è facile, le pre-istanze di
cui sopra. L’estrema difficoltà dell’operazione può essere
affrontata costruendo uno “schedario di rappresentazioni
prefabbricate” in volontà comune, perché un riferimento comunicativo
faccia capo ad un codice volontariamente condiviso.
Mente sgombra ed animo sereno, feedback costante ed “enciclopedia”
comune, sono elementi imprescindibili per la ricerca del “senso” che
dobbiamo mettere in essere spontaneamente quando decidiamo di
comunicare. Già, “decidiamo”, perché l’operazione a monte dovrebbe
essere proprio la decisione di immergersi nel processo, non
guardarlo dall’esterno per valutare, ma muoversi al suo interno con
le dovute cautele e consapevolezze.
Jacobson nei Saggi di linguistica
generale ha scritto che egli ritiene particolarmente rilevante
la stretta correlazione di due princípi, dell’autonomia e
dell’interdipendenza. Limitandoci all’osservazione del primo,
rischieremmo l’isolazionismo, concentrandoci solo sul secondo,
misconosceremmo l’autonomia di un campo determinato a vantaggio
di norme volte a dimostrare la sua dipendenza unilaterale da un
altro campo. Il dualismo dei poli, dunque, si ripropone qui
drammaticamente.
La riflessione è complessa e difficilmente riuscirei, riusciremmo, a
raggiungere un solo risultato/risposta, pragmaticamente. Queste
poche righe, dunque, meglio sarà portarle in conclusione con una
raffinata composizione di Franco Fortini, non peregrina se vogliamo
ben guardare, che scrittore e lettore sono due dei possibili poli di
cui prima dicevo. La lascio, dunque, all’attenzione di ciascuno,
perché si continui a pensare, o si cominci, quale straordinaria
ricchezza sia intendere insieme il cerchio e la fiamma,
secondo lo straordinario linguaggio di Hauser, il segno conchiuso e
la retta, per essere meno poetici.
Reversibilità
Anassagora giunse ad Atene
che aveva da poco passati i trent'anni.
Era amico d'Euripide e Pericle.
Parlava di meteore e arcobaleni.
Ne resta memoria nei libri.
Si ascolti però quel che ora va detto.
Anche la grandissima Unione Sovietica e la Cina
esistono, o l'Africa; e le radio
ogni notte ne parlano. Ma per noi, per
noi che poco da vivere ci resta,
che cosa sono l'Asia immensa, il tuono
dei popoli e i meravigliosi nomi
degli eventi, se non figure, simboli
dei desideri immutabili, dolorosi? Eppure
- si ascolti ancora - i desideri immutabili
dolorosi che mordono il cuore nei sonni
e del poco da vivere che resta
fanno strazio felice, che cosa sono
se non figure, simboli, voci,
dei popoli che mutano e si inseguono,
degli uomini che furono e che in noi
son fin d'ora? E così vive ancora,
parlando con Euripide e con Pericle
di arcobaleni e meteore, il filosofo
sparito e una sera d'estate
ansioso fra capre e capanne di schiavi
entra ad Atene Anassagora.
(da Franco
Fortini, Reversibilità, in Poesie inedite, a cura di
P. V. Mengaldo, Einaudi 1997, p. 27) |