La mattinata volgeva al termine. Paola Sterza non sapeva più
ormai a che santo votarsi e non vedeva l'ora che quella
tornata d'esami finisse. La porta si aprì di nuovo, e una
signora alta, flessuosa ed elegante fece il suo ingresso
nella scuola, trascinandosi dietro quattro o cinque cartelli
con scritte e improperi delle più diverse specie, in un
turbinìo di volantini e fogli per la raccolta di firme.
“Mannaggia, ma tttu gguarda – diceva – che devo interrompere
la manifestazione per questo benedetto esame... speriamo
almeno di fare in fretta!”
“Teresa Ducci, immagino!” La direttrice sembrava sollevata:
questa sembrava persona preparata.
“Sì, certo, sono io: docente di scuola primaria, e lei lo sa
cosa vuol dire di questi tempi: sulla scuola si risparmia a
colpi di mannaia. Si tagliano i tempi della didattica, si
tagliano insegnanti, si tagliano i finanziamenti. Si deve
risparmiare, siamo in crisi, dobbiamo colmare il buco del
debito pubblico e poi spendiamo milioni di euro per comprare
cacciabombardieri? Ma è inaudito, è scandaloso, dobbiamo
reagire, dobbiamo protest...”
“Ehm, scusi se la interrompo, le sue ragioni sono
sacrosante, ma qui io devo saggiare soltanto la sua
preparazione in materia di automobile, quindi passerei
senz'altro alla prima domanda. Mi dica: cosa ricorda del
funzionamento delle candele?”
“Ah, le candele! Tra un po' useremo quelle a scuola al posto
delle lampadine! Taglia di qua, taglia di lllà, che ci resta
a noi? Manco l'occhi pe' piagne: nun c'avemo la carta, nun
c'avemo i colori, mo' ce tagliano la luce e l'acqua e semo a
posto!
Inaudito, scandaloso, pazzesco... - E brandendo uno
dei cartelli si alzò, scandendo a gran voce lo slogan: “CON
TUTTI – 'STI TAGLI – LA SCUOLA FA I BAGAGLI!!! E BASTA –
SIAM STANCHI – CI MANCAN PURE I BANCHI!!!”
“Su, su, non siamo in piazza adesso, si risieda e si
concentri – disse la direttrice - guardi qua e mi dica cosa
significa questo cartello stradale...”
“Lo so io che significa! Che tra un po' ce mandano tutti a
zappà, altro che storie: co' tutti 'sti tagli, dove andremo
a finire? Qui si perdono le classi, i posti di lavoro, non è
accettabile, non dobbiamo stare zitti, dobb...”
La direttrice rinunciò a fare la terza domanda: non avrebbe
retto il colloquio un minuto di più. Si alzò,
ripromettendosi di stare calma, anche se quello che uscì
dalla sua bocca sembrava più il sibilo di un serpente che
una voce umana.
“Se ne vada, e alla svelta, coi suoi cartelli e coi suoi
slogan. Sciò, via, raus e se vuole protesti pure per questo:
io la batente nun glieladddddò!”
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