Letterature classiche


 

Il mito di Ulisse

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Letteratura greca
La letteratura greca ha inizio con l'Iliade e l'Odissea, i due poemi epici attribuiti dalla tradizione ad Omero, vissuto tra il IX e l'VIII secolo a.C. Materia dell'epica sono le gesta straordinarie e le imprese eroiche, lontane nel tempo, compiute da uomini, eroi, dei o interi popoli; gesta che si erano tramandate oralmente di generazione in generazione, e che costituivano un patrimonio comune di valori e comportamenti civili, utili ai gruppi per riconoscersi come "popolo" e per educare le nuove generazioni. Il mito di Ulisse trae le sue origini proprio da questo patrimonio: è il personaggio eccezionale - l'eroe appunto - che ha doti non comuni e che rappresenta gli ideali, i desideri e le aspirazioni di tutti gli uomini di tutti i tempi.
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L'Iliade è ritenuto il più antico dei due poemi omerici; il titolo significa "racconto che riguarda Ilio", altro nome di Troia, città assediata e distrutta dai Greci. Nell'Iliade, Ulisse - o meglio Odisseo - figlio di Laerte, re di Itaca - è un valoroso guerriero che partecipa controvoglia alla spedizione contro Troia, perchè non vuole allontanarsi dalla moglie Penelope e dal figlioletto Telemaco. E' soprattutto ammirato per la sua astuzia, l'acutezza d'ingegno e per la sua eloquenza.
Proprio questo aspetto è messo in luce già nel libro II quando, in seguito al ritiro di Achille dalla lotta, Agamennone decide di attaccare in massa il nemico. Per saggiare il morale dei soldati e la loro smania di combattere, finge però di volersi ritirare dalla guerra e di ritornare in patria. Inaspettatamente ufficiali e soldati esultanti corrono verso le navi, frenati a stento da Ulisse che in quest'occasione dà prova delle sue capacità oratorie. Rivolto ai capi, usa toni pacati ma chiari e decisi, per convincerli dell'inganno di Agamennone, e metterli in guardia dal suo spirito vendicativo. Diverso il tono e l'atteggiamento di Ulisse nei confronti dei soldati che vogliono tornare in patria: qui è il capo che parla, autorevole e autoritario, col piglio deciso di chi è abituato al comando. I toni sferzanti di disprezzo servono a scuotere gli animi e a convincere tutti a tornare in assemblea. Sdegnato e violento invece appare Ulisse nell'invettiva contro Tersite, un umile combattente dell'esercito greco, che continua a borbottare e ad inveire contro i comandanti. Su di lui Ulisse si avventa investendolo con dure parole e minacce, colpendolo con lo scettro fino a farlo piangere.

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LIBRO II vv.251-279

(traduzione E. Cetrangolo, Sansoni)

In tal modo insultava all'Atrìde capo di genti

Tersite; subito a lui si fa incontro

Ulisse divino guardandolo torvo

e con dure severe parole lo investe:

“Tersite, lingua insensata, fiato sonoro1,

taci; non osare tu solo offendere i principi!

Io dico che un uomo più abietto2

di te non esiste fra quanti vennero ad Ilio3

insieme agli Atrìdi4; e tu non cianciare5

col nome dei re su la bocca ingiuriando;

nè tu del ritorno devi darti la briga.6

(…)

Ma una cosa ti dico che avrà compimento:

se ancora ti prendo a dar nel farnetico7

come adesso tu fai, la testa di Ulisse

non stia più su le spalle e non possa nessuno

più di Telemaco8 il padre chiamarmi

se io non ti afferro e ti strappo violento

le vesti di dosso, il manto e la tunica9

e quant'altro di sotto ti copre il pudore,10

e così ti rimando alle navi piangente

fuori da questo consesso,11 battuto e infamato".

E detto così, gli dà con lo scettro alle spalle

e al petto; quello si torce e gli cadono lacrime.

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1. lingua che dice solo sciocchezze.

2. spregevole

3. Altro nome della città di Troia

4. Agamennone e Menelao, figli di Atrèo

5. parlare a vanvera

6. non spetta a te preoccuparti del ritorno in patria

7. a parlare in modo sconclusionato

8. figlio di Ulisse e Penelope

9. veste simile a una lunga camicia

10. ti copre le parti del corpo per il senso di vergogna

11. assemblea

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A confronto con l'Iliade, i valori dell’Odissea - secondo poema epico di Omero- sono più personali, mettono di più l’accento sulle doti dell’individuo: anche se Ulisse è l'eroe della guerra di Troia, la sua natura è assai diversa da quella degli altri eroi. Ed è per questo che è adatto a diventare l'eroe dell'Odissea, opera in cui domina incontrastato per tutta la narrazione e dove si pone l’accento soprattutto sulle arti dell’ingegno piuttosto che sul suo valore militare. Le sue caratteristiche – già anticipate nel proemio – si delineano gradualmente attraverso il racconto dell’interminabile viaggio di ritorno ad Itaca: Ulisse è forte e coraggioso, come tutti gli eroi omerici, ma è soprattutto astuto, prudente e intelligente. Omero lo qualifica come “multiforme”, cioè capace di utilizzare tutte le doti che la natura gli ha assegnato, soprattutto quella dell’eloquenza, per raggiungere i propri scopi, a seconda delle varie circostanze. Sa inoltre essere paziente e riflessivo, ma anche rapido nelle decisioni e nell’azione, generoso ma anche spietato. E’ inoltre dotato di grande curiosità, e spinto più di tutti i suoi compagni dal desiderio di conoscenza e di esperienza.

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LIBRO II, vv. 1-5

(traduzione G.A. Privitera)


Narrami, o Musa1, dell’eroe multiforme2, che tanto

Vagò, dopo che distrusse la rocca sacra3 di Troia:

di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri,

molti dolori patì sul mare nell’animo suo,

per acquistare a sé la vita e il ritorno ai compagni4.

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1. Calliope, la Musa della poesia epica.

2. con molte forme, capace di adattarsi alle varie circostanze. ma anche pieno di interessi.

3. la parte più alta della città di Ilio: Troia

4. i due scopi di Ulisse erano di rimanere in vita e riportare i suoi compagni in patria

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Sofocle

Già intorno al V secolo a.C., la figura di Ulisse, sempre importante nel patrimonio mitologico e leggendario del popolo greco, inizia una lenta e inarrestabile trasformazione: l'eroe guerriero, astuto e coraggioso, lascia il posto ad un uomo dai toni dimessi e pietosi. Ne è un esempio l’”Aiace” che è la più antica tragedia – conservata - di Sofocle. Ulisse vi compare in una veste particolare, spettatore, suo malgrado, di una scena che non lo diverte affatto: Aiace, impazzito per volere di Atena, tortura delle pecore, come se fossero i capi greci colpevoli di aver offerto le armi di Achille ad Ulisse considerandolo il guerriero più valoroso. Atena lo mostra ad Ulisse con irrisione ma Ulisse non gode della vendetta sul nemico: il suo è un sentimento di profonda pietà, e da spettatore, vede nell’umiliazione del suo rivale soltanto l’indizio della labilità dell’umano destino.

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Aiace
(traduzione di Ettore Romagnoli)

ULISSE: Io nulla so; ma pur, di questo misero provo pietà, sebben mi sia nemico: ché nel gorgo piombò di tal iattura, né piú del suo m'è noto il mio destino. Altro non siam, lo vedo, che fantasime, tutti quanti viviamo, ed ombre vane.

ATENA:Poi che l'intendi, mai non dir parola contro i Numi arrogante, e non alzare troppa superbia, se di forze superi e questo e quello, e di ricchezza grande. Un medesimo giorno, atterra e suscita tutte le cose dei mortali. E i Numi amano i saggi, e aborrono i malvagi. (Atena sparisce, Ulisse si allontana)

 

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Letteratura latina

 

Nella letteratura latina, ad eccezione della traduzione dell’Odissea di Livio Andronico risalente al III sec. a.C., non sono presenti opere di rilievo sulla figura di Ulisse né sulle sue vicende: segno di un disinteresse sempre crescente per tutto ciò che riguardava i viaggi e le avventure di colui che era entrato nella leggenda come modello di uomo forte, paziente, generoso, coraggioso e astuto. Ormai i romani si erano impadroniti del Mediterraneo e la stessa guerra di Troia era vista principalmente come causa dell’emigrazione di Enea verso il Lazio. Il mito di Ulisse si trasforma inesorabilmente: l’eroe viene sempre più rappresentato come l’astuto e l’ingannatore, mentre il ricordo del grande guerriero valoroso e intelligente sbiadisce lentamente. Nell’Eneide, dove è ricordato unicamente come il costruttore del cavallo di Troia (libro II) e come l’artefice dell’accecamento di Polifemo (libro III), Ulisse viene giudicato dal punto di vista troiano: Virgilio infatti condanna lo stratagemma del cavallo di legno come il vile inganno che aveva posto fine all’eroica resistenza di Troia.

 


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Publio Ovidio Nasone

 

Un’ opera in cui possiamo ritrovare un riferimento al mito di Ulisse è quella di Publio Ovidio Nasone intitolata "Heroides" del I secolo a. C.: sono 21 lettere d'amore, indirizzate da donne, in genere del mondo del mito, ai loro amanti o mariti. Nella lettera che Ovidio immagina indirizzata a Ulisse, Penelope si lamenta per la prolungata assenza del marito, invita l’eroe a tornare a casa e racconta, con toni patetici e anche un po’ leziosi, oltre al suo sentimento anche la difficile situazione che è costretta a vivere per proteggere se stessa, il figlio Telemaco e i beni del marito. E’ un tormento per lei non sapere dove egli si trovi, i pericoli ai quali va incontro ed anche l’idea che possa aver trovato altre donne.

 


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HEROIDES, 1, 57-80 (traduzione G. Rosati)

Tu, che sei un vincitore, resti però lontano, e io non posso sapere che cosa ti faccia tardare o in quale parte del mondo, crudele, ti nascondi. Chiunque volga la nave straniera a questi lidi1, se ne va dopo che gli ho fatto molte domande sul tuo conto, e gli viene affidata una lettera, scritta di mia mano da consegnare a te, se mai in qualche luogo ti incontri. Ho mandato a Pilo, terra del vecchio Nestore2, figlio di Neleo: da Pilo sono tornate notizie incerte. Ho mandato anche a Sparta3; neanche Sparta sapeva nulla di vero. Ma in quale terra ti trovi, o dove prolunghi la tua assenza? Sarebbe meglio se fossero ancora in piedi le mura di Febo4– ahi me incostante, mi irrito contro i miei stessi desideri! Saprei dove combatti e soltanto la guerra temerei, e il mio lamento si unirebbe a molti altri5. Ora invece non so di che avere timore, eppure temo tutto, nella mia follia, e un vasto spazio si apre alla mia angoscia. Tutti i pericoli che presenta il mare, tutti quelli del!a terra, io sospetto che siano la causa di un così lungo ritardo. E mentre io, stolta, temo cose come queste, tu puoi esser prigioniero di un amore straniero – tale è il capriccio di voi uomini6! Forse le racconti anche com’è grossolana tua moglie, capace solo di raffinare la lana7. Ma possa io sbagliarmi, e questo sospetto si perda nell’aria leggera, e non accada che tu, potendo tornare, voglia restare lontano!

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(1) A Itaca, patria di Ulisse.

(2) Telemaco, figlio di Ulisse, si era recato da Nestore, che aveva combattuto a Troia ed era tornato in patria, per chiedere notizie del padre.

(3) Telemaco era stato anche a Sparta presso Menelao con lo stesso scopo.

(4) Le mura di Troia, secondo la leggenda, erano state costruite da Apollo chiamato anche Febo.

(5) Come le tutte donne che piangono per la lontananza dei mariti in guerra.

(6) Penelope dubita - a ragione - della fedeltà di Ulisse.

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Pagina a cura di Liliana Manconi

Ulisse tra mito, arte e letteratura