Introduzione
  'A MUNTAGNA BELLA
Menu

Solitario, adagiato nel mezzo di un’ampia e fertile pianura , tranquillo, all’apparenza inerte, il VESUVIO è per i napoletani una presenza, discreta, familiare, quasi amica.

Ma questo maestoso cono di roccia, questo perfetto fondale di cartolina, che, per il suo profilo sinuoso, fa riconoscere in tutto il mondo le immagini di Napoli, di Capri, di Ischia e di Sorrento ed anche di Castellammare di Stabia, non è soltanto, come può sembrare a prima vista e come lo chiamano i napoletani,  'A muntagna bella. Il Vesuvio è un vulcano, una montagna vivente e, sebbene attraversi da cinquantasette anni una fase di quiete, è certamente uno fra i più temibili vulcani della terra, il più pericoloso in Europa.

Oltre ad essere 'a muntagna bella è anche, come ammoniva nei suoi versi indimenticabili (La ginestra o il fiore del deserto) il poeta di Recanati nel 1836, il "formidabile monte sterminator VESEVO"- esempio terribile della forza distruttrice della natura.  

 

CONVIVERE CON IL VULCANO

Convivere con la minaccia costante di una montagna che periodicamente esce da un apparente letargo,non è facile. Fatalmente le popolazioni che abitano nelle vicinanze dei vulcani, cercando di rimuovere la paura, si ostinano – forse per esorcizzare il pericolo e per vivere psicologicamente tranquille – a considerarli come innocue montagne; poi basta un articolo allarmistico su qualche giornale o qualche documentario televisivo sul tema << Vesuvio >> ed ecco riapparire la paura. Fortunatamente, a sorvegliare il sonno dei vulcani ci sono equipe di esperti che studiano, monitorizzano e tengono sotto controllo anche i più piccoli sussulti del magma.

A Napoli, dal 1845, è attivo il prestigioso Osservatorio Vesuviano che da ben 157 anni tiene a bada il "gigante che dorme". Dai primi rudimentali sismografi alle sofisticate attrezzature computerizzate, un’attenta rete di controllo è attiva ventiquattro ore su ventiquattro. Proprio grazie a questi strumenti, i vulcanologi oggi sono in grado di prevedere con largo anticipo un’eruzione. Non è ancora possibile, tuttavia, domare una montagna "viva"; l’intervento dell’uomo è utile solo se si riesce, con un certo margine di anticipo, a prevedere le eruzioni. Il vero pericolo, dunque, viene proprio dalla  imprevedibilità del fenomeno e dal pessimo modo con cui viene usato e danneggiato il territorio. Può sembrare assurdo, ma in realtà quasi vicine ad un cratere attivo, nel corso degli anni, sono state costruite case, strade, centri abitati che ospitano quasi un milione di persone. E’ un vero disastro ambientale, una mancanza di rispetto per l’ambiente e per le persone; una crescita disordinata e molto spesso anche abusiva, che non ha permesso un adeguato sviluppo delle infrastrutture.

La rete stradale che circonda il Vesuvio è già normalmente intasata ed è facile ipotizzare la paralisi totale.

Il terremoto del 23 novembre 1980 è stato, a questo proposito, un eloquente test. Il rischio Vesuvio è proprio questo: alle prime segnalazioni del pericolo, oltre al panico, vi sarebbe un vero e proprio caos, giacché un fiume di persone si riverserebbe sull’unica via di fuga, ostacolando, se non rendendo del tutto impossibile, le operazioni di protezione civile.

Diventa, quindi, prioritario il problema di una informazione corretta, seria e scientifica, il che significa da una parte consapevolezza del rischio e dall’altra educazione alla convivenza. E’ quindi importante diffondere la cultura della consapevolezza del rischio Vesuvio per le comunità civili che sono esposte ad esso, sia attraverso i mass-media sia, soprattutto, attraverso l’intervento educativo delle scuole che operano sul territorio. È necessario far acquisire a tutti, non solo agli studenti, ma alle famiglie, ai cittadini la consapevolezza di convivere con il rischio, onde evitare allarmismi, talvolta dannosi. Diventa sempre più indispensabile una collaborazione tra le varie istituzioni che operano sul territorio in modo da trasmettere una nuova cultura della sicurezza fondata sulla conoscenza del problema e sulla risorsa Vesuvio. Il problema è , quindi, complessivamente di natura socio-culturale e diventa in concreto soprattutto una questione di protezione civile. Prioritario però, è il problema educativo - conoscitivo.

 

RISCHIO E PERICOLOSITA’

 

Il concetto di rischio vulcanico scaturisce dalle relazioni che intercorrono tra la pericolosità di un vulcano e la vertiginosa crescita degli insediamenti spesso riscontrata nelle aree che lo circondano.

Viene spontaneo chiedersi le ragioni di una simile intensa urbanizzazione e come mai la vita quotidiana di intere popolazioni non sembri essere minimamente condizionata dall’ovvia situazione di rischio. Un prima risposta a tali quesiti è rappresentata senza dubbio dal fiorente sviluppo dell’agricoltura nelle aree circostanti. La fecondità dei terreni rinnovata periodicamente dai prodotti emessi dal vulcano, vero e proprio fertilizzante naturale, ricco di sali minerali, giustificò pienamente la predilezioni per queste terre. Probabilmente le prime popolazioni che nelle varie parti del mondo si insediarono in aree vulcaniche non conoscevano l’esatta natura del maestoso rilievo che spesso si ergeva nelle vicinanze, il quale, forse in più di un caso e per più secoli non dovette dare alcun segno preoccupante di eruzione.  

Gli insediamenti abitativi che nel frattempo avevano assunto una loro fisionomia e consistenza, ad un certo momento della loro esistenza, dovettero avere un brusco impatto con il comportamento dei vulcani con i quali inconsciamente convivevano. È questo, in particolare, il caso di comunità ubicate vicino a vulcani con carattere ciclico per i quali l’intervallo tra due eruzioni era così lungo da far perdere agli abitanti di quelle regioni la memoria dell’ultimo evento eruttivo. Ad esempio, le popolazioni insediate nell’area del Somma - Vesuvio non avevano alcun ricordo dell’attività vulcanica anteriore all’eruzione del 79 d.C. Appare comunque evidente che, nonostante il contesto poco favorevole, ha sempre prevalso come scelta di vita il vincolo con la propria terra, consolidatasi nel tempo e che nemmeno la potenza di un’eruzione vulcanica è stata in grado di cancellare. Sarebbe questa in fondo la risposta più appropriata da dare ai quesiti che ci siamo posti inizialmente. Purtroppo è anche vero che attualmente queste motivazioni sembrano aver perso in parte la loro validità, come testimonia l’estesa urbanizzazione nella fascia pedemontana del Somma - Vesuvio, che non rappresenta certamente il risultato di scelte adottate per soddisfare i soli legami sentimentali e di convivenza delle popolazioni vesuviane nei riguardi della loro terra, quanto esempi di una totale mancanza di programmazione urbanistica e territoriale. È stato, quindi, proprio l’affollamento indiscriminato nelle aree di vulcanesimo attivo che ha obbligato la comunità scientifica ad elaborare la definizione di rischio vulcanico. Evidentemente il problema degli insediamenti in questo tipo di aree è comune a molti altri paesi, sicché in quelli più progrediti e dotati di una solida economia è stato da tempo dato un deciso impulso alla sorveglianza vulcanica, settore nel quale l’Italia, com’è noto, vanta un primato nei confronti della comunità internazionale con la costruzione nel 1841 del primo Osservatorio vulcanologico al mondo alle falde del Vesuvio. Questa iniziativa fu di portata eccezionale per quell’epoca perché, al di là delle possibilità di sorveglianza che le allora rudimentali strumentazioni potevano consentire, fu sancita l’importanza del concetto stesso di sorveglianza, come si evince da questo brano tratto dall’opera di Francesco Alvino "Viaggio da Napoli a Castellammare": Fu certo un bel pensiero quello di ergere un Osservatorio presso le falde di un vulcano per notarne giornalmente i fenomeni, legandoli con tutti quegli altri di che si preoccupa la meteorologia e sui quali il vulcano può esercitare una particolare influenza .

 

 

Rischio vulcanico

 

 

 

Esaminando in particolare il rischio vulcanico relativo al Vesuvio e, considerando che esso dipende essenzialmente dalla densità degli insediamenti esistenti all’interno di un’area di vulcanismo attivo, l’area a rischio, cioè la fascia pedemontana del Somma - Vesuvio, è interessata da un elevato rischio.

Per convincersi di ciò, basta tener presente che su una superficie territoriale di 228,4 chilometri quadrati, risultavano insediati a tutto il 1985 circa 2580 abitanti per chilometro quadrato a fronte di una densità media dell’intera provincia di 2616, con picchi elevatissimi nell’ambito di quella che si può considerare una vera megalopoli estendentesi da S.Giorgio a Cremano fino a Torre Annunziata. Se, attualmente, vi è una qualche incertezza sul periodo in cui potrà verificarsi un’eruzione, vige la certezza che, nel momento in cui essa avverrà, i danni saranno elevati.

 

 

   

 

 MENU