Introduzione
I CANTI E GLI STRUMENTI DELLA TRADIZIONE
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(3'40'' - 3,39 MB)

 

Era de maggio

di Di Giacomo - Costa

cantata da Mirella de Nucci

 

Il canto popolare è una manifestazione rituale magica, originale, irripetibile, spesso tramandata oralmente di generazione in generazione, a cui va attribuita un’inequivocabile sacralità.

I canti della tradizione vesuviana, in particolare quelli rivolti alla "mamma pacchiana", simboleggiante la mamma, la terra, la montagna, il sole, l’energia, il punto fermo al quale appoggiarsi, evocano ed esorcizzano la realtà quotidiana, spesso piena di lutti e pianti.

Il "canto â ffigliola" viene intonato sul sagrato del Santuario della Madonna del Castello ed è effettuato dal capo-paranza che, senza musica, modula e cadenza in un sol fiato la sua invocazione. Il momento finale è corale, e crea un importante momento di aggregazione. Esso si usa anche per la consegna della "pertica" alla Madonna stessa o alla donna amata, madre, albero della vita che genera frutti.

La "fronna ‘e limone" è un canto comunicativo, articolato tra due o tre persone che, con modulazioni improvvisate e prolungate, raccontano fatti di amore, sesso, sfida e morte.

La "tammurriata" è un’ inscindibile miscellanea di canto, suono e ballo.

Di solito è in endecasillabi e si interrompe ogni due versi con l’inserimento di espressioni tronche, gridate dal gruppo per dare maggiore incisività al testo.

La sua coreografia tipica è caratterizzata da un cerchio, formato spontaneamente da tutti i presenti, che possono in qualunque momento insediarsi per sostituire un danzatore stanco, o per rubare a qualcuno il partner.

Un cenno di attacco da parte del capo-paranza dà il via alla danza e si formano le coppie.

Anche se danzano due persone dello stesso sesso, c’è l’assunzione di ruoli sessuali ben specifici, attraverso atteggiamenti particolari.

Il ruolo femminile è subordinato, e si manifesta con movenze dolci e cedevoli, prive di provocazioni o di aggressività; ma se a danzare è una donna più anziana, essa, carica di un bagaglio di esperienze e di vita vissuta, non disdegna di assumere pose aggressive di sfida e provocazione, tipicamente maschili.

La gestualità dei danzatori varia da atteggiamenti tipici del corteggiamento e dell’approccio amoroso, a movenze tipiche della lotta.

Spesso, quando il ritmo si fa più frenetico, i danzatori appaiono sospesi nel tempo e nello spazio, privi di peso e di razionalità, pronti a liberare ogni energia vitale.

 

STRUMENTI TRADIZIONALI

 

I canti, le tammurriate, sono ancora oggi accompagnati da strumenti di origini antichissime, un tempo costruiti in modo rudimentale, con materiali di fortuna.

Alcuni di essi hanno mantenuta invariata la loro forma, facendo rivivere immagini nostalgiche di un tempo che fu…

 

 

DOPPIO FLAUTO

E’ uno strumento antichissimo e lo dimostra il fatto che si trova rappresentato in pitture e sculture dell’epoca greco-romana.

Oggi, è quasi scomparso dalla tradizione ed è in uso solamente nelle campagne dell’avellinese ed a Somma Vesuviana.

Si compone di due canne: il maschio, con quattro buchi, e la femmina, con tre buchi.

Come si può capire, la componente sessuale e l’eterno conflitto uomo-donna, ritornano prepotenti in ogni espressione di vita.

Questo strumento si suona soffiando contemporaneamente nelle due canne, impugnando il maschio a destra, e la femmina a sinistra.

 

PUTIPU’

E’ una sorta di tamburo a frizione, costituito da un recipiente di terracotta o da una vecchia scatola di latta, su cui viena tesa una pelle per lo più di capra o di coniglio; al centro è infissa una canna.

Lo strumento si suona facendo scorrere l’indice ed il pollice lungo la canna, dopo averla inumidita con acqua o vino, per aumentare la consistenza dell’attrito e l’intensità del suono.

Le vibrazioni prodotte dallo sfregamento vengono ingigantite nel recipiente sottostante che funge da cassa armonica.

Originariamente la costruzione di tale strumento avveniva utilizzando lattine o bidoni che avevano contenuto conserve di pomodoro o acciughe.

 

TROMBA DEGLI ZINGARI

E’ il nome un po’ roboante con cui veniva indicato popolarmente uno strumento in realtà piccolissimo: lo scacciapensieri.

Originario del folklore siciliano, lo troviamo spesso anche nella tradizione campana ed in altre regioni italiane.

Consiste in un pezzo curvo di metallo, recante al centro una linguetta di rame o d’argento; si suona poggiandolo tra i denti, e facendo oscillare la linguetta con la mano destra.

La diversa apertura della bocca produce suoni più o meno alti, mentre le cavità della testa fungono da naturale cassa armonica.

Spesso viene usato per accompagnare la sola voce, allo scopo di farne risaltare le potenzialità e lo scorrere della melodia.

 

TRICCHEBALLACCHE

E’ uno degli strumenti più ricorrenti nella tradizione popolare; è presente nei gruppi folkloristici, ma anche in alcune famiglie, dove i bambini lo usano per accompagnare, ad esempio, la "canzone del capo d’anno".

E’ composto da tre martelletti di legno di castagno o di noce, fissati in una scanalatura di base egualmente di legno.

Il martello centrale è fisso, i laterali sono snodati poiché devono essere picchiati su quello centrale.

Sulle teste dei martelli sono presenti dei dischetti di latta, allo scopo di arricchire il suono prodotto.

 

TRECCIA DI CAMPANELLI 

La cosiddetta "trezza" è un supporto su cui viene innestata una serie di elementi metallici, dei materiali più vari, fungenti da campanelli.

Mentre una mano impugna la "trezza", l’altra tiene una specie di manico di legno, con una parte metallica con cui si percuotono ritmicamente i campanelli.

 

SCETAVAIASSE

Il nome stesso ci riconduce all’estrema rumorosità di questo strumento, in grado di svegliare le popolane.

Esso si compone di due bastoni di legno; il primo, ha un lato lavorato a tacche, mentre sul lato opposto sono fissati dei dischetti metallici, e la parte bassa si restringe a guisa di manico. Il secondo, è di minor diametro ed a forma cilindrica.

Quest’ultimo si poggia sulla spalla (da cui il nome "violino", spesso attribuito a tale strumento), e viene sfregato con la parte intaccata dell’altro bastone.

 

castagnette

Dette altrimenti nacchere, sono parimenti utilizzate sia nel folklore spagnolo, che in quello campano.

Si compongono di due forme concave, di legno di arancio o di limone, unite da un cordoncino che le attraversa e si fissa alle dita, permettendo il battito delle due parti.

Il loro suono secco è di estrema valenza ritmica, e serve a scandire il tempo binario che caratterizza i nostri balli tradizionali.

Le due parti che compongono tale strumento, vengono dette maschio e femmina, ed a fissare questo loro carattere, spesso recano nella parte interna due diverse incisioni.

In realtà il significato è bisessuale, e si ritiene che chi le impugna sia contemporaneamente uomo e donna.

 

TAMMORRA

E’ lo strumento portante della tradizione campana.

Si compone di un cerchio di legno flessibile, ricoperto da una pelle ben tesa di capra, dal diametro variabile tra i 35 ed i 60 cm.

IIl cerchio è bucato tutt’intorno, per consentire l’inserimento di sonagli ricavati da scatole di latta, detti " ‘e cicere ".

Se non vi sono sonagli, la tammorra è detta muta.

Lo strumento si suona impugnandolo dal basso con una mano, e percuotendo la pelle con l’altra.

La mano che regge lo strumento deve effettuare un costante movimento di polso, per consentire il suono dei sonagli; l’altra mano , alterna colpi dati con il palmo, a colpi dati con la punta delle dita, o con la parte bassa del pollice, allo scopo di produrre suoni più cupi o più chiari.

La tecnica per suonare questo strumento è senz’altro complessa, e richiede qualità musicali e ritmiche non comuni, oltre ad una buona resistenza fisica.

I bravi suonatori presentano spesso stili propri e tecniche molto personali, che consentono loro di entrare in perfetta simbiosi con lo strumento.

        

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