Introduzione
LA TARANTELLA
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Tarantelluccia,

di E. Murolo - R. Falvo

cantata da Mirella de Nucci

 

La "tarantella" napoletana deriva, molto probabilmente, dal "tarantismo" pugliese, cioè quello stato ossessivo in cui versava chi veniva morso da una tarantola, e da cui ci si poteva liberare solo danzando sfrenatamente.

Tali fenomeni possono essere compresi secondo la chiave interpretativa data dal filosofo tedesco Nietzsche. Egli, infatti, dopo la scoperta del "dionisismo" presente nella cultura greca, pose le premesse per uno studio dei fenomeni di "trance" e "possessione", non più da un punto di vista strettamente patologico, bensì da una visuale storico - antropologica. Insomma il "tarantismo" andrebbe considerato come un residuo dei trasgressivi impulsi dionisiaci, presenti nella cultura greca, ed illustrati in alcune tragedie, come ad esempio "Le Baccanti" di Euripide.

La "tarantella" sarebbe invece l’estremo recupero di questi stessi impulsi, che assumono caratteri più controllati e dunque accettabili. Dal punto di vista etimologico, il termine "tarantella", è riconducibile ad una infinita serie di vocaboli, aventi tutti come fulcro principale la città di Taranto.

Ma non sono pochi gli studiosi che hanno messo in discussione ciò, avvalendosi anche delle differenze notevoli esistenti fra i due fenomeni (tarantismo e tarantella).

Secondo altri, l’etimologia di tale vocabolo sarebbe legata addirittura alle "tarentinula", cioè le vesti discinte che usavano i danzatori nei baccanali.

In realtà, la città di Taranto può essere considerata a ragione il centro di emanazione del "tarantismo", e quindi della "tarantella". Infatti alla Magna Grecia, ed a Taranto in particolare, la tradizione assegna un posto preminente nel coinvolgimento ai culti dionisiaci, e durante tali feste pare che tutta la città versasse in uno stato di ebbrezza.

L’avvento del cristianesimo segnò la dissoluzione dei culti orgiastici, e respinse l’immagine della donna invasata ed esaltata, privilegiando invece un comportamento riservato e pudico. Ma il risultato di questo deciso sforzo di repressione fu che il bisogno di trasgressione si espresse in modo selvaggio, al di fuori di ogni regola.

Si spiegano in tal modo alcuni fenomeni, come le turbe di ossessi che nel Medioevo attraversavano l’Europa. Il "tarantismo", dunque, diede sfogo ad un bisogno di "trance" represso, mediante particolari movimenti del corpo, sollecitati dalla musica.

Le interpretazioni storiche del fenomeno testimoniano che è stato generato da occulte sollecitazioni sessuali, che avrebbero trovato in esso appagamento. Le donne, insomma, non volendo rinunciare al loro maggiore sollazzo, dovettero trovare altri pretesti, e la possessione da parte di qualche spirito maligno potrebbe essere stata una loro appropriata invenzione.

All’azione del cristianesimo Medioevale, si sovrappose prepotente quella della Chiesa nel 600 e nel 700. San Paolo della Croce si intromise con forza nel culto, facendosi persecutore dei "tarantati", e dando luogo ad un lento processo di disgregazione di tale fenomeno che, proprio nello stesso periodo, si intrecciava con la "tarantella".

Il musicologo inglese Charles Burney, che soggiornò a Napoli nel 1770, indicò infatti la "tarantella" come un ballo impiegato per far sudare e sfogare chi venisse morso dalla tarantola.

Questa nuova danza assunse col tempo due direzioni: da un lato lasciò riaffiorare l’aspetto sessuale tipico del "dionisismo", che agiva anche nel "tarantismo"; dall’altro tese ad ingentilirsi, diventando elemento significativo del folklore, destinato al turismo di massa.

Da un punto di vista strettamente musicale, la "tarantella" utilizza prevalentemente il tempo 12/8, cioè un tempo dispari.

Gli strumenti impiegati sono vari, ma prevalgono quelli a percussione, come il tamburello e le nacchere: ad essi si sono affiancati anche strumenti popolari, come lo "scetavajasse", il "putipù", il "triccheballacche", il "siscariello".

La gestualità è scandita in tre fasi definite: in piedi, caduta al suolo e movimenti in terra, ma è arricchita da numerosissimi altri passi e figure.

I canti che accompagnano la "tarantella" mantengono il nucleo erotico-sessuale derivato dal "tarantismo", al quale si sovrappongono immagini vive, che assumono una loro autonomia poetica.

Nell’800, tre famosi canti popolari erano sul motivo della "tarantella": Cicerenella, Zi Catone e Lo Guarracino.

Il più noto di questi canti è sicuramente Lo Guarracino, che ha subito numerose variazioni anche in epoche recenti.

Esso narra di un pesce "guarracino", che decide di sposarsi con una "sardella", provocando una violenta battaglia tra gli abitanti del mare.

Naturalmente, solo in apparenza è una semplice favola, ma, nella sua versione originale, racchiude allusioni alla rivolta di Masaniello, e nasconde significati schiettamente erotici.

Sempre nell’800, la "tarantella" accompagnava le feste di Piedigrotta e della Madonna dell’Arco.

In realtà, un quadro di Micco Spadaro, risalente al 1640, già testimoniava l’esistenza di un ballo sfrenato, che si svolgeva sul sagrato del Santuario della Madonna.

In effetti , i "fujenti", al loro rientro a Napoli, ballavano la " tarantella " in preda ad una selvaggia follia, permettendo di coglierne l’origine dionisiaca.

Tuttavia non mancano, a Capri ed a Sorrento, altre leggende e mitologie che tendono ad avvalorare l’ipotesi di una origine locale della danza.

Infatti si dice che fossero proprio le Sirene, dopo il loro fallimento con Ulisse, a chiedere alle Grazie di dar loro qualche attrattiva superiore al canto.

Le tre dee, allora, inventarono una danza, ma poiché le Sirene non avevano i piedi, non potevano danzarla, ed allora fu insegnata alle donne di Capri, che la trasmisero alle Sorrentine e, successivamente, alle popolane di Napoli.

Negli ultimi decenni dell’800, la "tarantella" si è definitivamente trasformata in un semplice intrattenimento per turisti, mantenendo però inalterate la sua essenza e la sua connotazione originarie, che l’hanno fatta apprezzare in tutto il mondo.

 

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