Introduzione
STORIA di un nome
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Il Vesuvio (1279 m) in Campania è l’unico vulcano ancora attivo dell’Europa Continentale.

Considerato dagli antichi una divinità, fu denominato IUPPITER VESUVIUS; Polibio, a sua volta, lo definisce IUPPITER SUMMANUS, isolato, come gli apparve, sulla vasta pianura CAMPANIA sia dal mare che dall’ interno.

Addirittura, in un dipinto Pompeiano, è rappresentato coperto da vigneti, posto sotto la protezione di Bacco e adorato come un Dio cui le popolazioni preoccupate delle sua potenza, rivolgevano preghiere di protezione. Il riferimento mitologico più chiaro è comprovato dal reperimento di una statuina esposta in una sala della casa dei Cerni a Pompei, raffigurante Ercole, fondatore della città di Ercolano, in preda ai fumi del vino (VESUVINUM) prodotto sulle pendici del vulcano.

La linguistica moderna fa risalire l’origine del nome alla radice VES, equivalente al fuoco .

L’inglese John Evelyn (tra i fondatori della Royal Society) invece alimentò la teoria secondo la quale, partendo dall’ etimologia di VESUVIO, VEH SUIS (guai ai suoi), ogni eruzione è foriera di sconvolgimenti politici .

A testimonianza di questa sua teoria riporta la data del 1649, anno della rivolta di Masaniello.

Ambrogio Leone fornisce un’interpretazione quasi ironica nel momento in cui afferma che il monte era chiamato LESBIO, perché abitato dai LESBI, un popolo dal linguaggio osceno, dominatori del mare, cui la Sibilla Eritrea aveva predetto la perdita di potere.

A meno di un secolo dell’eruzione Pliniana (79 d.C.) che distrusse STABIA, POMPEI ed ERCOLANO, con Tertulliano il Vesuvio entra a far parte dell’iconografia cristiana: esso è visto come sede dal demonio, fumaiolo dell’inferno, appellativo del resto suffragato dall’eruzione del 203 d.C. che produsse esplosioni i cui boati, secondo quanto riportato in Dione Cassio, si sentirono fino a Capua.

Lo stesso Virgilio fu ricordato come un mago, in rapporto con gli abitatori degli inferi ed i suoi poteri aumentarono, in maniera particolare, nei racconti medioevali in cui si parla addirittura d’una statua fatta erigere per proteggere la città di Napoli dalle furie del vulcano.

Tale statua di bronzo, rappresentante un uomo con l’arco teso e le frecce, pronto a scoccare, fu posta rivolta al Vesuvio.

Il Vesuvio, intimidito, si teneva tranquillo.

Ma un giorno un contadino, non sapendosi dar pace che la statua stesse sempre con l’arco teso, fece scoccare la freccia; così colpì l’orlo del cratere che ricominciò a buttar fuoco e fumo.

Secondo Gervasio di Tilbury, professore all’università di Bologna, la statua posta su Montevergine rappresentava invece un trombettiere la cui tromba cacciava indietro il vento con la cenere e il fumo che portava dal Vesuvio.