4. Il Lupo
all’opera
Rimasto solo nel corridoio del palazzo
reale, il Lupo si guardò intorno e a modo
suo studiò la situazione. Il portiere
dormiva, russando come un trombone,
standosene al calduccio del suo sgabuzzino;
Bernardo sonnecchiava in poltrona davanti
alla televisione accesa: non capiva niente,
ma guardava tutto; Filomena era andata a
dormire e il Re si era ritirato nel suo
appartamento. Fuori, la Volpe aspettava il
Lupo.
Dovete sapere che il Lupo, quando era
affamato e non trovava da mangiare,
diventava dispettoso come una scimmia. Per
prima cosa andò in cucina, per vedere se ci
fosse qualcosa da rosicchiare. Piano piano,
tastando al buio, trovò una scatola: toccato
il contenuto, gli parve che fosse piena di
morbide salsicce. Dopo averne trangugiate
cinque o sei, si accorse che non si trattava
di salsicce, ma di cera per pavimenti. E
allora gli venne un’idea.
Sparse tutta la cera all’entrata della
cucina, nel corridoio e sulla scala che
conduceva all’appartamento del Re. Stava per
uscire quando vide Bernardo davanti al
televisore. E allora gli venne un’altra
idea. Lavorando piano piano e scivolando per
la stanza come un’ombra, legò con uno spago
la gamba della poltrona a una caviglia di
Bernardo, che non se ne accorse; con un
altro spago, legò un portaombrelli all’altra
caviglia; con altri spaghi continuò a legare
altri oggetti e altri mobili alle gambe e
alle braccia di Bernardo, in modo che quando
quel poveraccio si fosse mosso, si sarebbe
tirato dietro mezza casa.
Stava per uscire quando vide il portiere, e
allora gli venne ancora un’altra idea.
Quatto quatto, strisciando per terra, arrivò
fino alle sue scarpe e gli annodò assieme
tutte le stringhe, in modo che quando quel
poveretto si fosse mosso non avrebbe potuto
fare neanche un passo.
Stava per uscire davvero, quando gli scappò
di tirare una puzza così rumorosa che fece
rintronare tutto il palazzo. Il Re si
svegliò di soprassalto e pensò: “Bernardo mi
rovina la televisione con tutte queste
scariche!” E si girò dall’altra parte e si
riaddormentò. Il portiere, senza aprire gli
occhi, disse:
- Avanti!
E il Lupo uscì fuori, dove l’aspettava la
Volpe. Prima che sorgesse l’alba, erano già
al sicuro nelle loro tane.
5. Al palazzo
del Re succede il finimondo
Il mattino seguente, il Re scendeva le scale
tutto allegro fischiettando una canzonetta.
Ad un tratto, messo il piede sulla cera che
il Lupo aveva spalmato sui gradini, scivolò
malamente e rotolò fin giù nel corridoio,
dove rimase disteso.
- Aiuto! Aiuto! Portiere! Bernardo!
Filomena! – gridava il Re.
Alle sue grida, tutti accorsero. Bernardo,
quando si mosse, si tirò dietro tutto il
salotto: quando cercava di muovere un
braccio o una gamba faceva cadere sedie e
mobili, perché il Lupo aveva legato tutto
con lo spago. Il portiere non fece neppure
un passo: cadde subito lungo disteso, anche
lui.
Filomena arrivò di corsa, ma giunta sul
corridoio incominciò a scivolare e a
pattinare come una campionessa. Si fermò
soltanto quando cadde sul Re.
Bernardo, che non capiva niente, si
precipitò per rialzarli, senza rendersi
conto che si tirava dietro mezza casa, e
finirono tutti in un mucchio, sotto sedie,
poltrone e tavolini, in un groviglio di
spago, in mezzo alla puzza tremenda lasciata
dal lupo.
6. Nella
foresta entra in scena il Merlo dal becco
giallo
- Qui bisogna che salti fuori la chiave
della dispensa – disse la Volpe al Lupo. –
L’unico che può sapere dove sia è il Merlo
dal becco giallo. Ma come si può fare a
domandarglielo in poesia? Se non si parla in
rima, il Merlo non risponde.
- Ci penso io! – rispose il Lupo, al quale
la fame aguzzava sempre l’ingegno.
- Però – consigliò la Volpe – non dire i
punti e le virgole come l’altra volta, se no
sbagli tutto.
- Va bene, starò attento – disse il Lupo.
Si avviarono così nella foresta misteriosa e
camminarono finchè non giunsero alla Quercia
Grande, dove il Merlo dal becco giallo aveva
il suo nido. Il Lupo fece una bella
riverenza e diede una nasata nelle ortiche.
Fece subito un salto indietro e andò a
pungersi il sedere contro un arbusto di
rovi. Dall’alto del suo nido il Merlo
guardava la scena divertendosi un mondo.
Alla fine, il Lupo riuscì a parlare e si
espresse così:
Merlo mio dal becco giallo,
dal tuo alto piedistallo,
vuoi tu dirmi per piacere
con la voce tua soave
dove il Re tiene la chiave
che consegna al dispensiere?
Poi, come al solito, fece il punto
interrogativo con la coda. Il Merlo rimase
un po’ pensieroso e poi rispose:
Ogni sera c’è Bernardo
Che con aria un po’ melensa,
col suo passo lento e tardo
chiude a chiave la dispensa.
Quindi, fatto un bell’inchino,
dà la chiave proprio al Re,
che la tien sul comodino…
per averla, un modo c’è!
La gazza vola,
ladra ed astuta!
Forse lei sola
Se vuoi, ti aiuta!
Ciò detto, il Merlo si ritirò nel calduccio
del suo nido.
- Io non ho capito niente – disse il Lupo.
- Non è una novità – rispose la Volpe. Ha
detto che ci può aiutare la Gazza ladra, che
volando può entrare nella camera del Re e
prendere la chiave che custodisce sul
comodino. Capito?
- Ma perché non andiamo noi? – disse il
Lupo.
- Dove le abbiamo le ali? – gli rispose la
Volpe – Vorrei proprio vederti volare. Ma
che grazioso uccello saresti! Potresti anche
cantare, come quando eri ubriaco con la tua
bella voce da Orco! Ma non perdiamo tempo e
andiamo a cercare la Gazza.
La Gazza ladra, che aveva il suo nido di
stecchi e d’erba secca sulla cima della
Betulla gigante, vide arrivare ai piedi
dell’albero il Lupo e la Volpe.
- So già tutto – disse la Gazza a quei due
gaglioffi – e sono disposta ad aiutarvi.
Però, come compenso, voglio un sacchetto di
noccioline.
- Io te ne do anche un quintale, se vuoi –
rispose il Lupo.
- Zitto tu! – soggiunse la Volpe – e non
promettere mai più di quello che puoi dare o
più di quello che ti chiedono.
Quindi, rivolta alla Gazza, disse:
- Allora, d’accordo per un sacchetto di
noccioline. Questa notte si parte di nuovo.
Arrivederci sul sentiero solitario,
all’uscita del bosco, quando spunta la luna
e la civetta canta tre volte.
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