logo Storie del Lupo, della Volpe e di altri animali della foresta spaziopiccoli

Testo di Giacomo Ferrera - Immagini restaurate dagli originali dell'autore da Teresa Ducci, Lucia Maria Izzo e Liliana Manconi

 

 

 

 

 

 

re

 

 

 

 

04 rifatta

 

Il Re che dorme

Immagine rielaborata da Lucia Maria Izzo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

dispenza

Il Lupo e la Volpe saccheggiano la dispensa

del Re

rielaborazione grafica con elementi originali

a cura di Lucia Maria Izzo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

canto

 

Il Lupo canta

Immagine rielaborata da Lucia Maria Izzo

 

7. Mentre il Re dorme, una chiave prende il volo

Spuntava la luna nel cielo, quando due ombre nere apparvero sul sentiero solitario, ai margini della foresta: erano il Lupo e la Volpe. In quel momento, la civetta cantò tre volte e la Gazza ladra, puntualissima, si posò sulla neve.

- Andiamo! – disse la Volpe – e tu – soggiunse rivolgendosi al Lupo – cerca di non fare baccano, perché quando ti muovi fai più rumore di un treno merci.

Camminarono sui campi coperti di neve verso il palazzo del Re, la Volpe davanti e il Lupo dietro, cercando di non fare il minimo rumore. La Gazza li seguiva, facendo di tanto in tanto un breve volo.

Giunti alfine vicino al palazzo, si fermarono per studiare quello che avrebbero dovuto fare. La volpe, astuta, guardava il portone e le finestre: riconobbe subito quella del Re, perché era al centro e aveva un bel terrazzino sul davanti. Il Lupo non pensava a niente. La Gazza, posata sul rametto di un arboscello, aspettava ordini.

- Ecco – disse la Volpe alla Gazza – quella è la finestra del Re, che la tiene sempre aperta anche d’inverno, per non respirare aria viziata. Tu entra nella stanza. Troverai la chiave sul comodino. Prendila e portala qui. Quando avremo finito, la riporterai al suo posto e nessuno si accorgerà di niente.

La Gazza prese il volo, entrò per la finestra e vide la chiave illuminata da un raggio di luna. Prese la chiave con il becco, senza far rumore, e spiccò il volo dalla finestra, mentre il Re dormiva beato senza accorgersi di nulla.

Poco dopo, la chiave era nella zampa della Volpe, che la consegnò al Lupo dicendogli:

- Adesso va’ avanti tu; il portone è sempre aperto, si tratta di aprire la dispensa. Ma fa’ pianissimo: non mangiare, non bere, non cantare, non fare altre cose. Pensa solo a riempire i sacchi. Io vengo dietro. La Gazza aspetta qui.

E così entrarono. Il portiere dormiva, secondo la sua abitudine; Bernardo sonnecchiava davanti alla televisione nel salotto, dove i mobili erano quasi tutti rotti dopo il disastro della volta precedente. La via era libera fino alla dispensa, la cui porta era chiusa. Ma il Lupo aveva la chiave!

Conoscevano ormai benissimo tutto il percorso: camminarono con passi felpati lungo il corridoio e giunsero alla porta. Il Lupo, nel tentativo di aprirla, produsse un rumore di ferraglia.

- Piano! – sussurrò la Volpe – se no ci sentono! Passa la chiave a me!

Il Lupo gliela diede e la Volpe, nel massimo silenzio, riuscì ad aprire. Dentro c’era ogni ben di Dio. Riempirono in fretta i loro sacchi, vuotando scrupolosamente tutti gli scaffali. Quindi uscirono.

- Chiudo la porta io, e tu stai fermo – disse la Volpe al Lupo – altrimenti fai di nuovo baccano e tutti ci sentiranno.

Con bel garbo si accinse all’opera, ma non si accorse di chiudere in mezzo anche la lunga coda del Lupo, il quale all’improvviso, per il gran dolore, con il suo vocione fece rintronare di urli tutto il palazzo.

- Bernardo, basta con questi cantanti urlatori! – gridò il Re dalla cima delle scale – Chiudi la televisione e vai a dormire, subito!

Il povero Bernardo, tutto mortificato, senza sapere cosa fosse successo, spense il televisore, attraversò di corsa il corridoio e se ne andò in camera sua. Era ancora mezzo addormentato. Pensate che nel corridoio aveva inciampato nel Lupo, senza riconoscerlo, tanto che gli disse:

- Oh, scusi! – e passò via.

- Prego! – rispose il Lupo.

- Scemo! – gli disse la Volpe. – Ma vuoi stare zitto? Tu rovini sempre tutto. Andiamocene.

Aprirono il portone socchiuso; ma nel far questo, proprio mentre stavano per uscire, il portone cigolò.

- Buona notte! – disse il Portiere dal suo sgabuzzino, senza aprire gli occhi.

- Buona notte! – rispose la Volpe, che era educata.

- Senti chi parla! – disse il Lupo – e poi lo scemo sono io!

- Scemo a chi? – disse il Portiere aprendo gli occhi. Ma non vide nessuno. Pensò di aver sognato e si riaddormentò. Il Lupo e la Volpe erano già fuori.

La Gazza aspettava, sempre appollaiata sul suo rametto. Prese con il becco la chiave che le porgeva la Volpe e con un breve volo entrò nella stanza del Re, che frattanto si era riaddormentato. Deposta la chiave sul comodino, con un altro breve volo si posò sullo stesso rametto. La Volpe le diede il suo sacchetto di noccioline, come d’accordo, e la Gazza si dichiarò contenta e soddisfatta.

La luna splendeva ancora nel cielo. Sui campi coperti da un candido manto di neve si vedevano due ombre nere: quella del Lupo e della Volpe che, sotto il peso dei sacchi ricolmi, si dirigevano a passo spedito verso la foresta. La Gazza era già volata al suo nido.

Ma l’inverno non sarebbe durato a lungo: presto sarebbero spuntati i bucaneve ad annunciare la primavera. E con la buona stagione il Lupo e la Volpe non avrebbero più avuto bisogno di uscire dalla foresta in cerca di cibo.

8.     Qualcuno non dorme sonni tranquilli

Dopo il colpo ladresco alla dispensa del re, il Lupo e la Volpe rimasero prudentemente chiusi nelle loro tane e non si fecero vedere da alcuno. Tuttavia non erano tranquilli, perche sapevano che prima o poi il Re si sarebbe mosso e avrebbe castigato severamente i colpevoli.

A dire il vero, il Lupo non si preoccupava molto: quelle poche volte in cui pensava alle conseguenze delle sue malefatte, concludeva subito con una scrollata di spalle e si metteva a dormire. La Volpe invece, che era stata una cattiva consigliera, era continuamente agitata. Sentiva che nell’aria c’era qualcosa che non andava; il suo fiuto sottilissimo le diceva che tutta quella calma era soltanto apparente. Alla fine, si decise a uscire e andò a bussare alla tana del Lupo, il quale la accolse sbadigliando di mala grazia.

- Senti, caro Lupo – ella disse – credo che, se non stiamo attenti, questa volta non possa andare tanto liscia. Bisognerebbe essere informati di quello che accade nel mondo per non essere più sorpresi dagli avvenimenti. Io andrei a consultare il Merlo dal becco giallo. Cosa ne dici?

- D’accordo – rispose il Lupo.

Senza perdere tempo, si diressero verso la Quercia Grande, dove il Merlo aveva il suo nido.

Secondo il solito, il Merlo rispondeva solo a chi gli rivolgeva le domande in poesia, cosa che il Lupo sapeva fare benissimo, mentre la Volpe, con tutta la sua astuzia, non era capace di azzeccare neppure una rima. Ecco quindi perché era andata con tanta premura a cercare il Lupo.

Giunti sotto la quercia, videro su, in alto in alto, il nido dal quale faceva capolino la testa del Merlo dal becco giallo. Il Lupo, tradotte in poesia le parole che gli suggerì la Volpe, si schiarì la voce, fece una bella riverenza e cominciò a parlare così:

- Merlo mio dal becco giallo,
dal tuo alto piedistallo,
fa’ sentire il tuo bel fischio
che rallegra la foresta,
e rispondi alla richiesta:
noi corriamo qualche rischio?

Contrariamente al solito, quella volta il Merlo non si mosse e non rispose.  

9. Alla domenica, nel bosco, è festa sul serio

- Come mai non mi risponde? – bisbigliò il Lupo alla Volpe. – Pure mi sembra di aver parlato molto bene. Ho detto qualche cosa che non va?

- Hai detto benissimo – rispose la Volpe – e meglio di così non potevi parlare. Ma ora ricordo che oggi è domenica e che il Merlo dal becco giallo quando è festa vuole anche la musica. Sai cantare?

- Sì, sono capace. Trovami qualche uccello che mi faccia l’accompagnamento musicale. Io sono pronto.

La Volpe chiamò gli Usignoli, che avevano il nido nella siepe delle more, e i Cardellini, che abitavano nella siepe di biancospino, e quando tutti incominciarono la loro musica il Lupo sfoderò il suo vocione e si mise a cantare:

- Merlo mio dal becco giallo,
dal tuo alto piedistallo,
fa’ sentire il tuo bel fischio
che rallegra la foresta,
e rispondi alla richiesta:
noi corriamo qualche rischio?

Terminato il canto, fece un bel punto interrogativo con la lunga coda.

La musica e il canto erano bellissimi, a detta di chi era lì ad ascoltare; purtroppo però la bella canzone non venne registrata; tutto andò perduto fuorché le parole. Si sa soltanto che era a tempo di twist.

10. Le risposte del Merlo confermano i timori della Volpe

Mosso dal bel canto del Lupo, il Merlo dal becco giallo rispose fischiettando così:

Da quello che sento
La musica è questa:
chi semina vento
raccoglie tempesta.
Inoltre c’è un sèguito,
lo vedo di qui:
c’è un altro proverbio
che dice così.
Chi la fa l’aspetti.
Parlo a chi ha fatto i dispetti.
Pensa e dice il buon Bernardo,
benché sembri un po’ cretino:
tanto va la gatta al lardo
che ci lascia lo zampino.

Anche del canto del Merlo sono rimaste soltanto le parole, piene di profonda saggezza. E’ da notare che le sentenze uscite dal suo becco con il tempo diventarono proverbiali, tanto è vero che oggi si trovano perfino scritte nei libri. La musica, invece, è andata purtroppo perduta; sappiamo solo che era a ritmo di tango argentino.

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