SALUTI IN POESIA
Nel testo poetico il saluto assume sempre una certa solennità perchè segna un momento importante che va al di là del quotidiano.
Gli addii, che hanno il sapore dell'ineluttabile, rimarcano l'allontanamento definitivo, e quindi drammatico, da persone e luoghi: la morte di qualche parente o amico, l'esilio o comunque la partenza dalla terra natia determinano un profondo senso di abbandono, in cui riaffiorano inevitabilmente i ricordi di un passato felice, la tristezza del presente e le incertezze legate al futuro.
Al contrario, i saluti riferiti a incontri sono pieni di gioia, a volte anche di stupore per l'evento inaspetatto; l'impatto emotivo è fortissimo e il poeta partecipa all'evento con caloroso coinvolgimento.
Robert Burns, My
heart's in the Highlands, Poems, 1789
My heart's in the Highlands, my
heart is not here,
My heart's in the Highlands,
a-chasing the deer;
Chasing the wild-deer, and following
the roe,
My heart's in the Highlands,
wherever I go.
Farewell to the Highlands, farewell
to the North,
The birth-place of Valour, the
country of Worth ;
Wherever I wander, wherever I rove,
The hills of the Highlands for ever
I love.
Farewell to the mountains, high-cover'd
with snow,
Farewell to the straths and green
valleys below;
Farewell to the forests and
wild-hanging woods,
Farewell to the torrents and
loud-pouring floods.
My heart's in the Highlands, my
heart is not here,
My heart's in the Highlands, a-chasing
the deer;
Chasing the wild-deer, and following
the roe,
My heart's in the Highlands,
wherever I go.
Ugo Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis, 25 marzo 1799
Dopo il fallimento sia sul piano politico - poiché Venezia è stata ceduta da Napoleone all'Austria - sia sul piano amoroso - poiché Teresa è stata promessa in sposa a un altro uomo - Jacopo Ortis prende la via dell'esilio avendo già in animo il suicidio. Prende congedo dalla donna amata e dai luoghi che hanno visto il loro amore con una lettera appassionata e vibrante, in cui si riversa tutto l'ardore giovanile dell'eroe romantico.
Ho
visitato le mie montagne, ho visitato il lago de' cinque fonti, ho salutato per
sempre le selve, i campi, il cielo. O mie solitudini! o rivo, che mi hai la
prima volta insegnato la casa di quella fanciulla celeste! quante volte ho
sparpagliato i fiori su le tue acque che passavano sotto le sue finestre!
quante volte ho passeggiato con Teresa per le tue sponde, mentr'io
inebbriandomi della voluttà di adorarla, vuotava a gran sorsi il calice della
morte.
Sacro
gelso! ti ho pure adorato; ti ho pure lasciati gli ultimi gemiti, e gli ultimi
ringraziamenti. Mi sono prostrato, o mia Teresa, presso a quel tronco; e
quell'erba ha dianzi bevute le più dolci lagrime ch'io abbia versato mai; mi
pareva ancora calda dell'orma del tuo corpo divino; mi pareva ancora odorosa.
Beata sera! come tu sei stampata nel mio petto! - io stava seduto al tuo
fianco, o Teresa, e il raggio della luna penetrando fra i rami illuminava il
tuo angelico viso! io vidi scorrere su le tue guance una lagrima; e la ho
succhiata, e le nostre labbra, e i nostri respiri, si sono confusi, e l'anima
mia si trasfondea nel tuo petto. Era la sera de' 13 Maggio era giorno di
giovedì. Da indi in qua non è passato momento ch'io non mi sia confortato con
la ricordanza di quella sera: mi sono reputato persona sacra, e non ho degnata
più alcuna donna di un guardo credendola immeritevole di me - di me che ho
sentita tutta la beatitudine di un tuo bacio.
T'amai
dunque t'amai, e t'amo ancor di un amore che non si può concepire che da me
solo. È poco prezzo, o mio angelo, la morte per chi ha potuto udir che tu
l'ami, e sentirsi scorrere in tutta l'anima la voluttà del tuo bacio, e
piangere teco - io sto col piè nella fossa; eppure tu anche in questo frangente
ritorni, come solevi, davanti a questi occhi che morendo si fissano in te, in
te che sacra risplendi di tutta la tua bellezza. E fra poco! Tutto è
apparecchiato; la notte è già troppo avvanzata - addio - fra poco saremo disgiunti
dal nulla, o dalla incomprensibile eternità. Nel nulla? Sì. - Sì, sì; poiché
sarò senza di te, io prego il sommo Iddio, se non ci riserba alcun luogo ov'io
possa riunirmi teco per sempre, lo prego dalle viscere dell'anima mia, e in
questa tremenda ora della morte, perché egli m'abbandoni soltanto nel nulla. Ma
io moro incontaminato, e padrone di me stesso, e pieno di te, e certo del tuo
pianto! Perdonami, Teresa, se mai - ah consolati, e vivi per la felicità de'
nostri miseri genitori; la tua morte farebbe maledire le mie ceneri.
Che
se taluno ardisse incolparti del mio infelice destino, confondilo con questo
mio giuramento solenne ch'io pronunzio gittandomi nella notte della morte:
Teresa è innocente. - Ora tu accogli l'anima mia.
La malinconia del passato e il languore di chi ha maturato il distacco dalla vita
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Il rimpianto per la giovinezza stroncata e lo struggimento per l'amore perduto
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L'esaltazione romantica della passione e l'accettazione eroica della sconfitta
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Alessandro Manzoni, Addio monti... (I Promessi Sposi, VIII, 1827)
Il momento della partenza di Lucia dal paese è segnato dal famosissimo "Addio monti", un brano di prosa lirica in cui la giovane concentra lo struggimento per ciò che deve lasciare - i sogni infranti di una vita tranquilla da sposa, le cose care di sempre - e la paura di ciò che l'attende - un futuro incerto in luoghi sconosciuti. La drammaticità si intensifica nel finale, dove la parola "addio" è ripetuta più volte in apertura di periodo e fissata in chiusura, a suggello del pezzo.
Addio,
monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è
cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto
de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il
suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come
branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto
tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte
volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si
disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia
d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che,
un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si
ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa
e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte
a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e
davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto,
al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi
addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti.
Elegiaca
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Drammatica
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Narrativa
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Catullo, Carmina XXXI, I secolo a.C.
Paene
insularum, Sirmio, insularumque
ocelle, quascumque in liquentibus
stagnis
marique vasto fert uterque Neptunus,
quam te libenter quamque laetus inviso,
vix mi ipse credens Thyniam atque
Bithynos
liquisse campos et videre te in tuto.
O quid solutis est beatius curis,
cum mens onus reponit, ac peregrino
labore
fessi venimus larem ad nostrum
desideratoque
acquiescimus lecto?
Hoc
est, quod unumst pro laboribus tantis.
Salve,
o venusta Sirmio, atque ero gaude:
gaudete
vosque, o Lydiae lacus undae:
ridete,
quidquid est domi cachinnorum.
Per ciò che ha lasciato in terre lontane
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Per il tempo perduto lontano dalla propria casa
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Per l'avventura del viaggio in mare
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1 - Indicare il tipo di complemento di luogo, scrivendo accanto STATO o MOTO
2 - Specificare i valori degli ablativi scrivendo accanto CAUSA o LUOGO o PARAGONE
1
In liquentibus stagnis-------------------
marique vasto--------------------------
in tuto---------------------------------
larem ad nostrum-----------------------
desiderato lecto------------------------
2
solutis curis----------------------------
ero------------------------------------
peregrino labore------------------------
desiderato lecto------------------------
Giosue
Carducci, Piemonte, Rime e Ritmi,
vv. 1-16, 1899
L'ode al Piemonte, salutato prima nella vastità dei suoi scenari naturali (Alpi, fiumi, pianura) e poi, nel prosieguo della poesia, nella presenza delle sue più importanti città, esalta la regione leader dell'epoca (Torino era la capitale d'Italia e sede della reggia dei Savoia) con toni altisonanti, impreziositi dalla ricercatezza del metro (la strofa saffica)
Su
le dentate scintillanti vette
salta
il camoscio, tuona la valanga
da'
ghiacci immani rotolando per le
selve scroscianti:
ma
da i silenzi de l'effuso azzurro
esce
nel sole l'aquila, e distende
in
tarde ruote digradanti il nero
volo solenne.
Salve,
Piemonte! A te con melodia
mesta
da lungi risonante, come
gli
epici canti del tuo popol bravo,
scendono i fiumi.
Scendon
pieni, rapidi, gagliardi,
come
i tuoi cento battaglioni, e a valle
cercan
le deste a ragionar di gloria
ville e cittadi
Quale pensiero introducono i fiumi che dai ghiacciai alpini scorrono verso le valli? A quali eventi storici allude il poeta?
Di quali mezzi espressivi e di quali figure retoriche si sono serviti gli autori per la realizzazione artistica?