Storia e costume
Nelle varie zone d'Italia il Carnevale assume connotazioni tipiche della cultura locale, rappresentando la vita della gente semplice e facendole vestire i panni dei ricchi, dando "sfogo" a paure e superstizioni. E' giunto così fino ai giorni nostri, ma degli antichi bagordi carnascialeschi rimane solo il ricordo. Nella moderna società dei consumi l’unico aspetto delle celebrazioni, che ha resistito al tempo, è la voglia di poter abbandonare per un momento il proprio ruolo sociale e indossare i panni di chi è lontano anche anni luce dalla nostra esistenza.
"Semel in anno licet insanire": "Una volta all'anno è lecito impazzire". E' un antico detto che rappresenta lo spirito del Carnevale, il rovesciamento dell'ordine per un breve periodo; risale alle tradizioni dei Saturnalia latini e dei culti dionisiaci con cui si salutava il passaggio dall'inverno alla primavera. Da un punto di
vista etimologico la parola "Carnevale" viene fatta risalire
all’espressione latina "carrum novalis", una sorta di carro allegorico a forma di barca con cui i Romani inauguravano
i festeggiamenti, ma anche al latino carnis laxatio, evolutosi nell'italiano antico "Carnasciale", con il significato di "abbandono della carne".
In età romana l'uso delle maschere era legato ai Baccanali, le feste in onore di Bacco, che animavano le strade, tra fiumi di vino e danze, mentre il passaggio dall'inverno alla primavera veniva celebrato di notte con i festeggiamenti di Cerere e Proserpina, che univano giovani e vecchi, nobili e plebei, festanti per le vie, alla luce di fiaccole e torce. Già presso
gli antichi Egizi era in uso festeggiare il Carnevale con una sfilata
in maschera, con la quale il popolo accompagnava, cantando, i buoi - cherubs -
per le vie di Menfi. Festa del popolo e per il popolo, dunque, il Carnevale
rappresentava un momento di follia licenziosa in cui tutto era
permesso. I ruoli sociali si ribaltavano, gli ostacoli legati al sesso, al ceto
e all’età venivano letteralmente annullati, mentre uomini e donne, perdevano la
propria individualità nel rito comune del divertimento senza più vincoli, leggi
o pudicizie.
Nel Medioevo le
cose cambiarono: il Carnevale perse ogni dimensione magica e sregolata; si
trasformò, per intervento della Chiesa, in una festa più morigerata, scandita
da un calendario preciso delle manifestazioni, stabilito nel 1466 da Papa
Paolo II.
Nell'allegato si possono acquisire informazioni sul "Carnevale di una volta" e su come veniva vissuto dai nostri nonni.
Figghiu meu cannaluvari
la sosizza ti fici mali
ta manciasti a caddozza a caddozza
t'appuntau 'nte cannarozza
FIIIIIIIIIIIIIIIIGGHIUUUUUUUUU
Figlio mio Carnevale
la salsiccia ti ha fatto male
l'hai mangiata a nodo a nodo
e ti si è fermata in gola
Fiiiiiiiiiiiiiiiiiiiigglioooooooooooooooo
In Italia il
Carnevale comincia la domenica precedente il mercoledì delle Ceneri, inizio
della Quaresima, e finisce il martedì successivo, detto martedì grasso (dall'uso
di consumare un pasto a base di carne e grassi prima della dieta di magro della
Quaresima). A Carnevale tutto è permesso: si canta, si balla, ci si diverte, si
mangia e si sta allegri. In tutte le regioni d'Italia viene festeggiato con
sfilate e balli in piazza, maschere tradizionali e vere opere d'arte e di
fantasia, lanci di coriandoli e stelle filanti. In alcune città la
manifestazione assume connotazioni talmente particolari da richiamare turisti e
visitatori da ogni dove.
In Italia la tradizione del Carnevale ha un primato indiscutibile, tra le
manifestazioni più famose vi è il Carnevale di Venezia. Le sue origini risalgono al X° secolo. Le cronache storiche riferiscono
che nel giorno di Giovedì Grasso si celebrasse la vittoria del 1162 riportata
dal Doge Vitale Michiel su Ulrico, patriarca di Aquileia. Ogni anno, per
ricordare la sconfitta subita, i successori del Patriarca dovevano inviare al
Doge un certo numero di animali la cui carne veniva distribuita tra i nobili,
il clero e il popolo. La festa proseguiva con spettacoli animati da giocolieri
e saltimbanchi, fuochi d'artificio e il Volo dell'Angelo, detto anche della
Colombina, in cui un acrobata saliva lungo una fune fino alla loggia del
campanile di S.Marco, per poi tornare a terra con un mazzo di fiori da offrire
al Doge. Il Senato della Serenissima ufficializzò l'esistenza del Carnevale nel
1296, con un editto che dichiarava giornata festiva il Martedì grasso, il
giorno precedente la Quaresima. Il travestimento veneziano per eccellenza è la
bauta, indossata da uomini e donne: una mantellina nera detta tabarro, abbinata
ad un cappello a tricorno nero e a una larva, maschera bianca che cela il viso.
La bauta è la "maschera che ogni disuguaglianza agguaglia" e,
garantendo il totale anonimato, veniva usata da uomini e da donne, non solo
durante il Carnevale, ma nelle feste, nei teatri, negli incontri amorosi, ogni
volta che l'incognito facilitava le avventure. Con il tempo, la dimensione
spettacolare e di divertimento collettivo del Carnevale prese il sopravvento
sul valore simbolico della festa. Nello scenario suggestivo del
Canal Grande, popolo e aristocratici familiarizzavano e passavano la notte
cantando e bevendo allegramente. Centinaia di gondole illuminate scivolavano
sulle acque della laguna creando uno spettacolo fantastico. Con lo scorrere
degli anni il Carnevale di Venezia ha assunto una veste tutta sua, originale e
raffinata, di grande suggestività e fascino. Il merito va alle maschere,
fantasmi d'oro e di seta che si aggirano per calli e campielli, dando vita ad
una vera e propria arte del travestimento carnascialesco in cui si fondono
Medioevo, Rinascimento e Settecento veneziano.
"Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto sia,
di doman non c'è certezza"
(Lorenzo de' Medici)
Osserviamo i particolari
Nel caso specifico, le maschere sono fisse, bianche, con labbra pitturate di nero e nero è anche il contorno occhi. Il copricapo bordeaux arricchito di grandi fiori colorati. Ampi, fastosi, eleganti, intessuti di fili d'oro gli abiti. Particolari sono i volants delle maniche e le "gorgieres" larghe, colorate, in più strati, di organza e bordate in oro, che fanno pensare a vecchie maschere di pierrot e clown.
Negli anni '50 - '60 ai carri allegorici ed alle macchine infiorate, ad Acireale sono stati affiancati dei mini-carri, detti "Lilliput".
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