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AMERICA

a cura di Gabriella Rapella, Elvira Tognini ed Alessandra Bucchi  

 

Le frecce magiche

fiaba degli Indiani d'America

indiani

 


C'era una volta un giovane che volle partire per fare un lungo viaggio. Sua madre gli diede dei sacchi di carne secca e alcune paia di mocassini, mentre suo padre gli disse: “Figlio mio, ti do queste quattro frecce magiche. Quando avrai bisogno, lanciane una!”.  Il giovane andò nella foresta e riuscì per diversi giorni a procurarsi cibo. Ma un giorno non riuscì a prendere niente.Allora lanciò la freccia magica e riuscì a prendere un grosso orso. Un altro giorno, fu di nuovo in difficoltà: rilanciò un'altra freccia magica e riuscì a prendere un'alce. La terza volta che si trovò in difficoltà riuscì a catturare, grazie alla terza freccia magica, una renna e la quarta volta catturò un bufalo. Dopo aver utilizzato anche l'ultima freccia, il giovane uscì dalla foresta ed arrivò in un villaggio. In un angolo c'era una povera tenda dove viveva un'anziana coppia. Il giovane lasciò i suoi vestiti vicino ad un albero, si toccò la testa e si trasformò in un bambino e poi andò a bussare alla tenda. La donna disse: “Marito mio, lascia che teniamo con noi questo bambino!”.  Il marito borbottò, ma la donna lasciò entrare il finto bambino. Ad un tratto, il nuovo arrivato disse: “Non c'è un nonno che possa farmi delle frecce?”.  Il vecchio borbottò, ma poi le fece, e,  nel giro di poco tempo, il finto bambino catturò diversi animali e diede una grande mano ai due vecchi, tant'è che anche l'uomo gli si affezionò.Un giorno venne a bussare alla porta della tenda una ragazza del paese, per chiedere un po' di carne in cambio di una mano a fare le faccende domestiche. Il finto bambino si innamorò immediatamente di lei. Qualche tempo dopo sentì che nel villaggio molti erano preoccupati: c'era una cattivissima Aquila Rossa che depredava il bestiame nei campi. Il capo del villaggio promise che avrebbe dato sua figlia in sposa a chi avrebbe ucciso l'Aquila. La figlia era proprio la ragazza di cui si era innamorato il nostro eroe. Lui prese nottetempo una delle nuove frecce magiche fatte dal nonno adottivo e la scagliò contro l'Aquila rossa, riuscendo a sconfiggerla. Poi andò a cercare i vestiti che aveva lasciato nella foresta, li indossò e ridiventò grande. Il capo concesse al giovane straniero sua figlia, e lui non dimenticò comunque né i suoi genitori che vivevano al di là della foresta, né i suoi nonni adottivi che l'avevano tanto aiutato.

 

 

 

APPARATO DIDATTICO

 

Quali personaggi compaiono nella fiaba?

    Chi è il protagonista?

    Chi è l’antagonista?

    Chi sono gli aiutanti?

    Quali sono i mezzi magici?

    Quale prova deve superare il protagonista?

    Come inizia la fiaba? Come termina?

    Dividi la fiaba in 8 sequenze

    Dai un titolo ad ogni sequenza

    Unisci fra loro con opportuni legamenti i titoli delle varie sequenze così da ottenere il riassunto

 

 

La pierra dondolante di Tandil   

mito argentino

tandil

Si era all’inizio dei tempi, quando il Sole e la Luna erano marito e moglie: due dèi giganteschi e generosi.
Il Sole era padrone di tutto il calore e la forza del mondo, con un potere così grande che bastava allargasse le braccia perché la terra fosse allagata di luce; dalle sue dita prodigiose usciva a fiotti il calore. Era inoltre padrone assoluto della vita e della morte. Lei, invece, la Luna, era bianca e bellissima. Signora della sapienza e del silenzio, della pace e della dolcezza. Alla sua presenza l’universo si acquietava.
Tutti e due, discesi sulla terra, crearono la pianura, una distesa immensa che colmarono di pascoli e di fiori perché fosse più bella. Così la pianura divenne un tappeto verde e soffice dove gli stessi dèi passeggiavano.
Poi crearono i laghi, dove il Sole e la Luna, dopo la passeggiata, facevano il bagno. Ma gli dèi si stancarono di star soli e popolarono di pesci le acque e di altri animali la terra.
Come si sentivano felici al vedere i pesci guizzare nell’acqua e gli animali saltellare sulla terra!
Soddisfatti dell’opera compiuta decisero poi di tornarsene in cielo. Ma pensarono che qualcuno doveva prendersi cura di questi campi preziosi; crearono così i loro figli, gli uomini. Allora finalmente poterono tornare in cielo.
Gli uomini, quando seppero che i loro genitori li avrebbero lasciati, si rattristarono. Ma il Sole disse:
“Nulla dovete temere: questa è la vostra terra. Io invierò fino a voi la mia luce, tutti i giorni. E anche il mio calore, perché la vita continui."
E disse la Luna:
“Nulla dovete temere: io illuminerò lievemente delle ombre della notte e veglierò sul vostro riposo."
Così passò il tempo, cioè i giorni e le notti. Era un tempo felice. Gli Indios si sentivano protetti dagli dèi; bastava loro alzare gli occhi al cielo per ricordarsi che il Sole e la Luna da lassù inviavano sulla terra i loro doni. Adoravano il Sole e la Luna con canti e danze.
Un giorno si accorsero che il Sole impallidiva. Cos’era mai? E perché il suo volto radioso non tornava a sorridere? Di certo stava succedendo qualcosa di inesplicabile.
Videro quasi subito che un gigantesco puma alato inseguiva il Sole per tutto lo spazio del cielo. Lo raggiunse. Si vide allora il dio Sole dibattersi tra le zampe dell’animale spaventoso che voleva distruggerlo.
Gli Indios si prepararono a difenderlo. I più forti cominciarono a scagliare frecce a centinaia verso il puma sempre più furioso. Solo quando una freccia gli entrò per il ventre e uscì dalla schiena il puma precipitò. Cadde, ma non era morto; stramazzato al suolo continuava a ruggire, e i suoi ruggiti squassavano la terra. Nessuno si azzardava ad avvicinarsi. Spaventati, lo guardavano da lontano.
Il Sole intanto calava all’orizzonte a poco a poco. Aveva ritrovato il sorriso di sempre. Gli Indios lo guardavano felici ed egli accarezzava loro la faccia con la punta delle sue dita tiepide.
Il cielo si tinse di rosa e poi di viola fino a quando giunsero le ombre della sera. Allora uscì la Luna, vide il puma là in basso, teso e ruggente. Compassionevole come sempre, volle abbreviarne l’agonia: scagliò pietre enormi sul suo corpo e lo coprì totalmente. Così grandi e tanto numerose erano le pietre che formarono nella pianura una catena di montagne, cioè una sierra: la sierra del Tandil.
L’ultima pietra scagliata dal cielo si conficcò sulla punta di una freccia e restò lì, inchiodata. Nello stesso posto fu interrato per sempre il puma, lo spirito del male: da sotterra non poteva uscire. Per questo quando il Sole passeggiava per il cielo, egli si scuoteva di rabbia con il desiderio di attaccarlo di nuovo. E scuotendosi faceva oscillare la pietra enorme sospesa su quel cocuzzolo della sierra.

(da Il Rio delle Amazzoni e altre favole dell’America Latina, EM)

APPARATO DIDATTICO

 

  • Chi sono i protagonisti?
     
  • Chi è l’antagonista
     
  • Chi sono gli aiutanti?
     
  • Ci sono indicazioni riguardo il tempo in cui si svolgono i fatti? Riportale
     
  • Dove si svolgono i fatti narrati? Ci sono espressioni che descrivono i luoghi? Riportale
     

  • Nei miti i personaggi hanno un valore simbolico. Cosa rappresentano rispettivamente il Sole, la Luna e il Puma? Quali espressioni te lo fanno capire? Riportale
     
  • Dividi il testo in sequenze
     
  • Dai un titolo ad ogni sequenza
     
  • Unisci fra loro con opportuni legamenti i titoli delle varie sequenze così da ottenere il riassunto
     
  • Di quali fenomeni naturali il mito fornisce la spiegazione fantastica?

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