Notti e notturni
Obiettivo di questo percorso è quello di offrire una panoramica diacronica - cioè attraverso il tempo - di varie letture e interpretazioni della notte, intesa sia come momento "fisico" della giornata, sia come riferimento metaforico alla fine della vita umana, e quindi alla morte.
Dalla notte classica, contemplata nella bellezza del silenzio e dell'immobilità, si passa attraverso la notte interiore, fatta di tormento per l'individuo, alla "notte della società", i tempi bui che l'uomo si vede davanti e che sa di dover affrontare.
Leggi attentamente i testi con le relative parti introduttive ed esegui gli esercizi nella pagina successiva.
Quello di Alcmane è uno dei primi notturni della letteratura occidentale e anche uno dei più concisi ed efficaci. Vi domina il tema del sonno che avvolge tutti gli esseri, viventi e non, in una quiete tranquilla. Manca - o almeno così pare, visto che si tratta di un frammento - la presenza dell'uomo.
ALCMANE, fr.89 P (trad. A. Garzya)
VII-VI secolo a.C.
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Più ampio e particolareggiato rispetto a quello di Alcmane, il notturno di Virgilio inserisce, per contrasto, la componente umana: mentre tutta la natura gode il meritato riposo ed è immersa nel silenzio e nella quiete, Didone veglia da sola in preda alle smanie d'amore.
Significative l'apertura del notturno (nox erat) e la chiusura (sub nocte silenti), che si riprendono ad anello, chiudendo il cerchio.
VIRGILIO, Aen. IV, 522 sgg
(I sec. a.C.) Nox erat et placidum carpebant fessa soporem |
immagine di Lucia Maria Izzo |
Il notturno di Dante, chiara ripresa di quello virgiliano, riduce però all'osso le caratteristiche ambientali (oscurità, sonno e riposo degli animali) per concentrarsi sul poeta (io sol uno) che si accinge ad affrontare il viaggio ultraterreno attraverso l'Inferno. Particolarmente suggestivo l'uso dell'imperfetto, che dà al brano il tono di una fiaba.
DANTE ALIGHIERI, Inferno II, 1-6
G. Dorè, Dante e Virgilio lasciano la selva oscura |
Quando Michelangelo realizzò la celeberrima statua della Notte, conservata oggi alle Cappelle Medicee, l'amico Filippo Strozzi, ammirato, gli scrisse una quartina per esaltare il realismo straordinario dell'opera, che sembrava una donna dormiente. La risposta dell'artista non si fece attendere: gelida e ironica fino al sarcasmo, appare come una denuncia morale contro "il danno e la vergogna" dei suoi tempi. Meglio dormire, dunque, per non vederli e non sentirli.
MICHELANGELO BUONARROTI, Rime
(1475-1564) Filippo di Bernardo Strozzi: |
Statua della Notte, di Michelangelo Buonarroti, Firenze, Cappelle Medicee |
C'è sintonia tra l'uomo e la natura in questo splendido notturno tassiano che presenta vasti scenari di natura e ingloba, senza nominarla, la presenza animale. I verbi tacciono e giace racchiudono il quadro di immobilità iniziale, mentre la profondità del silenzio (alto) è segnato dalla presenza della luna, soggetto posticipato con grande effetto stilistico. Gli amanti, con i loro giochi appartati, trovano nel paesaggio l'ambiente ideale per le loro segrete effusioni.
TORQUATO TASSO, Rime, Madrigali per musica
(1544-1595)
Tacciono i boschi e i fiumi,
Immagine di Gisella Malagodi |
Nell'armonia cristallina dell'idillio, ecco l'incomparabile bellezza dei notturni lunari leopardiani: tutto, dal paesaggio sapientemente tratteggiato, all'aggettivazione, alla costruzione del verso, alla disposizione delle pause, concorre alla composizione di un quadro di straordinario potere evocativo e suggestivo. Il notturno romantico non può prescindere dalla presenza della luna, riferimento etico ed estetico della poesia leopardiana, ed è contrapposto nella sua bellezza alla condizione umana. Nel primo brano la poetessa Saffo, sentendosi brutta, avverte la propria esclusione dall'armonia della natura; nel secondo è il poeta che esclude se stesso, tormentato e infelice, dal sonno e dalla quiete che avvolge tutti nella notte.
D.C. Friedrich, Due uomini che contemplano la luna |
Giacomo LEOPARDI, Canti
(1798-1837)
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L'alba e la notte, un autunno che lascia intendere una primavera, l'allusione alla caducità delle foglie: tutti elementi che rimandano alla consueta metafora della vita umana, immersa nello scorrere inesorabile del tempo. Una gioventù che trascorre, dunque, e l'amara meditazione dell'uomo sul suo essere effimero e fragile, "ma la notte sperde le lontananze": la notte, oasi di pace, di immobilità e di silenzio, sembra smussare gli angoli, annullare i sensi di vuoto e di distacco, e per questo merita il vocativo finale che dà il titolo alla poesia.
GIUSEPPE UNGARETTI, O Notte,
Sentimento del tempo
(1888-1970) Dall’ampia ansia dell’alba |
Immagine di Gisella Malagodi
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Ha una valenza prevalentemente sociale la notte dei Tazenda cantata da Pierangelo Bertoli: una notte scura e impotente di fronte alle sciagure umane, una notte in cui la luna appare come unico fascio di luce e di speranza. Il paesaggio sardo, aspro e selvaggio, fa da cornice a un'umanità diseredata che durante la notte esce allo scoperto alla ricerca di sostentamento. La presenza di una compagna con cui intrecciare le mani pare rafforzare la speranza, e l'alba alla fine indicano una rinascita verso un percorso nuovo.
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