Giovanni Pascoli

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L'UOMO E L'UNIVERSO

 

Icona iDevice INTRODUZIONE
UN COSMO IN BALIA DEL CASO
 
immagine di L.M.Izzo 
Ormai incapace di seguire i progressi di una scienza sempre più specialistica e specializzata, la poesia decadente prende le distanze da essa, rinnegandola a bella posta e tentando, con questo, di accusarne gli insuccessi e l'incapacità di fornire all'uomo quelle risposte di cui egli ha bisogno. Così, nella Vertigine pascoliana, il pianeta Terra non risponde più alle leggi che fanno capo alla gravitazione universale, ormai acquisite da secoli, ma vaga libera per l'universo seguendo moti casuali e alogici. Con la sua massa, non è neppure più in grado di trattenere gli uomini attaccati alla sua superficie: essi, privi di radici e di appigli, rischiano di staccarsi da un momento all'altro dalla crosta terrestre, precipitando per sempre in caduta libera nell'abisso di un universo ignoto, spaventoso e senza fine.

Icona iDevice Testo
La vertigine

 

  I
Uomini, se in voi guardo, il mio spavento
cresce nel cuore. Io senza voce e moto
voi vedo immersi nell'eterno vento;

voi vedo, fermi i brevi piedi al loto,
ai sassi, all'erbe dell'aerea terra,
abbandonarvi e pender giù nel vuoto.

Oh! voi non siete il bosco, che s'afferra
con le radici, e non si getta in aria
se d'altrettanto non va su, sotterra!

Oh! voi non siete il mare, cui contraria
regge una forza, un soffio che s'effonde,
laggiù, dal cielo, e che giammai non varia.

Eternamente il mar selvaggio l'onde
protende al cupo; e un alito incessante
piano al suo rauco rantolar risponde.

Ma voi... Chi ferma a voi quassù le piante?
Vero è che andate, gli occhi e il cuore stretti
a questa informe oscurità volante;

che fisso il mento a gli anelanti petti,
andate, ingombri dell'oblio che nega,
penduli, o voi che vi credete eretti!

Ma quando il capo e l'occhio vi si piega
giù per l'abisso in cui lontan lontano
in fondo in fondo è il luccichìo di Vega...?

Allora io, sempre, io l'una e l'altra mano
getto a una rupe, a un albero, a uno stelo,
a un filo d'erba, per l'orror del vano!

a un nulla, qui, per non cadere in cielo!
 II
Oh! se la notte, almeno lei, non fosse!
Qual freddo orrore pendere su quelle
lontane, fredde, bianche azzurre e rosse,

su quell'immenso baratro di stelle,
sopra quei gruppi, sopra quelli ammassi,
quel seminìo, quel polverìo di stelle!

Su quell'immenso baratro tu passi
correndo, o Terra, e non sei mai trascorsa,
con noi pendenti, in grande oblìo, dai sassi.

Io veglio. In cuor mi venta la tua corsa.
Veglio. Mi fissa di laggiù coi tondi
occhi, tutta la notte, la Grande Orsa:

se mi si svella, se mi si sprofondi
l'essere, tutto l'essere, in quel mare
d'astri, in quel cupo vortice di mondi!

Veder d'attimo in attimo più chiare
le costellazioni, il firmamento
crescere sotto il mio precipitare!

Precipitare languido, sgomento,
nullo, senza più peso e senza senso.
Sprofondar d'un millennio ogni momento!

Di là da ciò che vedo e ciò che penso,
non trovar fondo, non trovar mai posa,
da spazio immenso ad altro spazio immenso;

forse, giù giù, via via, sperar... che cosa?
La sosta! Il fine! Il termine ultimo! Io,
io te, di nebulosa in nebulosa,

di cielo in cielo, in vano e sempre, Dio!





 


Icona iDevice Attività
Individuare e commentare le espressioni e le immagini che si riferiscono a una visione cosmica fondata sul capovolgimento delle leggi fisiche

Icona domanda iDevice Domanda a Scelta Multipla
Il precipitare languido, sgomento,/ nullo, senza più peso e senza senso porta
  
a un rassicurante annullamento nell' infinito
all'ebbrezza del ridursi alla sensazione indefinita di puro essere

 

all'orrore del vuoto

 


Domanda Vero-Falso


Dio appare al Pascoli irraggiungibile ed è tuttavia oggetto di una disperata ricerca

Vero Falso

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