Le rane chiedono un re
Attività di lettura
Fedro, I,2 |
Giuseppe Giusti |
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Athenae cum florerent aequis legibus,
Fedro riferisce la favola agli Ateniesi dei tempi di Pisistrato (VI secolo a.C.), paragonandoli alle rane che, dopo aver insistito per avere un sovrano, si ritrovarono in preda di un vorace serpente che le divorò tutte. In realtà l'autore latino maschera sotto quella degli Ateniesi la società romana dei suoi tempi, pavida e chiassosa, invitandola a contentarsi di sovrani nullafacenti ma innocui, per evitare di cadere dalla padella nella brace.
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Giuseppe Giusti, autore fiorentino dell'Ottocento, allude con sarcasmo ancora maggiore ai regnanti imbelli e inefficaci del suo tempo, continuando a preferirli ai tiranni crudeli, che farebbero il male del popolo. Il quale deve, suo malgrado, scegliere con rassegnazione il male minore. |
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Immagine di Teresa Ducci
Completare la traduzione con le espressioni mancanti
Mentre Atene fioriva con leggi giuste, l'eccesso di libertà creò disordini tra i cittadini e allentò l'antico freno.
Allora il tiranno Pisistrato con una cospirazione occupa la rocca della città.
Gli Attici si lamentavano , non perchè lui fosse crudele, ma perchè loro non erano abituati a quel regime , e allora Esopo raccontò questa favoletta.
Le rane, vagando libere per le paludi, chiesero con grande strepito a Giove un re che con la forza contenesse i costumi dissoluti. Il padre degli dei si mise a ridere e diede loro , che appena inviato atterrì quella razza paurosa con il movimento dell'acqua e il fragore improvviso . Poi, dal momento che giaceva immobile in mezzo al fango, una delle rane tirò fuori la testa dallo stagno e chiamò a raccolta le altre. Quelle, deposta la paura, per avvicinarsi e come una folla petulante saltano sopra al legno. Dopo averlo , mandarono a chiedere a Giove un altro re, perchè quello che era stato dato loro era inutile. Allore Giove inviò loro un serpente, che cominciò con i denti voraci. Esse invano cercavano di scappare; la paura bloccava loro la voce. Poi si rivolgono a Mercurio, perchè dica a Giove di venire in aiuto delle poverette. Ma il Tonante rispose: "Dal momento che non avete voluto tenervi il bene, ora sopportatevi il male".
E anche voi cittadini, disse Esopo, tenetevi questo male, perchè non ne venga uno peggiore.
Parodia di Giacomo Ferrera | |
Le rane libere nei loro stagni a Giove chiesero con alti lagni la bella grazia d'avere un Re e gracidavano gre gre, guè guè. Giove bonario udì l'appello; gettò nell'acqua Re Travicello. Le rane dissero: gre gre, guà guà, sovrano simile per noi non va. A questa replica Giove furente alle pettegole gettò un serpente. Le rane tremano, ognuna scappa; intanto il rettile già se le pappa. Ma le superstiti di quel convito rorganizzarono un bel partito. |
Gente abilissima tosto si manda dovunque a svolgere la propaganda: è per il popolo, per il suo bene. Votate Biscia, che vi conviene! La voce perfida ormai dischiude le vie recondite della palude, s'espande rapida, divien teoria, scienza, politica, filosofia. Il serpe mangia tutto contento: dominio in crescita, rane in aumento... Ed i politici, ben tutelati, rischi non corrono d'esser mangiati. Anzi, amministrano tutto il potere, prendono il popolo per il sedere. |
Provate a svolgere l'analisi metrica della poesia di Giusti e della versione parodiata moderna. Quali sono le somiglianze e quali le differenze? Sortiscono effetti diversi? E se sì, quali?
Immagini di Teresa Ducci e Lucia Maria Izzo