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I FILM

 

F

La fabbrica di cioccolato

 

La trama in breve:

Charlie Bucket, figlio di una famiglia povera, adora la cioccolata, ma la condizione familiare fa sì che di rado possa saziare la sua voglia. La sua vita cambia quando Willy Wonka, proprietario di una famosissima fabbrica di cioccolato, mette in palio cinque biglietti d’oro, nascosti in cinque barrette di cioccolato distribuito in tutto il mondo. I bambini che troveranno uno di questi biglietti potranno visitare per una intera giornata la fabbrica di cioccolato. Charlie trova, quando ormai le speranze erano sempre più fievoli, l’ultimo dei biglietti vincenti...

Recensione:

Strepitoso nell’interpretare l’omonimo romanzo di Roald Dahl, da cui già nel ’71 fu tratto un film, Tim Burton trova in J. Depp l’interprete che cercava: poliedrico, pazzo, al di sopra delle righe al punto giusto da dare un ritratto ironico al mitico Willy Wonka, Depp consolida la meritata fama con questa ennesima prova di bravura.
Il film è bello, l’odore (e la voglia…) del cioccolato viene indotto da una strana sinapsi tra spettatore ed immagini e ciò che resta è la consapevolezza di essere stati guidati in un mondo impossibile, in cui un mago-cioccolataio, come inedito pifferaio magico, guida i bambini vincitori del premio e, soprattutto, guida se stesso ad una infanzia non vissuta.
Nella magia di Burton, tutto diventa credibile, anche le divertenti, assurde punizioni a cui Willy Wonka condanna i bambini che non gli piacciono.
Signorilmente, con consumato distacco, si libera dei fastidiosi ragazzini fino ad arrivare al cuore di se stesso attraverso la semplice, efficace lezione di bontà del bimbo protagonista: è proprio come se scartasse, una ad una, tavolette di cioccolato sgradevoli prima di arrivare a quella di qualità, l’unica in grado di redimerlo.
Favola dei buoni sentimenti, ma mai banale, il film non è mai scontato anche se il Regista sceglie la strada più impervia, quella del discorso a tesi; fin dall’inizio, infatti, sappiamo distinguere buoni e cattivi, da subito viene presentato l’eroe positivo, ma le soluzioni fantastiche sono rutilanti, non vengono mai svelate fino in fondo e l’attenzione rimane desta, trasportata dall’attesa dell’evento successivo.
Ottimo Depp-Wonka, la faccia bianca ed il corpo fasciato in una improbabile marsina, dandy del cioccolato e spettatore ormai annoiato del proprio successo, in attesa dell’evento che possa restituirgli il travaglio delle emozioni.
Un esempio, il film, di come si possa parlare di buoni sentimenti senza cedere alla retorica buonista e, per Tim Burton, la prova di un magistero ormai consolidato di come si possa giocare con i vari generi cinematografici senza scadere nell’ovvietà degli strumenti e del linguaggio.

(Maria Zeno)

 

 

La febbre

 

La trama in breve

Mario, 30 anni, geometra, studente universitario, sogna di aprire un locale in con alcuni amici, ma arriva del tutto inaspettata una lettera di assunzione da parte del Comune, per un vecchio concorso sostenuto solo per compiacere il padre…

Recensione

Un film, questo, sui sogni e sulle avventure dettate dalla capacità di investire su s e stessi come oggetti poco convenzionali.
Mario, pur malato grave di sogni, si inserisce da impiegato nel mondo del lavoro con spirito di iniziativa e con la creatività giusta per dare mordente ad un ruolo che spesso è ricalcato con monotona routine. Mario ha il torto di essere troppo bravo. Appunto.
Se l’invidia fosse febbre tutto il mondo ce l’avrebbe
, è l’adagio citato nel film ed è, questa, una verità estremamente adeguata a questa italica provinciale vicenda, che forse non è solo italica forse non è nemmeno solo provinciale…
La narrazione, buona prova del giovane regista D’Alatri, è sorretta da alcune trovate non convenzionali, che danno il sapore di una garbata originalità ad una bella vicenda personale e ad una storia d’amore ariosa, non scontata.
Ve lo consiglio, perché è la prova di come il giovane cinema italiano, sempre in debito d’ossigeno rispetto ai grandi capitali di altre cinematografie, sia vivo sappia ancora inventare e raccontare storie.

(Maria Zeno)

 

 

 

I fratelli Grimm e l'incantevole strega

 

Trama in Breve

Nel periodo napoleonico, durante l’occupazione della Germania da parte dei Francesi, i fratelli Grimm si guadagnano da vivere fingendo di proteggere i contadini da eventi magici.
Quando le autorità francesi scoprono che i due ragazzi sono solo mistificatori, i Grimm, per sfuggire all'arresto, si rifugiano in una foresta incantata dove...

Recensione

Il film realizza in parte l’ambizioso progetto di dare corpo alle immagini che la fiaba, da sempre trasmessa soprattutto in forma orale, suscita nella mente.
Immagini orripilanti, tele di ragno fittissime, fanciulle scomparse si materializzano sotto gli occhi degli spettatori potenziate dagli effetti speciali hollywoodiani e questo, alla lunga, stanca.
Tutto l’armamentario della fiaba viene posto in essere, con un che di troppo che talora concede qualcosa al pulp.
L’occasione sarebbe stata ghiotta per individuare la figura dei Grimm nel loro tempo, esponenti di spicco del Romanticismo tedesco, ma il regista non dà corpo ed anima a queste intenzione ed i temi del Romanticismo noir, che ben diversamente avrebbero potuto essere investigati, finiscono per essere utilizzati come ingredienti di un effetto horror abbastanza scontato e che quasi mai tenta di approfondire il tema degli archetipi fiabeschi.
Tant’è vero, che il film suscita talora orrore, ma mai la paura vera, quella ancestrale, recondita, della fiaba.
Superba la fotografia, soprattutto delle molte scene girate nella foresta, bella senz’anima la Bellucci, per l’occasione vestita da strega.
In sintesi, un insieme piuttosto scontato, costosissimo nella realizzazione, tecnicamente ineccepibile, buono nell’idea, ma che lascia il sapore dell’occasione perduta in chi ama la fiaba e soprattutto la cultura delle leggende popolari che il Romanticismo esalta
Resta il dubbio che siano temi adatti agli Europei, che non sempre (e non solo...) si lasciano tentare dagli effetti speciali J

(Maria Zeno)

 

 

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