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Australia

 

Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale una ricca nobildonna inglese intende raggiungere il marito in Australia per affrettare la vendita di una vasta tenuta e del bestiame che in essa veniva allevato. Ma all’arrivo la attende una tragica sorpresa: il marito è morto assassinato, e la realtà locale è ben diversa dalla vita comoda e dorata della vecchia Inghilterra. I trafficanti di bestiame e i potenti latifondisti spadroneggiano senza scrupoli, sfruttando gli indigeni e abusando delle loro donne; soprusi e violenze, anche sui bambini, sono all’ordine del giorno. Per di più, lo scoppio della guerra fa precipitare tutto e contribuisce a sconvolgere equilibri di potere ormai consolidati da decenni. La donna, mettendo da parte il suo orgoglio e il suo lignaggio, sarà costretta a reinventarsi un ruolo di manager, di compagna e di madre per portare a termine la sua impresa e affrontare una nuova vita.

Un film che porta alla ribalta un mondo diverso e lontano, con la sua natura inconsueta e i suoi arcani riti tribali, ma che punta anche il dito contro vecchi problemi, come il razzismo, le prepotenze e lo sfruttamento dei più deboli. Come in ogni “rosa” che si rispetti, amore, giustizia e buoni sentimenti concorrono all’inevitabile lieto fine, che riesce, però, a commuovere sinceramente lo spettatore.

Splendida Nicole Kidman nei panni di un’altezzosa milady che sa rimettere in gioco la sua femminilità e riscoprire valori nuovi; bellissimo il bambino meticcio, che non è bianco e non è negro (“io non sono niente, io sono un sanguemisto”), e che racconta in prima persona la visione infantile della storia. Un po’ troppo elaborata al computer, invece, la fotografia, per la quale sarebbero forse bastati gli scenari naturali.

Da vedere senz’altro.

(Paola Lerza)

L'opinione di uno spettatore

Bellissimo film: mi hanno colpito la frase del protagonista: "La cosa più importante non è possedere cose e persone, perché puoi perderle. La cosa più importante, invece, è ciò che ti resta sempre: il tuo viaggio", e la figura del nonno-mago, che fa da filo conduttore lungo tutto il film al "viaggio" del nipote, fino alla naturale scelta del suo vero percorso. È un film che fa riflettere anche sui problemi dell'integrazione forzata degli aborigeni e sulla consapevolezza tardiva degli errori fatti nei loro confronti.

Ada Giammarinaro)

 

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