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I FILM

 

S

La seconda notte di nozze

 

La trama in breve

Alla fine della seconda guerra mondiale, la vedova Lilliana è costretta a lasciare  Bologna insieme al figlio Nino, per gravi problemi economici. I due si trasferiscono in Puglia nella masseria del cognato Giordano, fratello del defunto marito di Lilliana, che in gioventù era innamorato di lei…Ostili all’arrivo di Lilliana sono le due donne di famiglia…

Recensione

Atmosfere sommesse e toni delicati, per questa ennesima bella prova di Pupi Avati, grande narratore di storie italiane e cultore della ricostruzione di ambienti psicologici e di storie di provincia, laddove l’ambientazione volutamente ridotta nel contesto geografico diventa misura artistica.

Facile entrare nella dimensione della vicenda, perché c’è qualcosa di ognuno di noi nel piccolo arrivismo del giovane Nino, preso dai sogni del cinema nascente, così come molti della generazione del dopoguerra riconosceranno facilmente la cifra dell’arte dell’arrangiarsi, scaturita dal disastro economico, che porta Lilliana ad accettare un compromesso amoroso.

Poetica, struggente, la figura di Giordano(uno splendido, convincente Antonio Albanese), nato per coltivare sogni e per accettare sconfitte.

La musica d’epoca si fa grande veicolo memoriale contribuendo in modo determinante a delineare la cifra stilistica di un film tutto da vedere e da godere.

E voglio sottolineare anche il ruolo di grande sostegno al Cinema Italiano, a mio avviso in ripresa rispetto alla capacità di confezionare prodotti pregevoli, dato in questi ultimi anni dalla 01 Distribution.

(Maria Zeno)

 

 

I Segreti di Brokeback Mountain

 

 

 

“ Per me è una storia sull’illusione dell’amore. Ciò va oltre l’essere gay, cowboy e tutto il resto. Dato che non sanno [i due protagonisti, ndr] che cosa sia l’amore, passano vent’anni a cercare di raggiungerlo. E quando ci riescono, lo perdono. Credo sia questo il tema che mi ha affascinato”
Lo ha dichiarato Ang Lee, e noi gli crediamo, perchè è proprio questo che ci cattura del suo film, l’intensità di un sentimento che ci viene descritto con un tratto delicato e poetico che appartiene al sentimento in assoluto, non connotato, grande e tragico. Grande perché dura vent’anni e va oltre, oltre la morte di uno degli amanti, tragico perché è un amore omosessuale vissuto nella menzogna dell’ordinarietà della vita quotidiana e in uno spazio parallelo e nascosto, dolorosamente. Lontano anni luce lo sguardo sulla dimensione dell’omosessualità rispetto allo “scandaloso” Querelle di Fassbinder, una totale sospensione del giudizio che porta lo spettatore ad accostarsi alla tematica a mente serena, e lo induce a godere, privo di preconcetti, di una bella storia ed a interrogarsi senza pregiudizi sulla questione affrontata.
Paesaggi che ispirano a grande arte, solitudini sconfinate di un mitico Wyoming e due cowboy. È il 1963. I due, giovani e affamati di lavoro si incontrano e si innamorano. Sono condannati ad essere stritolati, loro, ordinari, dalla potenza straordinaria di quell’amore che non si poteva prevedere, che non si poteva accettare. E mentre la vita scorre attraverso scelte scontate e “consentite” – il matrimonio, i figli, la fatica del lavoro- la scoperta continua, attraverso la rabbia, il dolore, la carnalità e la passione dell’inconfessabile. Il punto d’arrivo è la morte, la nemesi. Non lasciamoci sfuggire il passaggio analitico sulle tre famiglie, quella dei due protagonisti Jack e Ennis, e i genitori di questo, che incontriamo nelle sequenze finali. Buona la prova di Heath Ledger (Ennis) e Jake Gyllenhall (Jack) che si sono davvero messi in gioco in un ruolo particolarmente delicato e problematico.
Un grande Ang Lee, che è stato premiato con l’oscar per la miglior regia.

(Sonia Nicoletta Solomonidis)

 

 

Il segreto di Vera Drake

 

La trama in breve

Il film ripropone la storia del processo a Vera Drake, donna della piccola borghesia che procurava aborti clandestini nell'Inghilterra degli anni '50.

Recensione

Leone d’Argento a Venezia nel 2004, il film, splendido, è caratterizzato da una coerenza narrativa priva di qualsiasi sbavatura o concessione alla spettacolarità…la storia prende dall’inizio alla fine e si resta catturati dall’ordinarietà di Vera (interpretata in modo eccellente da Imelda Staunton, premiata con al Coppa Volpi per la migliore attrice protagonista), casalinga sommessa e tanto lontana dallo stereotipo della “mammana” procuratrice di aborti.

Il pregio del film è tutto nella narrazione e ci riporta alla grande cinematografia britannica di introspezione psicologica e di scelta di grandi temi in grado di suscitare emozione e dialettiche anche contrastanti.

Un film di parola, dunque, che privilegia un approccio quasi teatrale, lontano dalla cinematografia degli effetti speciali;in coerenza con tale scelta, sono molto in uso i primi piani, soprattutto della protagonista e i carrelli insistiti negli interni della casa, a sottolineare la normalità piccolo borghese del personaggio ed il suo pressoché inconsapevole approdo al crimine.

Il tema è sempre di attualità, la scelta del regista, di riproporlo in epoca di neo puritanesimo è coraggiosa e condotta con rigore e coerenza artistica.

Un film da non perdere.

(Maria Zeno)

 

 

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