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Il giovane
favoloso |
Genere: biografico- drammatico
Anno: 2014, Italia
Regia: : Mario Martone
Cast:
Elio Gemano,
Michele Riondino,
Isabella Ragonese,
Anna Mouglalis,
Federica De Cola
Sceneggiatura: Mario Martone, Ippolita Di Majo
Fotografia: Renato Berta
Montaggio: Jacopo Quadri
Produzione: Palomar, Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 137 min |
La trama in breve
Il film racconta la vita di Giacomo Leopardi tra Recanati, Firenze e
Napoli, presentando gli ambienti e i personaggi con cui il poeta venne a
contatto
Recensione:
Ho visto, dietro invito riservato agli insegnanti, il film “Il giovane
favoloso” di Mario Martone, interpretato da Elio Germano ed esaltato
dalla critica e dal pubblico, che a quanto si dice fa la fila ai
botteghini. A me è sembrato un bel film calligrafico, ma scialbo e senza
passione.
Leopardi dov’era? Non ditemi che era quel giovanotto autistico che a
tavola si accaniva con furore maniacale a usare la forchetta come un
coltello fino a deformarla, o che non riusciva a tirarsi l’uccello fuori
dai pantaloni per pisciare, o che si rotolava in modo goffo e scomposto
tra l’erba di Recanati. Non ci posso credere, non è questo il Leopardi
che mi interessa. Il mio Leopardi è diverso. È sublime, è disperato: Il
mio Leopardi non mormora le sue poesie col tono melenso del rosario di
una beghina, e nemmeno si appalla alla finestra davanti a un disco di
luna finta, come un licantropo. Il mio Leopardi la affronta, la luna, la
afferra per il bavero e per le orecchie e le urla che cazzo ci fai lassù
nel cielo, tu, che ci stai a fare? E se lei non risponde, lui la
rilancia lassù e ancora le grida perché, perché non vieni qui a toccare
le nostre miserie, e a darcene una ragione? E con la Natura fa lo
stesso, e nello stesso tempo sa sorridere dell’umana stupidità. Non
sorridere in modo stupido, attenzione: sorridere della stupidità, che è
diverso.
Il mio Leopardi vive principalmente a Recanati, e non a Napoli, perché
Recanati ce l’ha radicata dentro come una maledizione struggente, nel
bene e nel male, Recanati e la gente del borgo, così viva, così
straordinariamente presente e pur così incredibilmente lontana….La
donzelletta, la vecchierella, l’artigiano, il zappatore… nel film si è
vista solo Silvia, poco e male. Grottesca e ai limiti del comico la
scena in cui lei per strada dice al giovane conte “Avevate promesso che
m’imparavate a leggere e a scrivere…” e lui: “Ora sono molto occupato,
sto scrivendo un’opera sopra il monumento di Dante…” Ci mancava che lei
rispondesse “E ci si sta comodi, sopra il monumento di Dante?” Certo,
Leopardi con le donne non ci sapeva fare. Ma le amava, le amava in modo
appassionato e con il senso inarrivabile del sacro. Nel film si è
preferito concentrarsi sul bordello. De gustibus. La scena del bordello,
a Napoli, sembra quella di “dagli al gobbo di Notre Dame”.
Rispetto a Recanati, Napoli è predominante nel film, certe volte si ha
l’impressione di essere in una commedia di Eduardo. O di Martone, che
forse non è la stessa cosa. Mi hanno detto che l’ultima scena, quella
della Ginestra, è molto bella. Non lo so, non l’ho vista. Me ne sono
andata prima. Più di due ore così, senza un intervallo che neanche a
scuola, non le ho rette. A proposito di scuola. Ho sentito parlare il
regista e il primo attore del film. Entrambi hanno avuto l’ardire di
contrapporre il “loro” Leopardi a quello noioso e manualistico dei
banchi di scuola, che sa di libri e di muffa. Personalmente preferisco
quello, di gran lunga. Mi piacciono quei libri, quella muffa, mi piace
il tono appassionato con cui lo spiego da anni e mi piacciono gli occhi
a palla degli studenti quando lo ascoltano, magari pensando no, non è
possibile, che sfigato, che tristezza… ma restano sempre incantati da
quelle combinazioni di parole così sublimi, così lucidamente e
disperatamente tragiche.
Il film, invece, ci fa vedere le avventure di un mediocre disadattato.
Certo, la colonna sonora, la fotografia, la ricostruzione d’ambiente
sono di alto livello. Ma non basta la tecnica per fare l’arte, e quello
che è stato un artista straordinario appare qui come un mediocre
diversamente abile. Non troppo diversamente, a dire il vero. E nemmeno
troppo abile.
(Paola Lerza)
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Gomorra
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Genere: drammatico
Anno: 2008, Italia
Regia: : Matteo Garrone
Cast:
Salvatore Abruzzese, Simone Sacchettino, Salvatore Ruocco, Vincenzo
Fabricino, Gaetano Altamura, Italo Renda, Gianfelice Inmparato, Maria
Nazionale, Salvatore Striano, Carlo del Sorbo, Vincenzo Bombolo, Toni
Servillo, Carmine Paternoster, Alfonso Santagata, Massimo Emilio Gobbi
Sceneggiatura: Maurizio Braucci, Ugo Chiti,
Gianni Di Gregorio, Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Roberto Saviano
Fotografia: Marco Onorato
Montaggio: Marco Spoletini
Produzione: Fandango, Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 135 |
Potere, soldi e sangue sono i
disvalori con i quali gli abitanti della provincia di Caserta, tra
Aversa e Casal di Principe, devono scontrarsi ogni giorno. La scelta non
esiste: la camorra detta legge assoluta e solo i più fortunati possono
aspirare ad una sorta di normalità negata ai più. Gomorra è un viaggio
nel mondo degli affari della camorra, per questo il film si apre e si
chiude nel segno delle merci. Merci di varia natura, che vanno da abiti
griffati, videogiochi, orologi alle scorie chimiche, tossiche… ferite ed
ingiurie che vengono abusivamente buttate ed accatastate nella “Campania
felix” a fianco delle dimore fastose ed assurdamente fuori luogo degli
stessi boss, preda di un delirio di onnipotenza reso possibile
dall’impotenza delle istituzioni e da una cultura troppo radicata nel
sentire comune. Totò ha tredici anni, aiuta la madre a portare la spesa
a domicilio nelle case del vicinato e sogna di affiancare quelli che
girano in macchina, che indossano i giubbotti antiproiettile, che hanno
soldi. La sua è un’adolescenza negata, a Scampia si diventa grandi
troppo in fretta e l’iniziazione è un rituale spesso tragicamente in
mano alla camorra. Ed è un rituale di morte che esige efferatezza e
sangue freddo e che di certo non ha alcun riguardo per il sesso e per
l’età, anzi! Matteo Garrone porta sullo schermo Gomorra, il
libro-scandalo di Roberto Saviano che in Italia ha venduto oltre un
milione di copie. Vedendo il film si ha la sensazione di stare in uno
dei peggiori gironi danteschi, in una sorta di incubo senza fine. Il
film è duro, ripreso dal vero, i suoni sono in presa diretta.
Impossibile applicargli la categoria del “bello”: ha il colore, i suoni,
il sapore di una verità scomoda e brutta, terribilmente brutta.
(Maria Zeno)
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