Genere: Commedia
Anno: 2005
Regia: Alberto Ferrari
Cast: Alessandro Besentini,
Francesco Villa, Petra Faksova, Francesca Giovannetti
Distribuzione: Medusa
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Trama in breve:
Un piccolo paese si prepara per la gara annuale: una partita di scacchi
vivente. Ale, uno dei giocatori, è molto agitato per l'avvenimento, e come
se non bastasse si aggiunge il cognato Franz a complicargli la vita...
Recensione:
Film sconclusionato nella trama e nella
recitazione quasi sempre sottotono di Ale e Franz, è la prova di quanto sia
arduo passare dal guizzo comico al lungometraggio.
La tensione comica è qualcosa di difficile
da mantenere e la “banda di Zelig”, qui al non isolato flop, dovrebbe tenere
a mente che il successo della popolare trasmissione è proprio l’amalgama di
diverse comicità, giocate sulla breve ed intensa prova di bravura.
Alla distanza (una distanza che, peraltro,
si manifesta dopo i primi, noiosi minuti di film…) la prova di Ale e Franz
non regge, mortificata anche da una sceneggiatura inconsistente e dal plot
narrativo inesistente.
Spiace dirlo, ma è un film…tutto da
perdere!
Pensate che non mi ricordo neppure se
contiene o meno la solita battuta sull’Inter: dovevo davvero essere
addormentata per non averne notato la presenza o l’assenza!
(Maria Zeno)
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Anno: Italia 200
Regia: Roberto Benigni
Cast:
Attilio De Giovanni: Roberto Benigni
Vittoria: Nicoletta Braschi
Fuad: Jean Reno
Ermanno: Giuseppe Battiston
sig.ra Serao: Lucia Poli
Sceneggiatura: Vincenzo Cerami, Roberto Benigni
Scenografia: Maurizio Sabatini
Fotografia: Fabio Cianchetti
Costumi: Louise Stjernsward
Montaggio: Massimo Fiocchi
Musica: Nicola Piovani
Produzione: Melampo Cinematografica
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In breve
Il Poeta Attilio è innamorato di Vittoria, che sogna tutte le notti vestita
da sposa per lui. Invitati alle nozze oniriche sono Ungaretti, Yourcenar,
Montale, Borges…
Nella vita reale, Attilio segue spasmodicamente, non condiviso nell’amore,
Vittoria, di mestiere scrittrice, a una mostra, alla presentazione di un
libro... Vittoria sta scrivendo la biografia di Fuad, il più grande poeta
iracheno vivente, amico di Attilio.
Allo scoppiare della guerra in Iraq, Fuad torna in patria. Vittoria lo segue
per terminare il libro e rimane gravemente ferita a seguito di un
bombardamento. Saputo che Vittoria è in coma in un ospedale di Baghdad,
Attilio riesce ad andare in Iraq malgrado l’interdizione aerea e ...
Non vi racconto lo svolgersi degli eventi, naturalmente!
Il parere
La poesia è la cifra stilistica del film, la sua vera e propria invenzione
artistica.
Gli eventi, infatti, non rispondono al criterio della verosimiglianza se non
in minima parte ed interrogare il film da questo punto di vista sarebbe
ingeneroso e fuorviante rispetto alle reali intenzioni di Benigni.
La favola, incantata, si avvale del crudele scenario della guerra squarciato
ad un tratto dall’incredibile, presepistico, cielo stellato di Baghdad visto
in soggettiva degli occhi di Fuad, il bravissimo Jean Reno.
Il riferimento a La vita è bella è necessario, perché voluto dallo stesso
Benigni, evidentemente alla ricerca del consolidamento della personale,
riconoscibilissima, cifra stilistica scelta per raccontare gli orrori della
guerra attraverso il vigore della fiaba.
L’assurdità dell’amore fiabesco che egli nutre per Vittoria rompe gli
impedimenti della guerra, ne supera i vincoli (come già avvenne in La vita è
bella), trovando soluzioni originali ed improbabili.
Benigni offre una prova molto convincente, fatta di costanti, mai banali,
ammiccamenti e citazioni di sé, folletto leggero e non sconfitto dal male
del mondo.
A detta di molti, il taglio fiabesco è la debolezza intrinseca del film, ma
non credo che questa sia la chiave di lettura più opportuna: il regista ci
conduce, infatti, in una sua dimensione altra rispetto ad un possibile modo
convenzionale di leggere e raccontare la guerra.
Adotta anch’egli una convenzione, la fiaba, all’interno della quale (e solo
all’interno della quale) tutto diventa probabile; sta allo spettatore
accettare o meno la convenzione e le sue regole implicite, la prima delle
quali, ferrea, è lasciarsi convincere dalla narrazione dell’assurdità della
poesia.
Poeticamente improbabile, Benigni sembra sempre più condizionato (in senso
positivo o negativo, a seconda che si accetti o meno questa sua metamorfosi)
dal suo ormai antico rapporto artistico con il Fellini de La voce della luna
e con i suoi modi onirici di raccontare.
Rispetto al grande modello, a me sembra che Benigni, a tratti, dal piglio
onirico discenda ad indulgere al profetismo: certi atteggiamenti buonisti
talora banalizzano il racconto e l’incisività artistica (qualche caduta in
tal senso è più evidente in questo film che non in La vita è bella…).
In pillole:
La grande risorsa del film?
La capacità straordinaria di Benigni di rendere credibile l’inverosimile.
Il vincolo?
Nicoletta Braschi, sempre troppo simile a se stessa ( il timore è che
divenga la mantide artistica del marito…)
Ma sono pareri personali!:-)
(Maria Zeno)
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