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DIDATTICA     RSTU

R

Purtroppo credo non sia più in commercio, in Internet non si trova e questa copia è da anni nella mia biblioteca scolastica.
Una fiaba tradizionale italiana, una delle tante; un’altra versione la potete trovare nelle “Fiabe italiane” di Calvino con il titolo “Il principe che sposò una rana”. Con tutti gli ingredienti classici: il vecchio re che sottopone i figli a varie prove per decidere chi sarà il successore, i figli che naturalmente sono tre, il più piccolo che naturalmente vincerà. Naturalmente la rana è una principessa, naturalmente l’amore del principe viene premiato con il regno, naturalmente la festa di nozze è splendida ecc.
In più c’è una giusta dose, non troppa perché i bambini sono tradizionalisti, di ironia e umorismo.
Ma questo è un libro che bisognerebbe leggere da soli, con un solo bambino, o con un piccolo gruppo, non tanto per la storia, quanto per gustare le illustrazioni. Semplicemente meravigliose, raffinate, ricche di particolari curiosi, da guardare per ore. Se poi l’adulto che prende in mano il libro prova una strana sensazione di “déjà vu”, allora è il caso che osservi con attenzione il palazzo disegnato in copertina. E se poi sfoglia le pagine e ritrova i particolari di un dipinto famoso, il più misterioso e affascinante dell’arte italiana, forse indovinerà dov’è nato il disegnatore, Mario Gambedotti. Qualche indizio? Due torricini, Piero della Francesca...

(Daniela Borsato)

S

Momo (diminutivo di Moïse, Mosé…), adolescente ebreo, e Monsieur Ibrahim, vecchio commerciante musulmano, vivono nella stessa via di un quartiere popolare di Parigi, negli anni ’60. Tra di loro nasce un’amicizia che cambierà profondamente e per sempre le loro vite: dal vecchio sufi, Momo - bambino non amato, adolescente inquieto - apprenderà il valore del dialogo, della tolleranza, dell’amore e l’importanza di piccole cose come la bellezza del creato o un sorriso donato al prossimo.
È Momo, ormai adulto, che ci racconta tutto questo: la sua prosa essenziale, a tratti cruda, si arricchisce di tocchi poetici e di un’ironia sottile che rendono più lieve, ma non meno realistico, il problema sempre più urgente della convivenza tra etnie e religioni diverse.
Nell’edizione proposta, in lingua francese, il testo è accompagnato da domande che guidano la lettura e da un ricco apparato didattico, diviso per sezioni, che consente un’analisi dettagliata del racconto a vari livelli. Una delle sezioni è dedicata all’analisi del bellissimo film omonimo che il regista François Dupeyron ha tratto dal racconto, con Omar Sharif nella parte del saggio Ibrahim.
Numerosi gli spunti per ricerche e approfondimenti, anche pluridisciplinari.
Il tutto è concepito per alunni francofoni della Scuola Media/biennio della Scuola Superiore, ma con gli eventuali e opportuni adattamenti può essere utilizzato anche per alunni italiani.
Trovo che quest’opera, tenera, commovente, ma anche ironica, sia un modo in fondo “morbido” per avvicinare ragazzi che hanno più o meno l’età di Momo a temi di grande attualità come il conflitto arabo-israeliano o, per stare più vicino a noi, ai problemi legati all’immigrazione e all’integrazione fra culture diverse di cui è piena la cronaca quotidiana.
La versione in lingua italiana dell’opera, “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano”, è edita da e/o.

(Monica Anelli)

 

L’elefante Ortone, grande, grosso e dal cuore sensibile, sente una voce provenire da un minuscolo granello di polvere. Scopre così una microscopica città chiamata “Chissà”, i suoi abitanti sono i “Chi”. Nessuno crede a Ortone, nessuno sente le voci dei suoi piccolissimi amici. L’elefante si impegna con tutte le sue forze per salvarli dalla distruzione. L’unica possibilità è provare l’esistenza di questo piccolo assurdo mondo, a cui nessuno crede. Ortone ci riuscirà con l’aiuto di tutti i Chi, uniti in un grido collettivo.
Un racconto tutto in rima, surreale e divertente. Una storia strampalata che i bambini seguono appassionatamente, facendo il tifo per un grosso tenero elefante e per i piccolissimi abitanti di un granello di polvere che solo all’ultimo momento riusciranno a non finire fritti.
Va benissimo per bambini della scuola dell’infanzia e per i primi anni della primaria.

(Daniela Borsato)

Strane cose accadono ad una classe. La protagonista, Fliss, in gita scolastica con la sua classe, è tormentata dal ricordo di un incubo avuto la notte precedente la partenza per il viaggio. L’attesa, la trepidazione e l’eccitazione legate allo spostamento, tuttavia, non rimuovono la fastidiosa sensazione…
L’albergo in cui si ferma la scolaresca consolida l’impressione negativa di Fliss. La notte dell’arrivo le pare di vedere un numero sulla porta di una stanza e di udire dei lamenti. Decide di agire, seguendo il suo istinto e, insieme ad alcuni compagni, troverà la soluzione al mistero.
Io amo l'atmosfera carica di sottesa magia che pervade la scrittura agile e scorrevole della storia: i ragazzi della fascia intorno ai 12/14 anni ne apprezzeranno la conclusione che rende eroi i giovani protagonisti.

(Alida Fonnesu)

U

È la storia dell’antisemitismo in Germania negli anni 1932-33, raccontata e vista attraverso gli occhi e le esperienze di un ragazzo ebreo. I personaggi importanti sono soltanto due, legati da una profonda amicizia che supera ogni barriera razziale o religiosa, improvvisamente troncata dall’intervento dei genitori del protagonista, che lo manderanno a studiare negli Stati Uniti.
Solo trent’anni dopo il protagonista scoprirà casualmente che il suo amico tedesco è stato giustiziato, in quanto partecipe al complotto organizzato per uccidere Hitler.
È un romanzo della memoria, un unico lunghissimo flashback che si conclude solo nelle ultime pagine del libro.
Suggestivo e coinvolgente, adatto ad ogni tipo di pubblico, a partire dai dodici anni in su, il romanzo si legge tutto d’un fiato e sorprende per la delicatezza dei toni, per la capacità dell’autore di far rivivere il dramma dell’antisemitismo, pur senza inserire mai una sola scena di violenza, e per il pathos che pervade certe descrizioni:
“…all’imbrunire il panorama aveva la stessa magia di quello che si gode da Fiesole: migliaia di luci, l’aria calda e pervasa dal profumo dei gelsomini e dei lillà e, da ogni parte, le voci, i canti e le risa allegre della gente, resa sonnolenta dal lauto pasto o incline agli approcci amorosi dalle troppe libagioni.”

(Gisella Malagodi)

 

                                                      

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