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Gli ingredienti per un giallo ci sono tutti, a partire dall’autore,  Elena Ferrante, uno pseudonimo, dietro al quale l’autore  o l’autrice volutamente si nasconde e non rivela nulla di sé sia per la determinazione a difendere il proprio privato, sia perché, a parer suo, l’opera o meglio le opere devono essere lette e percepite indipendentemente da chi le ha scritte.
Il mistero: il libro ha inizio con una sparizione “Lila non si trova più”, una scomparsa forse voluta e ricercata; un vuoto assoluto perché di Lila non c’è più traccia,  non ci sono più immagini, ricordi, documenti;  a sessantasei anni Lila non solo è sparita, ma ha cancellato “tutta la vita che si era lasciata alla spalle”
Così, l’amica di una vita, Elena Greco, comincia a scrivere ogni dettaglio della loro storia, quasi per una rivincita, per tenere a bada la rabbia e per far rivivere ciò che Lila voleva ad ogni costo disperdere.
Il lettore che spera di scoprire pagina dopo pagina, un senso, una ragione e che fine abbia fatto Lila Cerullo, si trova immerso nel racconto di una  amicizia, di un legame profondo, nato tra due bambine e rimasto forte e profondo per un’intera vita, nonostante le scelte individuali abbiano condotte lungo percorsi diversi e opposti le due protagoniste.
Sullo sfondo una Napoli degli anni 50 che rispecchia l’Italia del dopoguerra: sogni, speranze, contraddizioni, sconfitte, vittorie di una generazione che tra il vecchio e il nuovo è ancora alla ricerca di una propria identità e deve fare i conti con il progresso. Un mondo dove un’auto e il modo di vestire rappresentano uno status symbol e il desiderio di omologarsi per far parte del gruppo; e chi invece ama la cultura, il sapere è “geniale”, ma trova pochi amici con cui confrontarsi.
Forse in alcuni tratti, il romanzo perde in freschezza e potrebbe apparire un po’ noioso, ma poi ci sono gli odori, le voci di una città; le emozioni, i desideri di riscatto, i rapporti conflittuali tra padri e figli dei suoi abitanti che ti fanno pensare a quanto di autobiografico potrebbe esserci. È racconto o realtà?
Non c’è una fine, il libro copre solo una parte di vita, l’adolescenza; usciranno altre 3 volumi, quasi a comporre una Saga che prossimamente sarà trasformata in serie tv. Molta attesa anche in America dove la scrittrice è particolarmente amata e stimata.

(Lucia Bartoli)

L’ambiente in cui si svolge la vicenda è la Francia di metà '800.
La parte descrittiva del romanzo è preponderante e sostanziale, e fornisce uno spaccato di una società borghese in cui personaggi e ambienti testimoniano il sentire della Francia dei lumi e in cui s’innesta il sentire romantico proprio dell’800 francese.
È la storia di Emma, una ragazza di campagna cresciuta in un convento, che si è “nutrita” di romanzi d’amore. Le storie lette, gli ambienti raffinati in cui si snodano, le feste, il lusso e le mollezze della nobiltà cui appartengono i personaggi, hanno talmente toccato la sua fantasia che ella vivrà confondendo la realtà col sogno e inseguirà per tutta la vita quella che per lei resta l’unica realtà che possa rendere felici: “Le sembrava che certi luoghi della terra dovessero produrre felicità, come se questa fosse una pianta che cresce meglio in un terreno piuttosto che in un altro. Perché non poteva affacciarsi al balcone di uno chalet svizzero o rinchiudere la propria tristezza in un cottage scozzese, accanto ad un marito vestito di un bell’abito di velluto nero, con gli stivali flosci, il cappello a punta e i polsini ricamati?”. Sposerà Carlo, un modesto medico di campagna, che si innamorerà perdutamente di lei, ma incapace di soddisfare i sogni di madame Bovary. Nemmeno la nascita della piccola Berta potrà cambiare le cose. Ben presto la delusione prodotta da una vita scialba e sempre uguale, senza stimoli, che appaga Carlo, trasforma Emma e la induce a cercare il sogno e l’amore negli uomini che ammirano la sua bellezza e la corteggiano. Si abbandona così ad amori impossibili e che trascineranno nella rovina economica lei e la famiglia. Muore disperata e suicida dopo il pignoramento di tutti i beni. Presto la seguirà anche il marito.
La storia è ispirata a fatti familiari dell’autore e produce un impatto fortissimo nella borghesia del tempo. Nel 1857 Flaubert finisce addirittura sul banco degli imputati per “oltraggio alla morale pubblica e religiosa e al buon costume”. La pubblicazione solleva polemiche e pareri contrastanti tra lettori e critici, tutto a beneficio della notorietà dell’opera.

(Sebastiana Schillaci)

 

La storia di Francia è zeppa di re, di regine e soprattutto di amanti: più o meno famose, le “regine di cuori” hanno spesso influito sul sovrano di turno più di tanti accreditati consiglieri. E in alcuni casi c’è mancato poco che cambiassero le sorti del Paese. È questo il caso di Gabrielle d’Estrées (1573-1599), favorita di Enrico IV di Navarra e madre dei suoi tre figli, vittima di una morte tanto orribile quanto misteriosa a un passo dal matrimonio che avrebbe fatto di lei la regina di Francia, contro il parere dell’opinione pubblica, della Corte, del Papa e di Margherita di Valois, a tutti gli effetti ancora legittima consorte del re.
Partendo da dati reali, in particolare una serie di dipinti anonimi, conservati in diversi musei tra cui il Louvre e legati tra loro da una simbologia ricorrente, l’autore cerca di fare luce sul segreto che ancora circonda quella scomparsa: Gabrielle fu avvelenata? O morì per una sfortunata casualità? I documenti dell’epoca lasciano spazio a entrambe le ipotesi, ma soprattutto svelano l’atteggiamento ambiguo di Enrico IV, stretto tra la passione per Gabrielle e la solita, implacabile ragion di Stato.
Il romanzo poggia su una struttura ben congegnata nella quale realtà e fantasia si intrecciano e si compongono con coerenza in un racconto avvincente.

(Monica Anelli)

 

                                                      

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