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segnalibro |
SAGGISTICA
CDE
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C
Autore: Candido CANNAVÒ
Titolo: E li chiamano disabili
Editore: Rizzoli
Anno: 2005
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Questo libro dovrebbe essere
corredato dall’avvertenza che di solito accompagna i farmaci: ha
controindicazioni ed effetti collaterali. Controindicazioni: se non
sapete niente dei disabili, non leggetelo, vi fareste un’idea
sbagliata. Effetti collaterali: attenzione alla glicemia, si rischia
l’overdose di melassa grondante buonismo.
Dopodiché vale comunque la pena di leggerlo, perché raccoglie storie
vere di vite eccezionali. Il chirurgo-sindaco paraplegico, lo
scultore cieco, la ballerina senza braccia, lo scienziato spastico.
Uomini e donne che sono riusciti a superare limiti creduti
invalicabili.
Quello che disturba è il perenne stupore con cui Cannavò viaggia
nell’universo dell’handicap. Sempre sopra le righe, sempre a bocca
aperta di fronte a imprese indubbiamente straordinarie, ma anche di
fronte al fatto che un disabile possa semplicemente vivere senza
piangersi addosso, studiare, lavorare, divertirsi, leggere, suonare,
amare e, somma meraviglia, essere amato da un compagno o compagna
“normale”. Con il razzismo alla rovescia di chi pensa che per essere
“politicamente corretti” si debbano negare le difficoltà, gli
ostacoli, i problemi piccoli e grandi che un disabile affronta ogni
giorno. Esistono milioni di persone che non danzano alla Scala, non
girano il mondo in barca a vela, ma sarebbero perfettamente in grado
di dare un contributo valido alla società se venissero rispettati
alcuni loro diritti elementari, ad esempio di poter camminare su
marciapiedi senza biciclette e motorini o di non trovare auto
parcheggiate davanti alle rampe d’accesso. Persone per cui andare a
lavorare da soli ogni mattina è già un’impresa. Alcune volte, come
nel caso dei distrofici, è un’impresa sopravvivere qualche mese di
più. Non per questo desiderano essere considerati eccezionali, non
per questo i loro familiari vogliono essere considerati martiri. Ma
se vi ritenete vaccinati contro la retorica e i falsi stupori,
allora leggete questo libro: vi farà scoprire un mondo vitale e
positivo di iniziative, idee, associazioni, gruppi e singoli
individui, disabili e non, che vale comunque la pena conoscere.
Sempre tenendo presente le avvertenze di cui sopra.
(Daniela Borsato)
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Autore: Carlo Maria CIPOLLA
Titolo: Allegro ma non troppo
Editore: Il Mulino
Anno: 1988 |
...ma voi siete stupidi, intelligenti,
sprovveduti o banditi? La risposta vi verrà dal secondo dei due
simpaticissimi saggi che compongono questo lepido libretto: Le
leggi fondamentali della stupidità umana. Con un linguaggio che
risulta da una sapiente fusione di matematica, statistica,
socio-filosofia, psicologia, facezia e sottile umorismo, l'autore -
uno studioso di storia e di economia medievale - propone una
brillante analisi dei rapporti interpersonali, corredandola
opportunamente di teoremi, grafici e corollari.
Giocato sul filo del paradosso e
dell'assurdo è anche il primo saggio, di taglio più strettamente
storico e socio-economico: Pepe, vino (e lana) come elementi
determinanti nello sviluppo economico dell'età di mezzo, vale a
dire nel Medioevo. Pepe, vino e lana, cioè spezie, agricoltura e
industria tessile. Ma i tre elementi, nell'ottica della parodia,
diventano tre potenti afrodisiaci, che contribuiscono non poco
all'incremento demografico registratosi dopo l'anno Mille.
Un gioco, certo, un divertissement
intellettuale, in uno stile gradevole e frizzante nel quale si
coglie il sorriso divertito e bonario del saggio. Al lettore resta
il sapore asprigno ma allettante dell'ironia, quella di cui in fondo
un po' tutti abbiamo bisogno per... non prenderci troppo sul
serio.
(Paola Lerza) |
Autore: Paulo
COELHO
Titolo:
Manuale del guerriero
della luce
Editore: Bompiani
Anno: 1997
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Paulo Coelho è uno scrittore
sudamericano contemporaneo: nei suoi libri egli esprime una profonda
spiritualità, alla ricerca della natura dell’uomo e dello scopo
della sua esistenza sulla terra. Per lui ognuno di noi ha un cammino
da percorrere, uno scopo per cui lottare, per migliorare non solo se
stesso, ma anche gli altri uomini, il mondo e l’universo intero. Il
guerriero della luce è appunto colui che cerca la propria strada,
lotta per superare gli ostacoli, imparando dagli errori commessi,
sentendosi sempre in contatto con la natura e con i propri simili,
amandoli anche nei momenti di conflitto, accettando chiunque e
cercando di aiutare gli altri perché, in questo modo, sa di aiutare
se stesso. Il guerriero della luce non è un essere molto diverso da
noi, anche lui ha difetti, paure, sbaglia… la differenza è nel fatto
che non si arrende mai e lotta per raggiungere gli obiettivi
fissati. I suoi fini sono sempre giusti e si muovono nello spirito
dell’armonia universale: per questo la natura e l’universo aiutano
il guerriero nel suo cammino, perché non va mai contro le leggi
cosmiche. Le armi di cui dispone sono la fede, la speranza, l’amore.
Egli ha fiducia: poiché sa di essere nel giusto, anche se a volte
sbaglia o perde, continua a sperare e va avanti, amando l’umanità e
perciò è riamato. Egli conosce la gratitudine, non imbroglia mai, sa
leggere nel cuore degli uomini senza lasciarsi ingannare dalle
apparenze. Egli sa distinguere le cose importanti e definitive da
quelle effimere e passeggere, perciò sceglie di mettere le sue
forze a disposizione di ciò che è importante. Egli, a volte, ama
restare solo per ascoltare la voce del proprio cuore, la propria
coscienza: sa di imparare molto riflettendo su ciò che ha fatto e
che vuole fare. Forse non diventerà né importante né famoso, ma sarà
consapevole di aver compiuto azioni giuste e di aver portato il
proprio contributo al mondo ed all’umanità affinché il domani sia
migliore dell’ oggi. Tutti noi possiamo essere guerrieri della luce,
offrire il nostro piccolo contributo per migliorare il mondo in cui
viviamo, imparando a rispettarci, ad essere onesti, per divenire
veri uomini… guerrieri che portano la luce della speranza e la
diffondono negli altri irradiando la natura, per dare un futuro
migliore all’umanità.
(Gabriella Nasi) |
Autore: Cristina COMENCINI
Titolo:
L’illusione del bene
Editore: Feltrinelli
Anno: 2007 |
Mai, forse, come nelle ultime vicende della
politica italiana, un libro è stato così attuale. Sembra esserci un
peccato originale nel destino della grande ideologia del XX secolo,
quella del Socialismo Reale, che si rifà a Carlo Marx ed al suo
libro "Il capitale".
È indubbio che molte delle idee socialiste siano più che giuste: il
sogno di rendere tutti uguali e liberi, di eliminare per sempre la
fame, la guerra, la povertà dal mondo, di impedire lo sfruttamento
dell’umanità sono idee che, forse da sempre, gli uomini hanno
vagheggiato; sono le stesse idee che si ritrovano in molte
religioni, le stesse idee per cui un uomo è morto sulla Croce
duemila anni fa
Cosa è dunque accaduto per cui l’attuazione di tale ideologia ha
fallito dovunque, portando miseria invece che ricchezza, spingendo
gli uomini alla delazione invece che alla solidarietà, i popoli alla
dittatura invece che alla democrazia?
C’era qualcosa di sbagliato negli uomini che hanno cercato di
realizzare tali idee o c’è qualcosa di sbagliato nel sistema stesso,
nel tentativo di imporre con la legge una nuova giustizia sociale?
Perché, anche nel nostro paese, a partire dal ‘68, i movimenti che
si ispirano alle idee “comuniste” hanno fallito, anche quando sono
riusciti a prendere il potere? È dunque vero che ci si è illusi di
portare il “bene” finendo con il fare del male a noi stessi ed alla
gente che volevamo aiutare?
È sempre stata colpa dei cosiddetti “poteri forti” e dei complotti
orchestrati dal “nemico” o l’errore sta proprio nel ritenere di
possedere la chiave giusta per portare un nuovo “ordine” nel mondo?
Non è forse vero che il cambiamento, la “conversione” vanno
realizzati al nostro interno prima che imposti dall’esterno, per
essere efficaci?
Sono queste le domande che si pone, forse insieme a molti di noi,
Mario, il protagonista di questo libro, un ex “ comunista” come
ormai molti di noi dicono di essere stati (quando, come Veltroni o
Lucio Dalla, non dichiarano di “non essere mai stati comunisti”...).
In piena crisi di identità, sia politica che familiare, Mario
incontra tre donne appartenenti a quattro generazioni della stessa
famiglia: nonna, nipote e pronipote, giunte in Italia, come migliaia
di altre, dopo la caduta del muro di Berlino. Manca una donna,
figlia di una e madre dell’altra, nonna della bambina, di cui esiste
solo una foto; una donna che dovrebbe avere la stessa età di Mario,
una donna i cui occhi lo colpiscono… e sarà proprio per scoprire chi
era, dove sia finita, perché sia scomparsa questa donna che Mario
farà nuove scelte di lavoro, viaggerà e scoprirà il mondo dei
“desaparecidos” dell’ex URSS, il mondo dei piccoli ricatti, delle
spie, dei manicomi politici già denunciato, anni e anni fa, dal
grande dissidente russo Solgenitzin e, ultimamente, nel film “ Le
vite degli altri”.
Un libro, questo della Comencini, da leggere e su cui riflettere,
non per rinnegare ideali giusti, ma per cercare un nuovo modo per
realizzarli.
(Gabriella Nasi) |
Autore: Benedetta CRAVERI
Titolo:
Amanti e regine
Editore: ADELPHI
Anno: 2005 |
Amanti e regine ovvero, come
recita il sottotitolo, il potere delle donne. Un potere sui
generis, ma per molti versi effettivo, quello che ha
caratterizzato le donne francesi dell’Ancien Régime, mogli, madri,
sorelle, figlie o concubine che fossero. Perché sui generis?
Perché non fu mai esercitato in nome di una autorità riconosciuta,
ma sempre in qualche modo guadagnato attraverso l’astuzia,
l’intelligenza, la bellezza, o approfittando di circostanze
favorevoli quando veniva a mancare, per motivi diversi, il potere
maschile.
È questa la tesi di fondo del bellissimo libro di Benedetta Craveri,
che ricostruisce con dovizia di particolari le vicende di tante di
queste donne: dalla volitiva Caterina de’ Medici alla discussa
reine Margot, da Anna a Maria Teresa d’Austria, alle
tante favorite reali, per finire con Maria Antonietta, figura ancora
da decifrare, divisa com’è tra l’immagine della regina inadeguata e
insensibile della storiografia repubblicana e antimonarchica e
quella di martire diffusa dalla Restaurazione.
Sempre rigorosamente fedele alle fonti storiche e attenta al
dettaglio curioso, ma allo stesso tempo dotata di una rara capacità
affabulatoria, la Craveri riesce a fare dei ritratti di queste donne
tanti piccoli romanzi, al punto che il libro si apprezza meglio se
non lo si legge tutto d’un fiato, come effettivamente verrebbe
voglia di fare: meglio lasciar decantare ogni storia, ogni vita,
prima di tuffarsi in quella successiva. I numerosi aneddoti e i
commenti spesso arguti dell’autrice strappano più di un sorriso e
rendono la lettura estremamente avvincente anche per i non “addetti
ai lavori”.
(Monica Anelli) |
Autore: Benedetta CRAVERI
Titolo:
Maria
Antonietta e lo scandalo della collana
Editore: ADELPHI
Anno: 2006 |
Nell’immaginario collettivo Maria Antonietta,
consorte di Luigi XVI e come lui decapitata nel corso della
Rivoluzione Francese, è e resterà per sempre “quella delle brioches”.
Che la famigerata frase sia mai stata pronunciata, e nel caso
proprio da lei, è ancora tutto da dimostrare, ma tant’è. Eppure la
sua figura appare molto più complessa di quanto non risulti dalla
storiografia ufficiale e dalle cronache di corte, viziate dal
pregiudizio dei Francesi nei confronti della mai amata ”Austriaca”.
In questa breve opera, che si legge d’un fiato, Benedetta Craveri
ricostruisce una vicenda che ebbe una portata enorme sull’opinione
pubblica francese ed europea negli anni che precedettero la
Rivoluzione; lo scandalo, anche in epoche successive, fornì
materiale in abbondanza a drammaturghi, romanzieri e storici, ma
soprattutto diede il colpo di grazia a una monarchia già prossima al
tracollo: come disse Wolfgang Goethe, “(…) intaccò le fondamenta
dello Stato, annientò il rispetto verso la regina e in genere verso
le classi elevate: giacché tutto quello che venne in discussione non
fece che manifestare chiaramente l’orribile corruzione in cui si
trovavano impaniati la corte e gli aristocratici.(…)”.
Al centro dell’affaire una costosissima collana di diamanti,
apparentemente commissionata proprio da Maria Antonietta ai
gioiellieri della Corona, poi fatta sparire e mai pagata. La sovrana
fece di tutto per dimostrare la propria estraneità ai fatti, ma per
l’opinione pubblica rimase lei l’unica, vera colpevole. Benedetta
Craveri propende per la tesi innocentista, ma ricostruisce i fatti
sulla base di una rigorosa documentazione storica che, ammette,
ancora non consente di fugare tutti i dubbi sulla vicenda e sul
comportamento della regina.
(Monica Anelli) |
Autore: Ilaria CUCCHI con Giovanni
BIANCONI
Titolo: Vorrei dirti che non
eri solo
Editore: Rizzoli
Anno: 2010 |
“Quando è entrato in prigione era sano, pesava
52 chili e non aveva malattie né patologie particolari; ne è uscito
cadavere, ridotto a uno scheletro di 37 chili, con il volto e il
corpo ricoperti di ecchimosi, escoriazioni e tumefazioni”.
Stefano Cucchi muore solo, nella notte fra il 21 e il 22 ottobre del
2009, all’ospedale Sandro Pertini di Roma, mentre si trova in stato
d’arresto per il possesso di una modica quantità di stupefacenti.
Muore nell’indifferenza di chi gli sta intorno, mentre è affidato
allo Stato e a dei medici che dovrebbero avere cura di lui e del suo
corpo martoriato; al contrario, nessuno raccoglie le sue accorate
richieste di parlare col proprio avvocato, nessuno si rende conto o
dà peso al progressivo aggravarsi delle sue condizioni di salute né
ai motivi che hanno reso necessario il suo ricovero. Stefano Cucchi
muore di noncuranza e forse di pregiudizi: in fondo è un tossico e
uno spacciatore, ultimo degli ultimi. Nessuno si sente in dovere di
mettere al corrente lui e la sua famiglia delle sue reali condizioni
di salute, nessuno dà ascolto a quei genitori che ogni giorno, per
una settimana, bussano alle porte del carcere e dell’ospedale
chiedendo inutilmente di vederlo e di sapere come sta.
Qualcuno dovrà pur rispondere di questa ingiustificabile incuria e
forse di colpe più gravi: perché è probabile che quelle lesioni e
quelle fratture Stefano non se le sia procurate cadendo dalle scale,
come dichiara. Forse c’è stato un pestaggio, ci sono dei testimoni.
In questo libro, scritto insieme al giornalista Giovanni Bianconi,
sua sorella Ilaria ripercorre i giorni bui e angoscianti della
detenzione e della morte di Stefano e ci parla di lui: lo fa con
amore e tenerezza, ma senza nascondere le fragilità e gli aspetti
meno edificanti di una vita persa nell’alcol e nella droga e il
dramma di una famiglia che ritrova forza nella determinazione ad
arrivare alla verità su questa morte atroce: “Non cerchiamo
vendette, ma risposte e decisioni che restituiscano dignità a mio
fratello, morto mentre si trovava in custodia dello Stato di cui era
cittadino. Forse pensando di essere solo, quando non lo era
affatto.”
Grazie alla forza e alla determinazione di Ilaria e della sua
famiglia molte prove emergono sulla fine assurda di Stefano e nel
mese di aprile 2010, concluse le indagini preliminari, tredici
persone fra agenti penitenziari, medici, infermieri e responsabili
dell’amministrazione carceraria risultano indagati per “lesioni,
falso in atto pubblico, abuso d’ufficio, omissione di atti
d’ufficio, omissione di referto, favoreggiamento. E soprattutto, per
i medici e gli infermieri, per abbandono di persona incapace di
provvedere a se stessa.”
Si muore ancora di indifferenza. Non nell’angolo buio di una strada,
ma in una struttura ospedaliera della civile Italia.
(Monica Anelli) |
D
Autore: Angelo DEL BOCA
Titolo:
Italiani, brava gente?
Editore: Neri Pozza
Anno: 2005 |
Niente è più
resistente e più diffuso in Italia del mito degli italiani “buoni”,
che perdono le guerre, ma sarebbero incapaci di commettere le
crudeltà e le efferatezze attribuite agli altri popoli. In realtà
gli italiani, in epoche e luoghi diversi, si sono macchiati di
crimini più o meno come gli altri: solo che storici, politici,
studiosi, hanno preferito stendere un velo pietoso di ipocrisia su
tanti episodi oscuri che i libri di storia continuano ad ignorare.
Angelo Del Boca è il più illustre degli storici del colonialismo
italiano. In questo libro ripercorre soprattutto gli eventi relativi
alle conquiste coloniali, ma si occupa anche di altri fatti
vergognosi e ignoti all’opinione pubblica. Il periodo considerato va
dalla fine del 1800 al 1946. Si passa dalla lotta al brigantaggio
alla rivolta dei Boxer in Cina, dalla guerra di Libia alla I guerra
mondiale, alla guerra d’Etiopia, all’invasione della Slovenia fino
alla “resa dei conti” dell’immediato dopoguerra. Per ogni guerra,
perduta o vinta, stragi, massacri, deportazioni, di cui si è saputo
poco o nulla. In Italia, ad esempio, è stato giustamente istituito
il giorno della memoria per i martiri delle foibe, ma quasi nessuno
parla dei 12000 sloveni uccisi, torturati, deportati durante
l’occupazione italiana. Un’ingiustizia non ne giustifica un’altra,
ma forse ci aiuterebbe a guardare le cose da una prospettiva
diversa.
Nessuno ha pagato per quei crimini: nessuna Norimberga, nessun
tribunale internazionale. Anzi, i responsabili delle guerre
coloniali, in cui furono usati sulla popolazione civile gas velenosi
e armi proibite dalla Convenzione di Ginevra, tornarono in patria
accolti con tutti gli onori.
Ogni guerra porta con sé orrori e l’indignazione serve a poco: non
esistono popoli più o meno predisposti alla violenza. In ognuno di
noi probabilmente si nasconde un potenziale torturatore o un eroe,
solo non lo sappiamo perché non ci siamo mai trovati nelle
circostanze adeguate. Non siamo migliori degli altri, né peggiori,
ma anche noi, e in particolare noi insegnanti, abbiamo l’obbligo di
fare i conti con la nostra storia, come altri hanno fatto prima di
noi. Un libro serio, documentato, imparziale come questo,
può essere di grande aiuto.
(Daniela Borsato)
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Autore: Federico De Rosa
Titolo: Quello che non ho mai
detto
Editore: San Paolo
Anno: 2014
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Federico De Rosa è una persona autistica ad
alto funzionamento che con l’aiuto del computer è arrivato a
scrivere un libro in cui descrive il suo mondo interiorem con una
tale chiarezza e consapevolezza da coinvolgere il lettore alla
scoperta di quella comunicazione così tanto considerata impossibile
da rivelarsi emozionante.
Già dalle prime pagine, il lettore si accorgerà subito che lo scopo
del libro è molto più alto di una semplice biografia. L’autore, di
soli 20 anni, si propone di raccontare e far comprendere il mondo
interiore di chi soffre di una sindrome che relega la persona
lontana dalla realtà e che erge un muro di incomunicabilità con il
mondo esterno: l’autismo. Egli narra, man mano, il suo cammino alla
conquista della coscienza del mondo che lo circonda attraverso
l’esercizio della sua volontà che, imprigionata in un blocco, fatica
a risolversi in una situazione comunicativa. Ed egli si racconta per
creare un ponte tra le persone autistiche e le persone non
autistiche, che chiama neurotipiche, con il desiderio di frantumare
quel muro di incomunicabilità per stabilire relazioni ed emozioni.
Un libro che conforta ed aiuta educatori ed insegnanti che vivono
quotidianamente un rapporto con persone autistiche, dando loro la
certezza, e non solo la speranza, che quel muro invalicabile
potrebbe essere solo di carta velina.
(Teresa Ducci) |
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Autore: Stefano DISEGNI
Titolo: Indemoniato!
Editore: B.C. Dalai editore
Anno: 2010 |
Questa antologia raccoglie le migliori
strisce che Stefano Disegni (nomen omen!) ha pubblicato su
diversi quotidiani negli ultimi due anni. Disegnatore e autore
satirico, geniale interprete dell’attualità politica italiana,
Disegni dipinge un quadro irresistibilmente comico delle miserie dei
giorni nostri e non risparmia nessuno: né il premier, perennemente
affaccendato con allegre donnine, né il Papa, che parla in latino
maccheronico ed è ossessionato dalle sue “scarpettae rubrae de
Prada” né nessuno dei comprimari che affollano le sale e i corridoi
dei palazzi che contano. La sua è irriverenza bella e buona ma, come
ben dice Marco Travaglio nella sua prefazione, riesce “a dire le
cose più turpi e feroci con una levità che le rende soffici come una
piuma. Riesce a rendere la pornografia del potere con la stessa
leggerezza che usa il bambino quando dice “cacca”.”
Faccio mia la raccomandazione di Travaglio: “mai leggere
Indemoniato! In luoghi affollati da sconosciuti, tipo aeroporti,
stazioni, bar, ristoranti, spiagge. Vedendovi piangere o rotolare
per terra, qualcuno potrebbe chiamare la neuro. O l’esorcista.”
(Monica Anelli) |
Autore: Renato DULBECCO
Titolo:
La mappa della vita - L’interpretazione del codice genetico
Editore: Sperling & Kupfer
Anno: 2006
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L’ idea di decodificare il codice genetico
dell’uomo, lanciata da Renato Dulbecco nel 1986, sembrò a molti una
proposta pazzesca. E fu solo grazie al suo prestigio se si avviò una
serie di progetti di ricerca che ha portato, in vent’anni, alla
realizzazione di un sogno: leggere e trascrivere il messaggio di 3
miliardi di lettere che costituisce il “libretto di istruzioni” per
formare, far crescere e riprodurre l’essere umano.
Questo traguardo è stato salutato dagli scienziati di tutto il mondo
come una “svolta storica, una vera rivoluzione”, che ha apportato
novità grandissime.
E il padre dell’ingegneria genetica le spiega in quest’opera
"curiosa”, ma anche accattivante e affascinante, perché fa toccare
con mano le enormi possibilità che si aprono per la medicina del
futuro.
Anche chi non è avvezzo al linguaggio scientifico, si appassiona
alla conoscenza di un mondo straordinariamente fisico, metafisico,
psicologico e, in una parola, umano.
Le complesse interazioni tra i geni coinvolti nella determinazione
della personalità, assieme agli effetti complessi dell’ambiente,
possono spiegare perché la società umana ha un comportamento
caotico. È emblematico l’esempio della farfalla che sbattendo le
ali nel Canada causa un uragano nei Caraibi.
Si scopre l’enorme importanza dell’ambiente nella formazione della
personalità, ma anche la riflessione e la consapevolezza
dell’importanza dell’anima : che cosa siamo? Qual è la posizione
dell’anima rispetto alle impronte che i geni e l’ambiente lasciano
nell’individuo? E, soprattutto, quando “si forma” l’anima”?
È un’opera avvolgente e coinvolgente, pagine che si lasciano
“divorare” per conoscere, sapere, stupirsi. E si possono "vedere" i
geni che lavorano collegati tra loro e si comunicano le informazioni
interagendo con l’ambiente.
Si aprono scenari incantevoli che fanno presagire un futuro
imminente fondato sul benessere del genere umano: non più attraverso
la ricerca di farmaci, ma agendo direttamente sulle proteine
responsabili delle disfunzioni dell’organismo, certe malattie
verranno definitivamente estirpate, riparando i pezzi difettosi del
DNA.
La Mappa della vita e il metodo di ricerca voluto da Dulbecco hanno
causato non poche polemiche da parte di chi contesta per motivi
etico/ religiosi/ politici.
“Fino a ora era come se fossimo circondati da un alto muro , dalle
crepe del quale potevamo intravedere il ricco paesaggio circostante;
ma ora il muro è stato abbattuto, e vediamo le strade inesplorate
che si addentrano in quel paesaggio. Ora sta a noi scegliere quale
esplorare”. Tutta la vita è speranza.
(Tania Conte) |
E
Autore: Antonio ERRICO
Titolo:
Viaggio a Finibusterrae - Il Salento tra passioni e confini
Editore: Manni
Anno: 2007 |
“Se veniste da queste parti, prendendo
qualsiasi strada, partendo da qualsiasi posto, in qualunque ora e in
qualunque stagione, sarebbe sempre lo stesso: vi toccherebbe
spogliarvi dei sensi e della ragione” (Thomas S. Eliot).
Con questa prefazione, Antonio Errico dà una chiara immagine di
quello che è il sapore della terra salentina e della miriade di
sentimenti e passioni che scatena in chi la osserva, anche da
semplice turista.
“Il Salento è una terra di miraggi, ventosa; è fantastico, è pieno
di dolcezza; resta nel mio ricordo più come un viaggio immaginario
che come un viaggio vero” dice Guido Piovene - e Antonio Errico, in
questo volumetto di appena cento pagine, riesce ad esprimere con
grande efficacia la piacevole sensazione che si prova a immergersi
in questa terra, nativo o straniero.
“Quae lapis loquor accipe ni lapis es” e, in effetti, sembra che non
ci sia “nessun discrimine” tra le sfere della “finitudine
dell’umano” da quelle dell’eterno e dell’infinito. Il richiamo al
barocco leccese è complesso, riflessivo, profondo. È nell’ansia di
“farsi teatro” di attendere dalla pietra “risposte che la vita non
può dare”.
La scansione in brevi capitoli è introdotta da versi poetici che,
come il cerchio dei tamburellisti, “contiene e separa dal mondo la
coppia che danza”. E così: Del silenzio. Della luce. Della
malinconia: Castro è fatta di onde, con tempeste di luce quando
albeggia e bonacce quando comincia ad imbrunire.
E la malinconia di Santa Cesarea: "Santa Cesarea è triste. Se non
hai un amore”. Ed ecco che la Storia si tocca con mano, si legge
nelle pietre, nelle case, nei volti della gente. E il passato
riaffiora ad ogni angolo, in ogni piazza, nei muri a secco, nei
campanili e nei silenzi delle strade, nei dolmen e nei menhir, nelle tarantate e nella penombra delle chiese, nei loro mosaici. Come
quello della Cattedrale d’Otranto dove il prete Pantaleone ha voluto
“insegnare con le figure”. Certamente Pantaleone conosceva
l’ideologia di Gregorio Magno il quale sosteneva che “le immagini
insegnano all’illetterato ciò che la scrittura insegna a colui che
conosce le lettere dell’alfabeto”.
La città sognata che concettualizza la bellezza: “usa la pietra per
elaborare l’incanto”. Forse l’immagine più autentica di Lecce è
nella fantasia che se ne può avere. Nel sogno di questa città a
orizzonte di un viaggio immaginario, ”Come in una pagina di Roland
Barthes”.
Ma dov’è Finibusterrae? Il punto in cui la terra si distende sopra
il mare (o è il mare che dilaga sulla terra?). Finibusterrae può
essere nostalgia anche di cose che non sono mai state, “un luogo
generato dal pensiero”, due luoghi distanti tra loro; due autori
diversi; Pointe du Raz, estremità occidentale della Bretagna, dove
s’innalza la statua di Notre- Dame des Naufragés, “è uno dei due
luoghi”.
È il luogo che muove alla preghiera “Signora il cui santuario sta
sul promontorio, prega per tutti quelli che sono in mare… Figlia del
tuo figlio, anche per quelli prega ch’eran in mare…..”. Sono parole
umili di una preghiera popolare, nonostante il verso dantesco che
“compare improvviso”. Ogni immagine, verso, parola portano a Santa
Maria di Leuca. In realtà è una lirica di uno dei “Quattro quartetti
di Thomas S Eliot: Dry Salvages (nella traduzione di Filippo Donini,
Garzanti, Milano 1976).
(Tania Conte) |
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