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NARRATIVA CA-CG
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C
Autore: Italo
CALVINO
Titolo: Marcovaldo ovvero
le stagioni in città – letto da Marco Paolini
Editore: Full Color Sound
Anno: 2006
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“C’è, nella prima edizione di Marcovaldo, una
spaziatura ogni tanto tra le righe che suggerisce una lettura. Ho cercato di
seguire questo ritmo-misura aggiungendo solo un po’ di colore alle voci.
Spero che non sia troppo, di sicuro con Calvino basta poco perché le righe
respirino di vita propria.”
Con questa consapevolezza, con questo rispetto, Marco Paolini legge per noi
le quattro novelle del primo ciclo della celeberrima opera di Calvino: e lo
fa da par suo. Le sue doti affabulatorie non possono che esaltare e rendere
ancora più godibile un capolavoro come questo. Ascoltandolo, ho ritrovato un
po’ lo stupore e il piacere di quando, da piccola, sentivo le fiabe sonore
dal mio giradischi: “A mille ce n’è nel mio mondo di fiabe da narrar…" e la
stanza diventava di volta in volta bosco, castello, tugurio…
Qui la voce di Paolini e le splendide musiche dei Tanit - cinque tra i
migliori musicisti della scena jazz italiana e internazionale – ci
trasportano nell’arcigna città dove Marcovaldo, suo malgrado, è costretto a
vivere, combattuto tra la rassegnazione e l’incapacità di adattarsi alle
contraddizioni del progresso. Stralunato e candido, i sensi sempre all’erta,
non si sa se più maldestro o più iellato, si ostina nonostante tutto a voler
ritrovare quella natura tanto rimpianta e della quale in città non restano
che pochi, striminziti segni. Ma, come scrisse Calvino, “(…) quella che egli
trova è una natura dispettosa, contraffatta, compromessa con la vita
artificiale.” Una natura matrigna, insomma, che lo attrae e lo respinge,
restituendolo ogni volta sconfitto alla grigia vita di tutti i giorni. E noi
lettori, un po’ ridiamo e un po’ ci immalinconiamo, perché lo sentiamo tanto
uno di noi.
(Monica Anelli) |
Autore: Italo CALVINO
Titolo: Palomar
Editore: Einaudi
Anno: 1983
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C’è una lunga prefazione in cui Calvino spiega com’è
nata l’idea di “Palomar”. In realtà parla d’altro: di ciò che voleva
scrivere e non ha scritto. Già questo è un segnale: in questo libro niente è
come sembra. Il signor Palomar porta il nome di un famoso telescopio ed
effettivamente la sua principale attività è guardare, ma non il
cosmo infinito: Palomar si è dato il compito di osservare la vita nei
dettagli più apparentemente irrilevanti, tentando di ricavarne qualche
conclusione universale, impresa che tuttavia si rivela difficilissima. Egli
è il simbolo dell’intellettuale che, tra ironia e consapevole distacco,
tenta di muoversi tra le pieghe della nuova società dei consumi, cogliendone
inevitabilmente le incongruenze, le sfasature, i controsensi. Questo libro
va letto piano piano, frase per frase, non va divorato ma assaporato; alla
fine si viene premiati da alcune delle pagine più geniali che siano mai
state scritte in italiano: “La pantofola spaiata”, “Del prendersela con i
giovani”, “Serpenti e teschi” e molte altre.
"Rileggendo il
tutto, m'accorgo che la storia di 'Palomar' si può riassumere in due frasi:
Un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza. Non
è ancora arrivato."
(Daniela Borsato) |
Autore: Italo CALVINO
Titolo: Se una notte d’inverno un
viaggiatore
Editore: Einaudi
Anno: 1979
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È un gioco letterario ma è anche una dichiarazione
d’amore. Tanti libri dentro un libro solo, dieci storie diverse che iniziano
ma non terminano, si concatenano con altre che a loro volta rimangono
incompiute, dentro la cornice di un’altra storia, quella del Lettore e della
Lettrice che s’incontrano e s’innamorano. Un gioco tutto di testa, un
esercizio di abilità narrativa (la tipica tecnica “combinatoria” di
Calvino). Ma io vi ho letto anche tanta passione: la passione del leggere e
del raccontare storie. È un romanzo fatto di inizi. Varrebbe la pena di
leggerlo solo per il primo incipit, la descrizione del
lettore-che-sta-per-iniziare-questo-libro. Ma è tutto un divertimento, un
piacere ogni volta frustrato e interrotto, che non permette comunque al
lettore di lasciare il romanzo a metà.
Calvino lo ha definito “un romanzo sul piacere di
leggere”. Io aggiungo: il piacere di leggere e di cogliere a nostra volta il
suo piacere di scrivere.
(Daniela Borsato)
Approfondimento. Una parodia della scrittura, una
mistificazione della lettura, una metafora della vita. Tutto questo è Se una
notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. L’impalcatura a cornice, con
gli episodi singoli incastonati in un racconto-contenitore più ampio, è
antica e affonda le sue radici in Boccaccio, ma le soluzioni narrative
adottate sono di una modernità sconvolgente, come pure appare sconcertante il
motivo labirintico di tanti percorsi senza uscita e senza fine, di vie
molteplici e apparentemente uguali da percorrere, di possibilità infinite,
nessuna delle quali risolutiva. Anche una metafora della scienza, dunque, con
l’apoteosi dell’antichissimo so di non sapere: nel proporre la
contemporaneità di più universi possibili, intercambiabili e paralleli e
nella prospettiva delle infinite variabili, Calvino esplica al meglio la sua
tecnica combinatoria.
Il Lettore universale (l’uomo) inizia la sua attività di lettura (la vita)
incominciando vari libri (vicende), nessuno dei quali può essere portato a
termine per motivi assolutamente fortuiti (il caso): errori di stampa o di
impaginazione, furti, falsificazioni, sostituzioni… e così gli incipit si
sprecano, e l’autore dispiega tutto il suo divertissement narrativo
per iniziare ben 10 romanzi, tutti avvincenti, tutti costruiti secondo
processi di scrittura sofisticati e accuratissimi. Secondo un canone
consueto, nel suo peregrinare tra biblioteche, librerie e improbabili società
segrete, il Lettore incontra la Lettrice, con la quale si stabilisce il
fil rouge della narrazione, destinata a concludersi con un
tradizionalissimo, quasi scontato lieto fine matrimoniale. Avremo, dunque, la
chiusa ironica e circolare di un Lettore letto che è a letto con la Lettrice,
e legge Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Anche per la
figura del Lettore, infatti, la prospettiva è molteplice: egli è personaggio
della storia, ma è anche l’interlocutore a cui l’autore si rivolge con il
“tu”; è attivo dentro il libro, ma anche fuori di esso, in quanto in lui si
identifica ogni lettore esterno del romanzo.
La vicenda è costellata da apparizioni inafferrabili come Lotaria, sorella
della Lettrice e suo “lato oscuro”, Irnerio, il non-lettore, il professor
Uzzi-Tuzzi, studioso frustrato di una letteratura inesistente, Ermes Marana,
falsario di libri e moltiplicatore di narrazioni, e perfino lo scrittore
Silas Flannery, alter-ego di Calvino, che con tecnica un po’ hitchcockiana fa
capolino nel romanzo.
Se una notte d’inverno un viaggiatore non racconta dunque una storia, ma la
“forma” di tante storie, in una sorta di dissoluzione narrativa che sembra
voler dichiarare la fine del narratore onnisciente, abile giostraio della sua
materia. L’andamento del romanzo rompe in modo provocatorio, inatteso e
imprevedibile il continuum della lettura, spiazzando il lettore con una serie
– che potrebbe essere infinita – di intersezioni narrative.
Non classificabile dunque all’interno di un genere letterario convenzionale,
l’opera si pone come un esempio di “metaromanzo”, prodotto postmoderno di una
filosofia sempre in bilico fra la verità inconoscibile del mondo e la sua
possibile falsificazione.
Lo stile, come nel miglior Calvino, è lucido, preciso, concreto, elegante e
sobrio. (Paola Lerza) |
Autore: Andrea CAMILLERI
Titolo: Il cane di
terracotta
Editore: Sellerio
Anno: 1996 |
Il commissario Montalbano affronta il solito fatto di
mafia, dove truffe e delitti si intrecciano con una certa “fantasia” del
crimine. L’ambientazione è nella metaforica cittadina di Vigàta e nel
territorio circostante. Ma questa volta il Commissario, durante le indagini,
si imbatte in un altro delitto misterioso e conturbante accaduto
cinquant’anni prima: i corpi nudi di una coppia di giovani trovati in una
caverna, custoditi da un cane di terracotta. Contro ogni logica, Montalbano
si butta anima e corpo in questa indagine difficilissima e ne viene a capo,
usufruendo dell’aiuto di singolari collaboratori: gli anziani del posto (la
memoria storica). Si direbbe un’inchiesta in pantofole mista a “cenette in
famiglia” con i piatti preferiti dal commissario buongustaio .
Si notano nel romanzo una grazia naturale nel raccontare, una lingua intrisa
di dialetto antico e un miscuglio delle culture millenarie che dimorano in
Sicilia, dove si sono succedute ben sedici dominazioni.
Adele Chiappisi) |
Autore: Andrea CAMILLERI
Titolo: Il gioco degli
specchi
Editore: Sellerio
Anno: 2011 |
Fatica recente di Andrea Camilleri, un romanzo già
tradotto in versione filmica per il piccolo schermo, un’altra “perla” della
serie “Il Commissario Montalbano”. Le indagini prendono avvio da un fatto
apparentemente banale, una bomba fatta esplodere davanti ad un magazzino
vuoto, e da una serie di indizi e depistaggi che coinvolgono direttamente
il Commissario, non solo nella sua veste professionale, confondendolo e
disorientandolo, ma anche sotto il profilo personale. Il suo acume sembra
assopito e trapela il disagio nel condurre indagini in cui si sente
manovrato da un ignoto regista, qualcuno che sembra faccia di tutto per
allontanarlo dalla verità. È un “gioco di specchi” che potrà solo
inizialmente confondere Montalbano, alla fine sarà sempre lui a sciogliere
il bandolo della matassa.
Il romanzo, come avviene per tutti i lavori di Camilleri, avvince il
lettore con i suoi colpi di scena ed un linguaggio colorito e marcato,
fortemente “agrigentinizzato” , costringendolo a leggere tutto d’un fiato
la narrazione per giungere alla fine, allo sciogliersi dei nodi e
all’individuazione dei responsabili. Tra i personaggi Liliana, una giovane
bellissima, che coinvolgerà il Commissario tanto da fargli rischiare
un’accusa di omicidio; due famiglie mafiose spesso citate nei racconti di
Camilleri: i Sinàgra e i Cuffàro; due morti ammazzati e… non manca qualche
riferimento a recenti fatti di cronaca, sebbene l’autore ci tenga a
precisare che trattasi di un romanzo di pura fantasia.
(Sebastiana Schillaci) |
Autore: Andrea CAMILLERI
Titolo: Il re di Girgenti
Editore: Sellerio
Anno: 2001 |
Quello che è certo è che Michele
Zosimo nasce nell’epoca sbagliata e nel posto sbagliato. Una mente dotata e
lungimirante come la sua avrebbe di sicuro avuto più successo in luoghi e
periodi di grandi cambiamenti… che so, durante la rivoluzione francese, o
durante quella americana, o nell’Atene del VI secolo a.C. Così, invece,
nell’immobile e arretrata Sicilia borbonica di fine 1600, la sua vita resta
solo un bellissimo sogno, una speranza coltivata con amore e con passione,
che i tempi trasformano in un frustrante fallimento.
Primo figlio maschio di due umilissimi contadini dell’agrigentino, Michele
Zosimo si rivela subito un enfant prodige: precocissimo, intelligentissimo,
fisicamente superdotato, avido di sapere, curioso, spregiudicato. Il suo
concepimento, avvenuto tra Gisuè e Filonia dopo una notte di sesso
infuocato tra lo stesso Gisuè e la moglie del signorotto locale, sembra la
variante plebea del concepimento di re Artù, e tutta la sua vita avrà
un’impronta di regalità. Perché Zosimo è un uomo fuori dal comune, un
leader naturale, avanti anni luce rispetto all’ignoranza e alla gretta
mentalità dell’epoca, piena di pregiudizi, di oscurantismo e di paure. In
poche parole, Zosimo è un eroe. E come tutti gli eroi è anche un martire,
una vittima della storia, che da sempre si fonda sulla legge del più forte
e sugli intrighi della politica.
Il libro è un capolavoro anche dal punto di vista stilistico. Scritto
interamente in un siciliano stretto, arcaico, appassionato, pieno di
espressioni corpose e coloritissime, fa emergere dalla lingua stessa della
narrazione lo spaccato di un’epoca e lo spirito di una terra. La scelta di
Camilleri, di non distinguere il linguaggio dei personaggi da quello del
narratore, ottiene come risultato un amalgama di potenza straordinaria,
coinvolgente e a tratti commovente.
Leggetelo, e non lo dimenticherete con tanta facilità.
(Paola Lerza) |
Autore: Andrea CAMILLERI
Titolo: Il tailleur grigio
Editore: Mondadori
Anno: 2008 |
Adele è una donna bellissima, sensuale, che usa tutte
le più raffinate astuzie femminili per irretire e dominare gli uomini, e
difendersi da loro. In particolari circostanze indossa un tailleur grigio,
sempre quello. Lo tiene chiuso in un armadio e lo tira fuori per indossarlo in
occasione di qualche funerale o di un incontro formale, che comunque segna
un momento particolare della sua vita, o una svolta. Sposa Daniele, un
funzionario di banca, benestante, un borghese servito e riverito da un
cameriere personale che vive con lui e previene qualsiasi sua necessità. La
vita di Daniele, da quel momento, cambia in maniera radicale, ma alla fine
anche per lui Adele indosserà il tailleur grigio.
Il linguaggio che Camilleri fa parlare ai suoi personaggi è quello di tutti
i suoi romanzi, ispirato alla parlata agrigentina, ma la struttura di
questo romanzo è diversa da quella cui l’autore ci ha abituati con la serie
dedicata al commissario Montalbano.
Si sofferma sulla donna, sembra approvarne debolezze e cedimenti, quasi la
giustifica… e Adele approfitta delle sue doti femminili per segnare la vita
degli altri, di tutti coloro che incrociano il suo cammino.
(Sebastiana Schillaci) |
Autore: Andrea CAMILLERI
Titolo: La luna di carta
Editore: Sellerio
Anno: 2005 |
L’ennesima “ammazzatina” a Vigata, l’ennesimo caso
da risolvere per il commissario Montalbano: stavolta deve trovare
l’assassino di un informatore medico-scientifico tutto lavoro, amante e
doppia vita. Ci riuscirà, come sempre del resto, ma ancora una volta il
successo avrà un retrogusto amaro. Non c’è trionfo nella scoperta della
verità, solo una dolorosa presa d’atto e un senso di compassione per le
miserie umane: perché sono acque torbide e insidiose quelle nelle quali
Montalbano deve muoversi per ricostruire una verità che molti hanno
interesse a tenere celata. Due donne, ognuna a suo modo inquietante, sono le
custodi dei segreti che il commissario dovrà infrangere per arrivare
all’illuminazione decisiva, svelando così il loro gioco, il loro tentativo
di fargli credere, come fece una volta suo padre quando lui era “picciriddro”,
che la luna è di carta.
Prevale, in questo romanzo, una sensazione di profonda
malinconia: è il passare del tempo, è “la vecchiaia che tuppia testardamente
alla porta”, è quel pensiero ricorrente “Quanno viene il jorno della tò
morti…” che sempre più spesso assale Montalbano nel dormiveglia, di prima
mattina… ma ancora una volta quella malinconia si stempera nella graffiante
ironia di Camilleri e nella sua godibilissima prosa che avvolge, canta e
diverte.
(Monica Anelli) |
Autore: Andrea CAMILLERI
Titolo: La pensione Eva
Editore: Mondadori
Anno: 2006 |
L’ultimo romanzo di Andrea Camilleri si differenzia
dagli altri suoi scritti e come lui stesso afferma “…non è un racconto
storico né un racconto poliziesco, è un racconto fortunatamente
inqualificabile”.
La vicenda è ambientata in una casa chiusa, durante la Seconda Guerra
Mondiale”, ma malgrado la scabrosità delle vicende, l’autore dà delle
“ragazze” non una descrizione degradante ed accusatoria: le presenta
piuttosto come delle “vestali”; il protagonista Nenè e gli amici Ciccio e
Jacolino, appena diciottenni, tengono con loro un rapporto direi
cameratesco.
Fatto straordinario, dalla frequentazione della pensione Nenè si arricchisce
spiritualmente, ascoltando le storie umane di quelle ragazze che vivono una
specie di duplice vita.
La guerra comunque colpisce tutti: la donna, per quanto non direttamente in
combattimento, è la più profondamente colpita, vittima non solo degli
invasori, ma dei suoi più stretti congiunti; il protagonista e gli amici
vengono coinvolti dalla vicenda bellica ed anche la pensione Eva non
sopravvive ai bombardamenti. Solo due delle ragazze riescono, in maniera
diversa, ad affrancarsi da quella triste vita: Siria con uno stratagemma
riesce a sparire col suo amante, il baronello Nicotra di Monserrato, e Lulla
sparisce per mare con Giugiù.
(Adele Chiappisi) |
Autore: Giulia CARCASI
Titolo: Tutto torna
Editore: Feltrinelli
Anno: 2010
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Diego è un docente universitario di Roma che ogni giorno
si reca in treno dalla capitale a Pisa, dove insegna. Si occupa della revisione
di un vocabolario che lo tiene legato all'ossessione per le parole, come se
queste avessero la forza di dare un significato alla realtà che lo circonda: è
proprio con le parole che Diego, uomo razionale, taciturno, quasi bloccato ancor
prima che gli eventi accadano, cerca un appiglio per ciò che non riesce a
definire. Le parole come barattoli che racchiudono il significato vero della sua
realtà. Ma non è mai abbastanza. In una mattina di quei viaggi di andata e
ritorno, il treno si ferma in una galleria per un guasto: tutto diventa buio e
Diego sviene. A risvegliarlo è una voce distante ma vicina, quella di Antonia,
che col suo cappello nero da uomo sulla testa riesce ad aiutarlo nella ricerca
di significati autentici. Una storia d'amore che lentamente nasce e d'improvviso
cancella ogni passaggio che Diego si era volutamente prefissato. Antonia è una
donna ambigua, che non si sa da dove sia apparsa ma che è apparsa comunque,
piombata nella vita razionale e stabile di un uomo che altro non ha se non le
parole e una madre malata di Alzheimer. La loro è una storia dalla quale Diego
cerca di estrarre la perfezione, un senso che spieghi le emozioni che –
finalmente – riesce a provare. Ed è proprio quando sembra averlo trovato che
ogni cosa si ribalta, dall'ultima pagina di un libro bisogna tornare indietro
per capire da dove tutto ha avuto inizio: una menzogna è il punto di ritorno
alla razionalità per Diego, che, dopo la morte di lei, non riuscirà a darsi
pace. Nella rilettura della loro storia, dalla fine all'inizio, capisce e si
addolora per non aver aspettato, per aver dato modo all'ambiguità di Antonia di
vincere sui suoi sentimenti, o significati finalmente giusti. “Ho capito che non
me ne faccio niente del significato delle parole, me ne faccio qualcosa del
significato delle persone”. Tutto torna e niente torna.
In questo romanzo l'autrice ha utilizzato una scrittura più “adulta” rispetto ai
suoi due precedenti (Ma le stelle quante sono e Io sono di legno), poetica e
diretta allo stesso tempo per i suoi pochi ventisei anni. All'inizio non si
comprende bene dove voglia arrivare, la rapidità con la quale è scritto fa
sembrare che manchi una narrazione vera e propria, che però c'è e non è la
solita. Vi sono parole e frasi che colgono nel segno, pensieri ed emozioni che
portano a riflettere. E' un libro rapido, veloce, una storia lunga un anno ma
sulla carta solo 90 pagine. Colpisce perché è vero e triste.
(Chiara Canu) |
Autore: Marie CARDINAL
Titolo: Le parole per dirlo
Editore: Bompiani
Anno: 1976 |
Non basterebbero dieci recensioni per parlare di questo
libro, tante sono le cose da dire, i collegamenti che suggerisce, gli spunti
che offre, le emozioni, gli immancabili confronti, i ricordi che, come
flash-back, riporta alla memoria.
Restiamo, allora, nel romanzo. Anestetizziamo il personale e mettiamo dei
confini, delle restrizioni, lì dove i confini andrebbero divelti, ma tutto
ha un limite, soprattutto in una recensione piccola piccola…
Il libro è completamente autobiografico, Marie ha trent’anni e la Cosa, la
malattia innominabile e inspiegabile, si è impossessata di lei tra incubi,
angosce, paura di vivere e di morire, emorragie continue e secrezioni
nauseanti...
La Cosa ha sempre covato in lei, da bambina, per trasferirsi definitivamente
nel suo corpo, uscendo allo scoperto in manifestazioni umilianti e
devastanti.
Tra la clinica e la tentazione del suicidio, lei sceglie la terza via,
l’analisi. E racconta… “Il dottore sta chiaramente aspettando che mi decida
a parlare.
-Dottore sono malata da molto tempo. Sono scappata da una clinica per venire
da lei. Non ce la faccio più a vivere.
I suoi occhi mi fanno capire che mi sta ascoltando, che devo andare avanti…
-La psicoanalisi può sconvolgere completamente la sua vita-le risponde il
dottore.”
Ma che cosa può sconvolgere la sua vita più di quanto non avesse fatto la
Cosa con tutti i suoi tentacoli?
Per sette anni percorrerà il “vicolo senza uscita, fino in fondo, fino al
cancello di sinistra da quell’ometto” che la porterà a rinascere, a
liberarsi.
Un viaggio all’interno di se stessa lungo e faticoso, da cui Marie cercherà
più volte di sottrarsi, ma la consapevolezza che andare avanti significa
allontanare la Cosa la porta a proseguire, lentamente, dolorosamente, senza
scorciatoie...
Il viaggio di Marie è un viaggio all’inferno, dal quale riemergerà
affrancata, rinata, pronta ad andare avanti, a vivere.
Le parole per dirlo sono le parole che Marie usa per liberarsi, le parole
strumento terapeutico, le parole unico mezzo, unico potere.
Sono le parole che riportano alla luce la Marie bambina, il suo passato, il
rapporto conflittuale con la madre, il rapporto mancato con il padre, la
paura nei confronti del proprio corpo, del sesso…
Una storia tutta al femminile, come femminile è il linguaggio, caldo,
diretto, concreto, visivo.
Mi accorgo che di paletti ne ho messi tanti, per volontà e per incapacità.
Avrei voluto mettere in luce tanti s/punti che mi hanno fatto fermare nella
lettura, tornare indietro, chiudere il libro e gli occhi, riflettere,
passarmi una mano sulla fronte, talvolta sorridere. Mi fermo qui, però, con
le mie poche povere “parole per dirlo”, ritagliate, frenate, spezzate, ma
assolutamente desiderose di invogliarvi a leggerlo, trovarci un pezzetto di
voi e sentirvi, come Marie nelle ultime righe, “una voglia di vivere e di
costruire grossa come un pianeta.
(Maria Cristina Rosa) |
Autore: Massimo CARLOTTO
Titolo: Alla fine di un giorno noioso
Editore: Edizioni e/o
Anno: 2011 |
Chi aveva nostalgia di Giorgio Pellegrini, l’ex terrorista
già protagonista di “Arrivederci amore, ciao”, non rimarrà deluso: il lupo non
solo non ha perso il vizio, ma non ha perso neppure un pelo ed è tornato più
infame che mai. Durante questi dieci anni si è rifatto in qualche modo
l’immagine grazie all’appoggio di amicizie influenti e ha fatto molti soldi con
un locale “di tendenza” frequentato da politici e industriali del Nord-Est che
siglano in quell’ambiente discreto accordi per operazioni quasi sempre illegali.
Proprio una di queste operazioni coinvolge direttamente Pellegrini, che apprende
di aver perso una notevole somma di denaro in un investimento immobiliare
affidato al suo avvocato, ora anche parlamentare della Repubblica. La notizia fa
riemergere in Pellegrini gli istinti sopiti: per vendicare quello che a suo
avviso è un vero e proprio tradimento, metterà in atto una catena di ricatti e
di violenze inaudite.
Carlotto sembra aver perso smalto in questo noir: il personaggio di Pellegrini
appare a tratti talmente ingabbiato nella sua cattiveria e mancanza di scrupoli
da risultare addirittura poco credibile, oltre che estremamente sgradevole. Le
figure femminili, dalla moglie fedele e sottomessa all’amica-amante-schiava alla
socia in affari, appaiono pallide ed eccessivamente deboli, quasi delle comparse
funzionali alla misoginia e al cinismo del protagonista. Molte situazioni, forse
per le numerose allusioni a un recente passato politico, sanno di déjà-vu.
Insomma, alla fine di un giorno noioso… resta un po’ di noia.
(Monica Anelli) |
Autore: Massimo CARLOTTO
Titolo:
Arrivederci amore ciao
Editore: E/O
Anno: 2001 |
La vicenda narrata in questo romanzo ha un
percorso a parabola: la violenza, la prepotenza, la cattiveria sono legate
l’una all’altra in una storia turpe e criminale.
Il giovane protagonista, un uomo senza
principi, vuole lasciarsi alle spalle un vissuto politico rivoluzionario che
lo perseguita e che non gli ha permesso di realizzare quello cui aspirava:
entrare nel mondo dei vincenti. La
storia inizia in Sud America, dove egli viene incaricato dalla guerriglia
di giustiziare un suo amico di militanza rivoluzionaria . Torna in Italia e
per rifarsi una vita vende i suoi ex compagni in cambio di un forte
sconto di pena; poi quando esce di galera fa una rapida carriera,
sfruttando donne, truffando, esercitando ricatti e compiendo azioni
criminali di ogni tipo. Grazie al suo fascino, al cinismo e alle relazioni
sociali in un certo Nordest assetato di denaro, passa dalla marginalità
alla buona società e diventa un vincente. Carlotto usa la sua “cultura carceraria”
per fornire un ritratto sconvolgente, realistico e impietoso dell’Italia
degli anni '70. Tanti hanno cercato di ricostruire, con disinvoltura, la loro
purezza sociale e politica, prevaricando con ogni mezzo pur di avere
successo, potere e rispettabilità.
(Alida Fonnesu) |
Autore: Massimo CARLOTTO
Titolo: il Fuggiasco
Editore: e/o
Anno: 1995 |
Il racconto, vincitore del premio
letterario nazionale “G.Dessi” (Villacidro 1995) è vivace e autoironico e si
può definire romanzo di formazione (e di deformazione), di una vita
costretta al vagabondaggio. Questo libro miscela il reportage giornalistico
col «giallo di pura fiction» e sembra anticipare il genere delle opere
successive dell’autore. Una lunga storia in cui l’autore narra le sue
peripezie nel periodo della latitanza prima in Francia e, poi, in Messico.
I temi affrontati sono tanti: il tormento della nostalgia, il
desiderio di tornare in patria, i sensi di colpa per il sacrificio imposto
alla famiglia, la rinuncia agli affetti e all’amore. Un’autobiografia lucida
e dura.
(Alida Fonnesu) |
Autore: Massimo CARLOTTO
Titolo: Jimmy della Collina
Editore: EL
Anno: 2002 |
Jimmy è un minorenne della campagna
veneta che vuole una vita facile, piena di soldi e lusso, senza però studiare
o lavorare: un balordo provinciale che rinnega l’educazione ricevuta in una
famiglia di persone semplici che vivono dignitosamente del proprio onesto
lavoro. Ma è un ambiente troppo mediocre per Jimmy, che vuole affrancarsi da
una vita di sacrifici: per questo vive di piccoli crimini e il suo grande
sogno è una rapina in banca. Viene però arrestato per una rapina ad un
benzinaio e finisce in un carcere minorile a Treviso, dove entra in contatto
con lo spietato mondo della detenzione. Nonostante ciò, non si vuole piegare
al regime carcerario e non si pente di ciò che ha fatto e nemmeno del grande
dolore che ha arrecato alla sua famiglia che lo abbandona a se stesso. Per
questo, dopo essersi ribellato per l’ennesima volta alle dure regole del
carcere, viene mandato in un altro istituto in Sardegna, dove però continua a
sognare la fuga. Proprio per fuggire, chiede il trasferimento presso una
comunità di recupero: La Collina di Don Ettore Cannavera, situata a Serdiana
in provincia di Cagliari, che attraverso il lavoro e la vita in comune dei
giovani detenuti, costituisce ormai da anni una concreta alternativa al
carcere. A Jimmy sembra la soluzione ideale per organizzare la fuga e
realizzare così il suo sogno mai abbandonato: la rapina alla banca. Mentre
elabora il piano, viene però in contatto con degli operatori volontari della
comunità, persone di buona volontà che gli danno fiducia e che lo aiutano a
riflettere sulla sua vita passata e sul suo futuro.
Accade così nella comunità quel processo di trasformazione e di presa di
coscienza che porta Jimmy ad abbandonare la mentalità di balordo di borgata.
E proprio quando gli capita l’occasione favorevole per fuggire, subentra in
lui un sentimento nuovo: la vergogna di tradire così le persone che hanno
creduto in lui. Per questo decide di tornare indietro e di aspettare la fine
della detenzione per iniziare una vita diversa.
Un romanzo in cui Massimo Carlotto ci offre numerosi spunti per una
riflessione approfondita sulla criminalità giovanile, gli istituti di
rieducazione e le comunità di recupero del nostro tempo.
(Liliana Manconi) |
Autore: Massimo CARLOTTO
Titolo:
Le irregolari
Editore: E/O
Anno: 1998 |
La storia: nel 1900 un anarchico torna in
Italia e si chiude in silenzio. Un secolo dopo un suo nipote arriva a Buenos
Aires e si ferma in un hotel. Il protagonista scoprirà l’esistenza di un
ramo della sua famiglia grazie ad una donna straordinaria.
Un bellissimo
romanzo/diario, basato si fatti e personaggi veri. In maniera completa e
precisa lo scrittore, che è anche il protagonista, descrive il modo in cui
le persone sparivano, le torture fisiche e psicologiche, la morte, la
sepoltura nelle fosse comuni. Parla anche del traffico di bambini, figli
delle donne sequestrate, che venivano eliminate subito dopo aver partorito e
del ruolo immorale della Chiesa e dei governi di tutto il mondo rispetto
alla vicenda. Le reali protagoniste sono, però, le Madri e le Nonne di Plaza
de Mayo, luogo mitico, in cui, tutti i giovedì, queste donne, simbolo della
resistenza, del ricordo e della richiesta di giustizia, si riuniscono e
marciano per tenere vivo il ricordo dei loro cari e perché coloro che
agirono tanto spietatamente non possano dormire tranquilli.
(Alida Fonnesu) |
Autore: Massimo CARLOTTO
Titolo: La verità
dell’alligatore
Editore: E/O
Anno: 1996 |
Massimo Carlotto è nato a Padova ma vive a
Cagliari: in questo libro incontriamo l’Alligatore, un ex- cantante di blues,
Beniamino e gli strani personaggi che li aiuteranno a trovare la verità in
un caso complicato. Il tema principale è l’assassinio di una donna che fa da
sfondo alla realtà sociale che circonda gli avvenimenti. La scrittura musicale e vibrante non
riesce a nascondere del tutto le note del disagio e della malinconia. La
lingua è vivace ed immediata.
(Alida Fonnesu) |
Autore: Massimo CARLOTTO,
Marco VIDETTA
Titolo: Nordest
Editore: Edizioni e/o
Anno: 2005 |
Scorre via veloce questo noir di
provincia dallo stile asciutto e dal ritmo incalzante, scritto a quattro
mani da Carlotto e Videtta. Al centro della storia l’omicidio di una donna
in procinto di sposare il rampollo di una delle famiglie più potenti del
paese. Sarà proprio lui, giovane - e per certi aspetti troppo ingenuo e
“puro” - avvocato destinato a succedere al padre nella conduzione dello
studio di famiglia, a scoprire l’identità dell’assassino ma anche una serie
di verità scomode e dolorose fino a quel momento nascoste sotto la patina di
opulenza e rettitudine dell’operoso Nordest italiano. Sullo sfondo, i mali
piccoli e grandi di una provincia dove il processo di industrializzazione ha
lasciato dietro di sé un ambiente depredato e sacrificato alle fabbriche e
un’illegalità diffusa a più livelli; e poi le “famiglie”, le grandi famiglie
industriali custodi di ipocrisie e segreti inconfessabili, pronte a immolare
i loro figli sull’altare del potere, del denaro, del perbenismo più becero e
cieco. Francesco, il giovane avvocato, rifiuta di piegarsi a queste logiche
e va alla ricerca della verità… che sarà amara, sì, ma anche - e soprattutto
- liberatoria.
(Monica Anelli) |
Autore: Gianrico CAROFIGLIO
Titolo: Ad occhi chiusi
Editore: Sellerio
Anno: 2003
|
Leggete Carofiglio, gente: fa bene allo spirito e al cervello.
È uno di
quei felici casi in cui uno ha delle cose da dire e le dice anche in maniera
straordinaria, con quella sua scrittura essenziale e leggera che fa volar
via le pagine una dietro l’altra, che quasi ti dispiace di finire il libro
troppo in fretta.
Carofiglio, magistrato di professione, si è inventato un personaggio di
quelli che “bucano” la pagina, un giovane e tormentato avvocato barese alle
prese con cause difficili, e ne ha fatto il protagonista di una serie di
“gialli legali” arrivata finora al terzo episodio.
In questo, il secondo, l’avvocato Guido Guerrieri si imbarca nella
costituzione di parte civile nella causa intentata da una giovane donna
contro le violenze dell’ex-convivente. Causa che appare fin dall’inizio una
vera e propria “mission impossible”: l’uomo, infatti, non è solo un noto
medico della Bari bene, ma è anche il figlio di uno dei “baroni” del
tribunale locale.
Guerrieri, che si esalta proprio nella situazioni più spinose, parte ancora
una volta per la sua crociata, armato del suo profondo senso di giustizia,
ma anche di intelligenza, perizia e passione. Intorno a lui si muove tutta
una serie di figure che tracciano un quadro alquanto convincente della varia
umanità che popola le aule di un tribunale di provincia.
Quello che mi piace di Guerrieri è il suo essere un personaggio solido, a
tutto tondo: Carofiglio ce lo mostra anche nella vita privata, con le sue
manie, i suoi passatempi, la sua complicata vita sentimentale. E il suo
raccontarsi in prima persona, quel suo modo scanzonato e sincero di mettersi
a nudo, quell’ironia tagliente che non lo abbandona mai, nemmeno durante le
peggiori botte di malinconia, ce lo rendono istintivamente e immediatamente
simpatico.
Raramente, dopo Montalbano, mi sono affezionata tanto a un personaggio.
(Monica Anelli)
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Autore: Gianrico CAROFIGLIO
Titolo: Ragionevoli dubbi
Editore: Sellerio
Anno: 2006 |
L’avvocato Guerrieri è il solito single
impenitente, con varie storie d’amore fallite alle spalle, una vita
disordinata e molti rimpianti. Un cliché già visto, niente di nuovo. Il
fatto che sia un avvocato e non un commissario di polizia o un ex marine in
congedo lo rende forse un po’ più originale, ma non lo esonera dagli schemi
consueti: grande lettore e amante della musica, carburato a birre, panini,
pizze e caffè, ex fumatore, ex marito, solo parzialmente ex ragazzo,
nottambulo. Due cose però lo rendono interessante: la prima è che le sue
sono vicende concrete, attuali fino a essere quasi quotidiane; la seconda è
che a scriverle è uno del mestiere. L’autore, Gianrico Carofiglio, è infatti
un magistrato barese. E a Bari si svolge la storia, incentrata su un
problema quanto mai scottante: il traffico di droga dal vicino Montenegro.
Fabio Paolicelli, ex picchiatore fascista e incubo dell’adolescenza di
Guerrieri, si trova ora per caso a essere cliente dell’avvocato: sotto la
sua auto, al ritorno dalle vacanze con moglie e figlia, è stato ritrovato un
quantitativo impressionante di cocaina e lui deve convincere i giudici che
la roba non è sua e che qualcuno ce l’ha messa a sua insaputa. Guerrieri
dovrà aiutarlo a dimostrare la sua innocenza, ma dovrà fare i conti con una
giustizia spesso condizionata dalla malavita organizzata, che si insinua
pericolosamente tra le maglie della legalità per coprire i suoi traffici.
Con metodi non sempre ortodossi ma sempre efficaci, che coinvolgono anche i
rapporti umani e sentimentali, questo novello Perry Mason si muove con più
perizia sulla scena del foro che su quella della vita e non può non attirare
le simpatie del lettore.
Libro molto gradevole, a metà tra una cronaca e un giallo, che ripropone,
seppure a basso livello, il problema dei rapporti tra giustizia e potere.
(Paola Lerza) |
Autore: Gianrico CAROFIGLIO
Titolo: Testimone inconsapevole
Editore: Selleri
Anno: 2005
|
Salve. Sono un avvocato. Uno dei tanti avvocati di cui
si scrive. Volevo dire “di cui si legge” ma il gioco di parole mi è parso
infame. Mi chiamo Guido. Vivo a Bari. Separato, anzi, lasciato da poco. Ho
sofferto di attacchi di panico. Va meglio, grazie. La mia canzone preferita
è Pezzi di vetro, De Gregori. Ma anche Simon and Garfunkel...
In the clearing stands a boxer,
And a fighter by his trade
And he carries the remainders
Of ev’ry glove that laid him down
And cut him till he cried out
In his anger and his shame,
“I am leaving, I am leaving”
But the fighter still remains
Lie-la-lie . . .
Mi piace la boxe. Mi ha aiutato molto, quando Sara è andata via. Non sono un
duro, un vincente. Sono uno che lavora.
Tempo fa venne da me una donna, agronoma, di Assuan, Sudan. Mi parlò di un
suo amico senegalese, un vucumprà, insomma, accusato dell’omicidio di un
bambino di nove anni.
Una storia poco convincente, troppe prove, troppi indizi da parte
dell’accusa per un avvocato in crisi. Eppure… Quale extracomunitario nelle
sue condizioni avrebbe rifiutato il rito abbreviato, scegliendo un processo
con pochissime possibilità di assoluzione? Lui lo fece….
Negli States questo sarebbe un legal thriller. A me sembra il racconto di un
caso che ha ridato sapore alla mia vita e a quella di Abdoul.
Ah, non vi ho parlato di Margherita. Vi lascio la curiosità.
Il mare è ancora bello, a Polignano…
(Maria Cristina Rosa) |
Autore: Sveva CASATI MODIGNANI
Titolo: Dieci e Lode
Editore: Sperling & Kupfer
Anno: 2016 |
Lui è Lorenzo, affascinante professore di geografia
economica di un istituto professionale milanese noto per la precaria condizione
socio-culturale degli studenti che lo frequentano. É il prototipo di insegnante
che tutti vorrebbero avere: giovanile, sportivo, desideroso di impartire delle
lezioni ai suoi amati allievi, lezioni non solo prettamente accademiche ma veri
insegnamenti rivolti a quelle tenere e instabili vite di ragazzi emarginati,
soli, abbandonati dalle famiglie o relegati a condizioni di subordinazione
dettate da un credo religioso che ancora ai nostri giorni assoggetta la donna
all’obbedienza indiscussa verso il padre-padrone o il marito. Lorenzo ha una
grande passione per il suo lavoro, tale da fargli condurre la sua attività in un
qualsiasi istituto per i meno dotati piuttosto che nel prestigioso Liceo a cui
era stato inizialmente destinato e per il quale si è dimostrato candidato
eccellente fin dagli esordi della sua carriera. Lorenzo è amabile, premuroso,
bellissimo e sempre presente per i suoi ragazzi, per la sua famiglia e per
quella donna che dopo tanti anni di solitudine è riuscita a ridare coraggio al
suo animo troppo guardingo verso l’incomprensibile esperienza dell’amore. Lei è
Fiamma, il cui nome non a caso dipinge i tratti molto femminili, sensuali di un
corpo non più giovane ma ancora stupendo. È una donna intelligentissima e
impegnata attivamente nel suo lavoro presso una casa editrice cui è legata da un
profondo legame che risale alle storiche amicizie con i suoi fondatori. È madre
premurosa e nuova compagna di quell’uomo virtuoso che la riempie di attenzioni e
di amore. Entrambi oltre la soglia dei quarant’anni hanno riscoperto il valore
della fiducia e dell’abbandono reciproco. Accomunati da un passato inquieto a
causa dei rispettivi matrimoni difficili, adesso Lorenzo e Fiamma ricominciano a
fidarsi dell’amore e dell’imprevedibile viaggio della vita che li trascina in
luoghi nuovi, avvincenti, stimolanti e appassionanti. Tutto questo, sotto la
costante pressione di una società che investe troppo poco sull’educazione
scolastica e troppo su docenti da manuale e poco consapevoli della realtà dei
loro studenti, ragazzi impossibilitati a lottare per il raggiungimento dei loro
propositi oppure l’esatto contrario, ragazzi cresciuti nell’ovattato sistema di
certezze che alla lunga smettono di stimolare la loro creatività. Il romanzo si
presenta pertanto come un elogio alla scuola intelligente, un viaggio nei
tortuosi sentieri delle amicizie, dei rapporti coniugali, ma è anche un trionfo
dell’amore sincero e rispettoso della libertà altrui. È un’appassionante storia
di un uomo e di una donna innamorati della conoscenza, della curiosità che
spinge oltre i propri confini e offre uno spaccato sociale di un’Italia in piena
crisi di valori, da quelli matrimoniali a quelli culturali, che affondano le
loro radici già nell’istituzione sui banchi di scuola verso la disistima di un
futuro ottimale. Come i nostri protagonisti, anche la scrittrice, Sveva Casati
Modignani, non si arrende alla sfiducia ingenerata da un matrimonio fallito o da
una sconfitta lavorativa, ma offre la possibilità del cambiamento nell’ottica di
un impegno sociale e personale che creda ancora nell’educazione, nella scuola,
nel lavoro e nell’amore… quell’Amore da dieci e lode!!
(Elisabetta Pandolfo) |
Autore: Carlo CASSOLA
Titolo: La ragazza di Bube
Editore: Rizzoli
Anno: 1960
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È un romanzo semplice “La ragazza di Bube”; semplici e
umili sono i personaggi, essenziali, a volte quasi banali i dialoghi, come
pure i sogni della protagonista, addirittura semplice la sua tragicità.
Una Toscana come sempre spettacolare e l’immediato dopoguerra fanno da
sfondo a una storia d’amore pura e, a modo suo, romantica.
Mara è ancora una ragazzina quando s’innamora del partigiano Bube, arrivato
per caso un pomeriggio con una pezza di seta gialla in dono. È un amore nato
quasi per gioco, per un paio di scarpe con il tacco o poco più. Quasi
inconsapevolmente, Mara si ritrova fidanzata con il partigiano di pochi anni
più grande di lei, ma che ha già un passato tormentato da vicissitudini non
del tutto chiare. Lo strano fidanzamento è sostenuto dal padre di lei,
comunista rivoluzionario, e osteggiato dalla madre, indurita dalla morte del
figlio, compagno di Bube.
Siamo negli anni confusi del dopo Liberazione e gli eventi trascinano Mara
in una storia molto più grande di lei che, a poco a poco, da marionetta del
destino diviene vera e propria protagonista, lei che sognava semplicemente
una borsetta nuova, una casetta piccola ma pulita, un maschietto e una
femminuccia.
Passano gli anni, e la ragazzina che aspettava il ritorno del suo Bubino,
colei che per un sogno di gioventù ha rinunciato ad un futuro migliore,
oramai si è fatta donna…
Quella che ci accompagna alla fine del romanzo è una donna coraggiosa, che
ha saputo far maturare il suo amore crescendolo sulla fatica della
lontananza, sulla struggente rimembranza dei pochi istanti di tenerezza
realmente vissuti.
A distanza di più di quarant’anni dalla sua pubblicazione “La ragazza di
Bube” rimane indubbiamente una lettura piacevolissima.
(Fanny Grespan) |
Autore: Vincenzo CERAMI
Titolo: L’incontro
Editore: Mondadori
Anno: 2005
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Sandro Bulmisti, docente di estetica, negli ultimi
tempi si è dedicato anima e corpo all’enigmistica e ha fondato una rivista,
“I torni contano”. Improvvisamente è scomparso nel nulla. Se ne preoccupano,
ma nemmeno troppo, i suoi colleghi e discepoli. Casualmente il giovane
Ludovico, appassionato anche lui di enigmistica, acquista su una bancarella
una copia della rivista e scopre che il professore ha lasciato un enigma in
versi, una traccia che dovrebbe portare a lui. In realtà la verità da
scoprire non è tanto il “dove” ma il “perché”. La caccia al tesoro porta il
ragazzo a indagare in fatti accaduti prima della sua nascita, negli anni di
piombo, in dolorose tragedie pubbliche e private, nella letteratura e nel
cinema degli anni ’70. Uno spunto stimolante, un’idea avvincente, che forse
si sarebbe potuta sviluppare meno frettolosamente e con maggiore attenzione
alla logica del racconto e alla caratterizzazione dei personaggi. Tuttavia
il meccanismo narrativo funziona e il racconto si legge con piacere. Basta
non far caso, se ci si riesce, ai troppi punti esclamativi di cui Cerami
costella i suoi dialoghi e alla strana, non si sa quanto ironica, idea di
intrufolarsi in prima persona nella storia tra gli scrittori dell’epoca,
piazzandosi senza alcun pudore tra Bertolucci e Pasolini.
(Daniela Borsato) |
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