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segnalibro |
SAGGISTICA
FGHI
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F
Autore: Ernesto FERRERO
Titolo: I migliori anni
della nostra vita
Editore: Feltrinelli
Anno: 2005 |
I libri visti dall’altra
parte. Quella di chi li scrive e di chi li scova, li sceglie, li
stampa, li vende. La storia di un mito e di una passione. L’autore
inizia da ragazzo a lavorare alla mitica Einaudi, conosce da vicino
nella loro umanità, nella grandezza e nei difetti, personaggi che
noi lettori abbiamo letto e amato, di loro parla con gentilezza e
pudore, fino a ricostruire un mondo, un tempo, un’avventura
straordinaria. Conosciamo così Cesare Pavese, Italo Calvino, Natalia
Ginzburg, Primo Levi, Carlo Emilio Gadda, Elio Vittorini… Protagonisti
della storia culturale del nostro paese, ciascuno diverso, tutti
accomunati dall’idea molto poco italiana del lavoro continuo,
preciso, puntuale, tutti umilmente convinti di lavorare non per se
stessi, o almeno non solo per se stessi, ma di contribuire a
qualcosa di grande e importante. Su tutti lui, l’Editore,
aristocratico e scostante fino all’antipatia, ma capace di grande
seduzione, per nulla attento alle questioni finanziarie, entusiasta,
sempre teso a cercare il nuovo, il diverso, pronto a innamorarsi
ogni volta di un nuovo autore, di una nuova scienza. Uomo di
leggerezza e gusto, per il quale l’insulto più grave è “noioso”, ama
la montagna, il bianco e l’essenzialità, non vuole sentir parlare di
morte e sopravvive coraggiosamente ai suoi autori più amati, alla
diaspora dei collaboratori, infine alla perdita della sua creatura.
Vale veramente la pena di leggere questo libro: è incantevole. Il
capitolo su Primo Levi e quello su Calvino sono dei capolavori di
grazia e passione. "La felicità che l'Editore perseguiva era di una
speciale qualità langarola, insieme terragna e umbratile, di lunghe
radici e leggera come una foglia".
(Daniela Borsato) |
Autore: C. FRUTTERO, M. GRAMELLINI
Titolo: La Patria, bene o male
Editore: Mondadori
Anno: 2010 |
Frizzante, scorrevole, piccante e provocatorio
quel tanto che basta, nazional-popolare senza essere volgare,
ponderoso - anche nella mole - senza essere pesante, La patria, bene
o male contiene, scanditi in 15 decenni, i resoconti di 150
avvenimenti che, a detta degli autori, hanno” fatto l'Italia”. Non è
soltanto cronaca politica (cronaca, si badi bene, non storia!), ma
panoramica interessante, significativa e azzeccata del costume,
della società e del gusto dei vari decenni che hanno segnato il
percorso dell'Italia post unitaria. In questa sorta di conto alla
rovescia, dal 1861 al 2011, si succedono episodi di ogni sorta,
assai eterogenei e variegati, ma riconducibili tutti a quella
“italianità” che - nel bene e nel male, appunto, come recita il
titolo - permea la nostra cultura, così unica e inimitabile.
C'è l'Italia sportiva, che sogna con il mitico Torino schiantatosi a
Superga o con l'agonismo nobile di Bartali e Coppi, c'è l'Italia
malavitosa, dai primi delitti di mafia di fine Ottocento alla strage
di Falcone e Borsellino, c'è l'Italia che si risolleva fatica da due
devastanti guerre mondiali, da politiche coloniali fallimentari e da
un regime dittatoriale, c’è l'Italia dello spettacolo, affidata al
festival di Sanremo, alla grande stagione del cinema neorealista e
al mito televisivo di Mike Bongiorno, c’è l'Italia della cultura,
con la morte di Manzoni, la rivoluzione teatrale di Pirandello e la
fisica d'avanguardia dei ragazzi di via Panisperna, c’è l'Italia
terroristica delle brigate rosse, del delitto Moro e dei brogli
elettorali e quella industriale, con la nascita della Fiat e la
lungimiranza del primo fondatore Agnelli. E ci sono gli italiani:
creativi, volubili, furbacchioni, geniali, inaffidabili, idealisti.
Che cosa mi è rimasto più impresso di questo libro? Una frase,
estremamente significativa e paradossalmente pronunciata da
Mussolini. Recita così: “Governare gli italiani non è difficile: è
inutile”.
(Paola Lerza) |
G
Autore:
Temple GRANDIN
Titolo:
Pensare in immagini e altre testimonianze della mia vita di
autistica
Editore: Erickson
Anno: 2001
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Temple Grandin è professoressa di Scienze del
comportamento animale all'Università del Colorado, nonché uno dei
più grandi progettisti americani di attrezzature per la zootecnia.
Tuttavia, questo non è un libro sugli animali o sulle macchine per
il bestiame, o meglio lo è solo in minima parte: Temple Grandin è
autistica e in questo racconto-saggio ci spiega come è riuscita a
fare del suo handicap una risorsa.
Attraverso la sua analisi dell'autismo, che parte dall'esperienza
personale per poi allargarsi a comprendere altri casi e si
arricchisce dei dati forniti dalla letteratura scientifica, ci è
possibile capire un po' di più di questo disturbo e del modo in cui
ci si può relazionare con persone che ne sono affette.
In particolare, la Grandin si sofferma sulle caratteristiche del
"pensiero visivo": "Io penso in immagini. Le parole sono come una
seconda lingua per me. Io traduco le parole, sia pronunciate che
scritte, in filmati a colori, completi di suono, che scorrono come
una videocassetta nella mia mente." Questa eccellenza nelle abilità
videospaziali, caratteristica della maggior parte delle persone
autistiche, è stata la chiave del suo successo, perché le ha
consentito di concepire e realizzare progetti di attrezzature per
gli animali semplicemente immaginandone la struttura e il
funzionamento: "Non ho bisogno di un sofisticato programma di
grafica che produca simulazioni tridimensionali del progetto. Posso
fare tutto questo meglio e più rapidamente nella mia testa". Questa
modalità di pensiero, che per molti anni ha costituito un limite nei
rapporti con gli altri e durante il percorso scolastico, perché così
diversa e incomprensibile per chi ragiona secondo il pensiero
verbale o sequenziale, una volta scoperta e valorizzata dalle
persone che le stavano intorno le ha permesso di uscire
dall'isolamento e di realizzare le sue aspirazioni.
Accanto alle pagine nelle quali la Grandin descrive il suo rapporto
privilegiato con gli animali, c'è il racconto sincero delle
difficoltà che tuttora permangono in lei nell'affrontare i rapporti
umani, sia in ambito professionale che personale: l'incapacità di
comprendere i rapporti emotivi complessi e le sfumature emozionali,
così come le difficoltà nell'organizzare ed esporre i propri
pensieri, la obbligano a ricorrere spesso all'aiuto e
all'intermediazione di altre persone.
Grazie ad alcune fortunate collaborazioni è nato anche questo libro,
che ci aiuta a considerare l'autismo in un'ottica diversa e può
quindi costituire un validissimo strumento di conoscenza per
chiunque viva o operi a contatto con persone che ne sono affette.
(Monica Anelli) |
H
Autore: Peter HANDKE
Titolo: Nei
colori del giorno
Editore: Garzanti
Anno: 1985
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Il titolo stesso del racconto nella versione
originale tedesca (L’insegnamento della Sainte Victoire) è
emblematico e sintetizza lo stretto legame che intercorre tra la
scrittura di Handke e l’opera pittorica di Cézanne, con riferimenti
particolari alla Saincte Victoire, il monte più volte dipinto
dall’artista.
La percezione del colore in uno stato quasi di dormiveglia in cui
realtà e fantasia si mescolano, crea nell’autore un senso di
profonda “beatitudine”, quasi un “istante di eternità”. Così inizia
il suo viaggio dentro al colore, viaggio che è insieme reale e
immaginario, intessuto di sfumature, silenzi, ricordi, che lo
porterà nei pressi della Sainte Victoire, la montagna tante volte
dipinta da Cézanne.
Ad Handke, novello Ulisse, non interessa raggiungere la meta, cioè
la sommità del Sainte Victoire, ma considera essenziale il mettersi
in cammino:
“Anche il mio eroe era della partita, come già per i molti prima di
me l’omerico Ulisse: come lui, mi ero rifugiato in una (provvisoria)
sicurezza potendo dire di essere Nessuno; e del protagonista della
mia storia mi ero una volta immaginato che, come Ulisse dai Feaci,
sarebbe stato deposto nel suo paese d’origine mentre dormiva, e a
tutta prima non lo avrebbe neppure riconosciuto”
La parte centrale del racconto è una successione di “inquadrature
mentali” del la Sainte Victoire, il monte dipinto tante volte da
Cézanne.
Silenzio e vuoto sembrano essere i momenti privilegiati
dell’attività creativa di Handke, quelli che soli gli permettono di
“materializzare” attraverso la parola realtà che sono tanto più
reali quanto più frutto di fantasia. Non si tratta però di una
fantasia libera e senza agganci, ma spesso legata a ricordi o
sensazioni che si trasformano e vivono di una vita propria nel
momento della creazione.
L’assenza di una trama e il libero fluire delle immagini rende
quest’opera particolarmente singolare e affascinante e crea nel
lettore uno stato di “attesa” rilassante e positiva.
Alcuni temi sono più volte ripresi dallo scrittore, in quanto parte
del suo mondo e stimoli alla sua creatività, quali il concetto di
“soglia” o di limitare, che è insieme un’apertura verso l’ignoto, ma
allo stesso tempo offre un riparo nella sua parte nota e familiare,
o il concetto di “vuoto”, inteso come liberazione totale della mente
da ogni schema precostituto, al fine di potersi immergere
completamente nella natura e coglierne gli aspetti eterni.
(Gisella Malagodi) |
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