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NARRATIVA SH-SO
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Autore: Shakib SIBA
Titolo: La bambina che non esisteva
Editore: Piemme
Anno: 2008 |
"La bambina che non esisteva" è la storia avvincente
di Samira, che nasce in Afghanistan, là dove nascere femmina è solo fonte di
vergogna e dolore: per questo, in un momento di tenerezza, è "accettata" dal
padre come Samir, il maschio atteso.
Cresce sotto lo sguardo colmo di disperata passività della mamma, imparando
a cavalcare, a lottare, a cacciare, rendendosi speciale agli occhi di molti.
Speciale per la sua doppia identità, che mostra un Samir vigoroso e
coraggioso, ma con un animo delicato, tenero e forte: quello che solo le
donne sanno avere: l'animo di Samira.
Quando il padre muore, dopo avvincenti vicissitudini che vedono Samir-Samira
uccidere un violentatore della mamma, la giovane prova i primi palpiti
d'amore e scopre che l'amore vero è privo d'identità sessuale: ama Bashir,
un amico della sua infanzia, e la sorella di lui, ma a questo punto, dopo
aver conosciuto la passione, Samira legge nel profondo del suo cuore e fa
l'unica scelta possibile, una scelta di coraggio e libertà che vuole far
riflettere sulla condizione drammaticamente dura delle donne afghane.
"Daria non vuole che nelle altre tende sentano. Soffoca il grido in gola...
- Hai visto?- chiede al marito - È soltanto una femmina..."
(Enza Ferrigno) |
Autore: Ignazio SILONE
Titolo: Fontamara
Editore: Mondadori
Anno: 1949
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Anni ’20, inizio dell’era
fascista: a Fontamara, un paesino sperduto dell’Appennino abruzzese, una
comunità di “cafoni” vive di stenti, tra la lotta quotidiana con una terra
ingrata e i soprusi di una classe dominante che si fa sempre più cinica e
sfruttatrice. I cafoni, che un tempo erano piccoli proprietari terrieri,
adesso sono spesso costretti a fare i fittavoli o peggio ancora i braccianti
a giornata per dei latifondisti senza scrupoli che si accaparrano con
l’inganno le loro terre. Isolati dal resto del mondo e immersi in
un’ignoranza secolare alla quale il regime si guarda bene dal porre rimedio,
i cafoni sono le vittime innocenti e inconsapevoli, se non addirittura i
capri espiatori, di una serie di prepotenze perpetrate ai loro danni in nome
della legge. Una legge gestita da imprenditori spregiudicati, parolai e
servi del potere che giocano sull’abuso e sulla povertà intellettuale della
gente per raggiungere i loro scopi. Anche Don Circostanza, l’ “amico del
popolo”, è in realtà un bieco profittatore, un ipocrita doppiogiochista che
persegue solo interessi personali e alimenta le illusioni di chi,
ingenuamente, gli si affida. Non esiste futuro per la comunità di Fontamara;
non esiste possibilità di riscatto dalla miseria e dall’ignoranza. Anche
l’emigrazione, sogno di molti, viene bloccata da nuove disposizioni, e una
miriade di ostacoli burocratici di ogni genere riconduce tutto a un
deprimente circolo vizioso. A Fontamara la vita non è amara: è impossibile.
Narrato mirabilmente in prima persona dai membri di una stessa famiglia – il
padre, la madre, il figlio -, il romanzo offre i vari punti di vista –
quello maschile, quello femminile, quello giovanile -, tutti però
coincidenti nell’ammissione di una sorte ineluttabile. Ogni iniziativa è
destinata al fallimento e quella domanda - che fare?- pragmatica,
reale, impellente, che chiude il libro, resta tristemente senza risposta.
(Paola Lerza) |
Autore:
William SOMERSET MAUGHAM
Titolo:
Il velo dipinto
Editore: Adelphi
Anno: 1970
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Ricordo di aver letto e riletto questo
libro più volte. Mi aveva appassionato per le sue descrizioni ambientali e
storiche (la Cina degli anni ’20) e per la sua storia di adulterio, amore e
riscatto. Lo trovo, per certi versi, simile a Madame Bovary: anche qui una
giovane donna inglese accetta un matrimonio “combinato” con un medico e
parte con lui per la lontana Cina. Anche qui la noia di chi non ha nulla da
fare (né lavoro in casa, né fuori casa) spinge la donna tra le braccia di
un amante qualunque, che si rivelerà un vigliacco. Ma la scoperta
occasionale del tradimento da parte del marito porterà ad un cambiamento
totale di vita: in cambio del silenzio, del non-scandalo, la giovane donna
dovrà seguire il marito in una lontana provincia cinese, in cui è in corso
un’epidemia di colera. Il contatto con la miseria e la malattia, l’incontro
con semplici suore missionarie e con il loro mondo, la porteranno ad
interrogarsi sul significato profondo della vita, a ritrovarsi come persona,
a scoprire nel marito un uomo che non conosceva… purtroppo tale esperienza
non sarà sufficiente, non le impedirà di tornare al proprio egoismo. Da
questo libro sono stati tratti dei films, con il finale cambiato (i due si
scopriranno innamorati); uno è del 1934, con la “divina” Greta Garbo; un
altro, “Il settimo peccato”, è del 1957. A Febbraio del 2007 è uscito
l’ultimo remake, con Naomi Watts. Il titolo è dovuto ad una frase del poeta
Shelley: “Non sollevare il velo dipinto che chiamano vita”. Anche in
un’altra opera, “Il filo del rasoio”, William Somerset Maugham racconta
un’esperienza di guerra che porta il protagonista ad abbandonare il mondo in
cui vive, per cercare nella lontana India il significato della vita; anche
da questo libro fu tratto un film, con Tyrone Power. Credo che questo autore
andrebbe riscoperto e riletto, perché ci fa capire tante cose sulla donna,
sulle conquiste del femminismo, sulla nascita di una ricerca della
spiritualità.
(Gabriella Nasi) |
Autore: Natsume SOSEKI
Titolo:
Io sono un gatto
Editore: Neri Pozza
Anno: 2006
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Sono un essere senziente, nella
fattispecie un gatto. Il mio nome non ha importanza, non siamo così
attaccati alle cose materiali, noi felini. Sono vissuto in Giappone nei
primi anni del Novecento, al tramonto dell’era Meiji. Non ho avuto una vita
lunga, ahimé, ma certamente intensa. Ho abitato, spesso ignorato, a volte
tollerato, in casa di un professore che si atteggiava a grande studioso.
L’ho osservato per lunghe ore, mentre componeva versi o scriveva in prosa,
mentre tentava di tirare con l’arco o recitava canti nel gabinetto. Colei
che scrive, colei alla quale detto queste righe che le mie pigre zampe si
rifiutano di digitare su questo strano oggetto che è la tastiera, sa tutto
di me, avendomi letto e seguito per cinquecento pagine. L’irriducibile
gattara ha per me e con me palpitato, riso, sofferto. Le mie avventure
l’hanno commossa, le mie riflessioni sono state spunto di meditazione.
L’umana lettrice ricorda divertita il racconto della mia caccia a topi,
mantidi e cicale. Rideva fino alle lacrime, come lacrime erano quelle che
bagnavano le pagine alla fine del libro. Io sono un gatto, sì, ma non solo e
non sempre, dice lei. Sono ironia e dissacrazione, sono sentimento e
concretezza, sono cuore, sono ragione. Io sono un gatto, filosofo,
meditativo, colto, disincantato, innamorato, pigro, attento e riflessivo
come solo un gatto può essere. Io sono un gatto e come tale appartengo alla
categoria degli essere superiori. Se non mi credi, spendi 18 volgari euro
per questo libro. Soddisfatto o rimborsato, sì. Vedrai che mi terrai con te.
P.S. Sono l’umana gattara. Approfitto di
un momento di distrazione del Gatto, per invitarvi alla lettura del libro.
Il punto di vista dell’Io narrante rende la lunga lettura sciolta e
piacevole. Un periodo di storia spesso sconosciuto viene mostrato in tutto
il suo affascinante splendore, attraverso un linguaggio pungente e lieve,
mai noioso o stancante. Cinquecento pagine che si leggono velocemente e che
si vorrebbe non finissero mai. Come la vita. Come certe vite.
(Maria Cristina Rosa) |
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